PROTEZIONE CIVILE.
– Italia. Europa. Stati Uniti. Sitografia
Il verificarsi di numerose catastrofi naturali di origine prevalentemente idrometeorica-atmosferica, succedutesi dall’ultimo decennio del 20° sec. con frequenza sempre maggiore rispetto al passato, e investendo aree del mondo sempre più popolate, ha determinato un nuovo modo di affrontare il servizio di p. c. in tutti i Paesi più avanzati del pianeta. Alluvioni, tempeste di venti, uragani e terremoti sono solo alcuni dei pericoli da affrontare. È impossibile pianificare ogni disastro eventuale o emergenza, ma è possibile implementare un sistema scalabile, adattabile e una struttura organizzativa in modo che le comunità colpite possano riprendersi prontamente dall’evento dannoso. L’origine di gran parte di queste calamità dipende dal cambiamento climatico che si sta attuando con una rapidità superiore al suo lento mutare quale si era osservato negli ultimi due secoli, da quando iniziarono le misurazioni dei parametri fisici dell’atmosfera (v. cambiamenti climatici). L’Italia per la sua struttura morfologica, per la densità di insediamenti abitativi e per una gestione aggressiva del territorio è particolarmente sensibile agli effetti dovuti alle piogge intense. Questo ha fatto sì che anche fenomeni ancorché non statisticamente estremi né assolutamente improbabili abbiano determinato situazioni disastrose con perdita di vite umane e ingenti danni materiali. Uno dei punti di forza di ogni sistema di p. c. efficace è la sua celerità nella capacità di intervento. La rapidità con cui si interviene in una situazione di disastro è una misura dell’efficacia per la salvezza delle popolazioni interessate.
Italia. – La coscienza che i danni spesso non sono causati da fenomeni di per sé eccezionali, pertanto sempre più frequenti nel corso dell’attuale rapida deriva climatica, ha condotto il Paese a dotarsi di una struttura per la p. c. nazionale particolarmente efficace nella risposta agli avvenimenti. Il sistema di p. c. italiano è divenuto un esempio per molte altre nazioni e si è consolidato nell’ultimo decennio in seguito a un gran numero di eventi disastrosi e dei conseguenti interventi sul territorio. La p. c. è definita istituzionalmente come l’insieme delle attività predisposte alla tutela dell’integrità della vita, dei beni, delle installazioni e dell’ambiente in generale dai danni, reali e potenziali, dovuti alle calamità naturali. Ciò realizzando la previsione e la prevenzione dei rischi, il soccorso alle popolazioni colpite, superando le emergenze e cercando la mitigazione dei rischi. Nella struttura nazionale, la p. c. non è compito attribuito a una singola amministrazione, ma è funzione distribuita a sistema: il Servizio nazionale della p. c. ha quali componenti le amministrazioni centrali dello Stato, le regioni e le province autonome, le province, i comuni e le comunità montane. Le strutture operative sono fornite da diversi soggetti pubblici: il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le Forze armate, le Forze di polizia, il Corpo forestale dello Stato, la comunità scientifica, la Croce rossa italiana, il Servizio sanitario nazionale, le organizzazioni di volontariato, il Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico. La p. c. opera a livello centrale, regionale e locale, nel rispetto del principio di sussidiarietà. Il contesto generale dell’Italia, soggetta a grande varietà di rischi, ha reso necessario un sistema in grado di assicurare con la massima distribuzione territoriale possibile, risorse umane, mezzi e capacità operative in grado di intervenire rapidamente in condizioni di emergenza e nel contempo di prevenire e, laddove sia possibile, prevedere eventuali disastri.
Il primo intervento d’emergenza, qualunque sia l’origine e la dimensione dell’accadimento, è garantito localmente dall’istituzione più vicina al cittadino: il primo responsabile della p. c. in ogni comune è il sindaco. Quando l’evento ha dimensione tale da non poter essere affrontato con i mezzi a disposizione del comune, intervengono i livelli superiori attraverso un’azione di coordinamento esecutivo in un crescendo: provincia, prefettura, regione, salendo all’azione dello Stato per le emergenze nazionali. Questo complesso sistema di competenze è gestito al vertice dal presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite del Dipartimento della protezione civile posto alle sue dirette dipendenze. La struttura di responsabilità è così definita in senso verticale attraverso le amministrazioni comunali, provinciali, regionali e, infine, dello Stato in un senso sussidiario dall’alto verso il basso in funzione della dimensione dell’evento.
Europa. – Il contributo europeo alla p. c. è nato dopo la lunga serie di calamità naturali e catastrofi ambientali che sono avvenuti nei Paesi dell’Unione Europea alla fine degli anni Novanta del 20° sec., dal terremoto in Grecia e Turchia al naufragio della petroliera Erika in Francia, dalle alluvioni agli incendi boschivi che hanno colpito molti Stati, tra cui l’Italia. A seguito di questi e altri gravi eventi, la Commissione europea ha maturato la necessità di adotta re provvedimenti comuni diretti a un maggior coordinamento degli interventi di p. c. in caso di catastrofe.
L’ipotesi formulata è stata strutturata sulla costituzione di un meccanismo per consentire agli Stati membri di mettere in comune le risorse di p. c. su scala europea, il meccanismo comunitario di protezione civile, in modo da rispettare le competenze nazionali ottemperando a una delle regole comunitarie basilari, ossia il principio di sussidiarietà, e perseguire nel contempo l’obiettivo di sostenere e incoraggiare gli sforzi nazionali negli interventi da compiere in caso di calamità. Tale strumento è stato orientato inoltre sulla necessità di consentire la rapida organizzazione di provvedimenti supplementari a livello europeo, attingendo alle risorse offerte da altri Paesi che, su richiesta di quello colpito da un’emergenza, forniscano la possibilità di aumentarne le capacità di p. c. in misura sufficiente per poter sostenere le risorse nazionali impegnate negli interventi di soccorso. La realizzazione di tale primario obiettivo ha reso necessaria l’assunzione di un ruolo di coordinamento, da parte della Commissione europea, nonché l’espressa volontà degli Stati membri di mettere a disposizione un adeguato numero di accorgimenti di p. c. per prestare soccorso ad altri Paesi. La costituzione di una base giuridica si è così concretizzata con la decisione del Consiglio 23 ott. 2001 nr. 792 di istituire «un meccanismo comunitario inteso ad agevolare una cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso della protezione civile», al fine di agevolare la cooperazione per fronteggiare gravi emergenze verificatesi all’interno o all’esterno della Comunità europea compreso l’inquinamento marino.
A seguito delle lezioni apprese nelle esperienze dei primi cinque anni di attività, per il meccanismo comunitario è iniziata una seconda fase al fine di migliorare e adeguare lo strumento anche alle nuove contingenti necessità. Gli spunti per proporre una serie di migliorie sono venuti soprattutto dagli interventi effettuati in seguito a numerosi eventi calamitosi, accaduti non soltanto in Europa: inondazioni e incendi forestali in Europa, il disastro del maremoto nell’Asia sud-orientale (2004), l’uragano Katrina negli Stati Uniti (2005) e i terremoti in Irān (Bam, 2003) e in Pakistan (2005). Nel frattempo, alcuni Paesi europei hanno dovuto fronteggiare anche un nuovo genere di emergenza non compreso nella decisione istitutiva del meccanismo comunitario, la minaccia terroristica. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, e in particolare in seguito agli attentati di Madrid (2004) e Londra (2005), su proposta della presidenza e del coordinatore antiterrorismo, il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato una strategia antiterrorismo, con la quale la UE si impegna a combattere il terrorismo a livello globale.
La Commissione svolge un ruolo marginale rispetto ai compiti affidati al Consiglio, ovvero agli Stati membri, ed è in questa cornice istituzionale che vanno lette e interpretate le varie iniziative poste in essere dal Consiglio per dar forma al tentativo di integrazione del meccanismo comunitario di p. c. con il più ampio sistema europeo di gestione delle crisi. Tra le tante iniziative intraprese in tema di sicurezza e difesa, si intende organizzare una forma di cooperazione che, in analogia con quanto esistente già all’interno di molti Paesi della UE, tra cui l’Italia, si possa configurare come una difesa civile europea, ovvero un’integrazione di strumenti civili e militari, organizzati in modo da fronteggiare un’emergenza originata da una minaccia destabilizzante, che agisca in modo asimmetrico e quasi totalmente imprevedibile. Naturalmente il compito della p. c. in tale contesto rimane quello di assumere il ruolo di chi deve operare per la riduzione dell’impatto di un evento simile nei confronti della popolazione, mirando a limitarne il coinvolgimento.
La Commissione, nell’ambito delle proposte volte al rinnovamento del meccanismo comunitario, si è predisposta per assistere gli Stati nell’attuazione del loro impegno di solidarietà in materia di protezione civile. Le principali iniziative in tal senso sono state: la creazione di uno strumento finanziario per la reazione rapida e la preparazione alle emergenze gravi, inteso a garantire il quadro normativo necessario per finanziare le operazioni di p. c. (decisione del Consiglio 2007/162/EC, Euratom, 5 marzo 2007); la proposta da parte della Commissione dell’adozione di una decisione del Consiglio per istituire un rinnovato meccanismo comunitario di p. c. (rifusione, decisione del Consiglio 2007/779/EC, Euratom, 8 novembre 2007). L’attività della Commissione si inquadra in una cornice più generale, la strategia antiterrorismo dell’UE decisa dal Consiglio, che copre quattro settori d’azione: prevenzione, protezione, perseguimento e risposta all’emergenza. In quest’ultimo settore si applica il contributo del meccanismo comunitario.È compito della Commissione europea coordinare le capacità operative messe in gioco per la gestione delle crisi e delle emergenze. Il coordinamento si attua per mezzo di un gruppo direttivo di crisi istituito ad hoc che deve tenere continuamente informati il Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER) e il Consiglio sull’evoluzione della situazione, sulle decisioni del Paese colpito e accompagnare i rapporti con le opzioni di scelta per eventuali provvedimenti da prendersi nel rispetto delle competenze nazionali.
Le varie strategie dell’Unione Europea per la cooperazione nel settore della p. c. non intendono sostituire i sistemi nazionali. Tutte le iniziative sono saldamente basate sul principio di sussidiarietà, l’elemento guida della legislazione comunitaria in base al quale le azioni nella UE devono essere sempre intraprese a un livello quanto più possibile locale. La Commissione europea ha costituito un organismo denominato European Commission’s humanit arian aid and civil protection department (ECHO) per gli aiuti umanitari e la p. c. con sede a Bruxelles. Tale organismo ha lo scopo di salvare e proteggere vite, prevenire e alleviare la sofferenza umana e salvaguardare l’integrità e la dignità delle popolazioni colpite da calamità naturali e da crisi causate dall’uomo, come espressione della solidarietà europea verso qualsiasi persona bisognosa. Con sede a Bruxelles, con una rete globale di uffici, ECHO garantisce la consegna rapida ed efficace dei soccorsi dell’UE tramite i suoi due strumenti principali: la p. c. e gli aiuti umanitari. Unificando questi strumenti nel 2010, la Commissione ha realizzato un meccanismo europeo più solido ed efficace per la reazione alle catastrofi all’interno e all’esterno dell’Unione Europea. Dal novembre 2014, ECHO opera sotto il mandato del commissario UE per gli aiuti umanitari e la gestione delle crisi. Gli Stati membri dell’Unione Europea, insieme alla Commissione europea, sono collettivamente il più grande donatore del mondo, in un sempre più complesso ambiente in rapida evoluzione umanitaria. ECHO opera nel rispetto dei principi umanitari e del diritto internazionale, cerca di migliorare le modalità della consegna di aiuti e in particolare la tempestività nell’allocazione del contributo proporzionalmente alle esigenze e in base a puntuali valutazioni dei bisogni. Cerca inoltre il migliore dialogo con gli altri attori, in risposta alle emergenze: chiarimenti sull’uso per la p. c. dei mezzi che possono dare un importante contributo alla risposta alle catastrofi naturali, ma devono essere impiegati solo eccezionalmente in emergenze complesse. Così le attività militari devono essere utilizzate soltanto come ultima risorsa in condizioni specifiche e in circostanze molto limitate.
Stati Uniti. – Negli USA la gestione della p. c. è affidata all’Agenzia federale per la gestione delle emergenze, FEMA (Federal Emergency Management Agency), dipendente dal Dipartimento della sicurezza interna. A seguito del catastrofico impatto sul Paese dell’uragano Katrina che è stato uno tra i cinque uragani più gravi della storia degli Stati Uniti – il più grave in termini di danni economici e uno dei più gravi dal punto di vista del numero di morti – l’agenzia ha subito pesanti critiche per l’inefficacia della sua azione ed è stata successivamente riorganizzata in direzione di una maggiore efficienza. Il piano strategico FEMA 20112014 ha orientato l’agenzia perché sia promosso un approccio olistico dell’intera comunità alla gestione delle emergenze, riconoscendo i ruoli importanti che devono essere svolti da una vasta gamma di soggetti, creando un’organizzazione più flessibile e agile.
Il nuovo piano strategico 2014-2018 si basa sui progressi realizzati nel corso dei precedenti quattro anni e istituzionalizza gli sforzi per migliorare l’assistenza ai sopravvissuti ai disastri e migliorare la preparazione della nazione e la resilienza per i disastri futuri. Il piano indica gli obiettivi per fornire il miglior supporto possibile alla popolazione, prima, durante e dopo i disastri. Esso stabilisce inoltre le strategie da impiegare per raggiungere gli obiettivi e indica i risultati da conseguire. Le priorità del FEMA per il 2014-2018 sono: porre i sopravvissuti al centro della missione e del programma; evolversi in un’organizzazione di proiezione e spedizione; prepararsi e affinare le capacità per affrontare disastri catastrofici; attivare la riduzione del rischio di catastrofi a livello nazionale; rafforzare la base organizzativa. Nel piano, FEMA è soltanto una parte del team di gestione delle emergenze nazionali e dovrà collaborare attivamente con ogni partner: governo federale, Stati, governi locali, sino alle comunità locali, il settore privato, le comunità religiose e le organizzazioni no-profit (nonché i singoli cittadini).
Sitografia: Dipartimento della protezione civile: http://www.protezionecivile.gov.it/; Protezione civile e umanitaria dell’Unione Europea: http://ec.europa.eu/echo/; Federal emergency management agency (FEMA): https://www.fema.gov/.