PROTIRO (gr. πρόϑυρον)
Viene indicato col nome di prothyrum quel passaggio o breve corridoio che nella casa romana unisce la porta che dà sulla strada con l'altra che immette nell'atrio. Ma quando si parla di protiro s'intende, in generale, un piccolo corpo di fabbrica addossato alla parete d'ingresso o al nartece di una chiesa, formato da una vòlta sorretta sul davanti da due pilastrini o colonne e nel lato opposto appoggiata alla costruzione. Il compito originario di questa caratteristica parte d'una costruzione chiesastica deve probabilmente ricercarsi nella necessità di riparare dalle intemperie i questuanti che rimanevano fuori dell'edificio.
Gli esempî più antichi di protiro dobbiamo ricercarli nell'Armenia. Nella chiesa di Eğmiadzin, località tra il Caucaso e il confine persiano, è un protiro da assegnare al sec. V nonostante che la costruzione a pianta centrale cui è addossato sia stata restaurata nel sec. VII e molto rimaneggiata anche dopo. Un protiro simile, sormontato da un tabernacoletto poligonale ad arcatelle, è anche nella chiesa di Santa Ripsime a Vagharšapat. La chiesa di S. Gaiana che sorge nella stessa località, costruita verso il 630, ma fortemente restaurata nel sec. XVII, ha un protiro a tettoia non diverso di quello che si vede nella chiesa di Kčrykos (AyaŞ) in Anatolia. Il tipo di protiro con aspetto di torretta a ridosso della costruzione e a due o tre ordini si sviluppa anche più tardi nell'architettura armena: lo ritroviamo per esempio nella ehiesa di Agthamar (915-921) in un'isoletta del lago di Van.
Anche nell'architettura del territorio di più diretto dominio della cultura bizantina il protiro appare abbastanza frequentemente e talvolta assume, come a S. Sofia di Salonicco, notevole ampiezza e tripliee suddivisione nello spazio. Protiri ritroviamo anche nelle propaggini balcaniche dell'architettura bizantina del sec. XIII e XIV, quando nel territorio s'incontrarono anche correnti e riflessi della contemporanea arte italiana. E allora, come nella chiesa italianeggiante di Dečani in Serbia (sec. XIV), il protiro si ridusse a un arco sorretto da colonne a ridosso della facciata. In Italia l'uso del protiro fu molto frequente.
Chi osservi gli antichi disegni o le ricostruzioni ideali che riproducono l'esterno dell'antica basilica petriana in Roma, riconoscerà a ridosso del nartece che precede l'ingresso della basilica stessa una specie di portichetto sorretto da due colonne e ricoperto da un tettarello a spiovente: un protiro vero e proprio. Fu probabilmente questo protiro vaticano il più antico protiro in ordine di tempo fra quanti se ne conoseono in Occidente. Ma poiché la sua datazione è oltremodo incerta, può ragionevolmente aspirare a questo vanto il protiro diruto che è a ridosso della parete dove s'apre la porta d'ingresso della chiesa dei Ss. Martiri a Cimitile, presso Capua. Questo protiro rimonta certamente al secolo VIII. I pilastrini del protiro di Cimitile sono decorati su tutte e quattro le facce con fregi a girari e losanghe. È questo di Cimitile uno dei pochi esempi di protiri sorretti da pilastrini quadrangolari e l'unico che in Italia ci sia possibile datare con sicurezza a un'età anteriore all'anno mille. Difatti il protiro all'esterno della basilica romana di Santa Prassede, che alcuni storici vorrebbero assegnare al sec. IX, sembra appartenere piuttosto a un gruppo di protiri similissimi che vediamo in altre chiese romane quali S. Cosimato, S. Maria in Cosmedin, S. Saba e S. Clemente e che debbono essere assegnati al sec. XI o al XII e finanche al XIII. A dire il vero questi protiri, tranne quello di S. Maria in Cosmedin che è a ridosso del nartece della chiesa, precedevano l'ingresso al quadriportico o comunque al cortile che divideva la chiesa dalla strada. E alcuni di essi, quale quello di S. Cosimato, erano a ridosso a un corpo di fabbrica a doppio ordine; a S. Cosimato il protiro fa corpo con una piccola torre coperta da un tetto a piramide e decorata da cornici in cotto e mensolette di pietra. Queste dànno risalto alla cortina di mattoni adorna anche di elementi di pietra da taglio negli stipiti e nell'arco ribassato del vano.
Ma di protiri come questi di Roma non se ne incontrano che molto di rado altrove. In Toscana si direbbe che mancano quasi del tutto, se si fa eccezione per quello sorretto da due cariatidi, attribuite a Giovanni Pisano, che incornicia la porta d'ingresso nel fianco della pieve di S. Quirico d'Orcia. Infatti altri piccoli protiri toscani, quali quello che vediamo nella badia a Ruoti presso Arezzo o nella chiesa di Popiglio a Pistoia, mancano delle colonnine di sostegno e poggiano su mensoloni confitti nella parete della chiesa.
È invece nella Lombardia e nell'Emilia e nel territorio dominato dalla corrente architettonica irradiatasi da quei centri durante l'età romanica, che anche questo elemento struttivo ebbe la massima diffusione e arrivò agli sviluppi più interessanti.
Ed ecco che per il protiro del duomo di Modena, divenuto ben presto il modello insuperato a tante altre costruzioni del genere, Lanfranco, l'architetto genialissimo della costruzione, pone, a sorreggere le due colonne staccate dalla costruzione, dei leoni che dànno un'animazione nuova all'edificio. Nel protiro del duomo di Piacenza e così in quello di Ferrara lo slancio e la lineare semplicità di Modena cede il campo a una certa complicazione che genera pesantezza, mentre nel protiro del S. Zeno di Verona, pur mancando l'edicola sovrapposta, le linee si mantengono slanciate ed elegantissime.
Numerosi sono i protiri delle chiese di Lombardia, Emilia, Veneto e Marche che ripetono gli schemi di Modena e Verona ora con maggiore, ora con minore eleganza, pur senza mai superare i due modelli.
Ma fra tutti i protiri, il più bello, il più originale, quello che con maggiore spontaneità aderisce alla sua chiesa, è quello che prelude l'ingresso al S. Ciriaco d'Ancona, così ampio e lineare, leggiero e robusto sulle esili colonne.
In Puglia, come giustamente ha osservato il Toesca, nelle ricche cornici dei portali vediamo quasi la proiezione piana dei protiri lombardi ed emiliani.
Nelle altre regioni europee anche durante il periodo romanico ben difficilmente si costruirono protiri veri e propri; il più delle volte si può parlare di vestiboli. Così in Francia, a Poitiers dove nel fianco di Notre-Dame-la-Grande la porta è preceduta da un corpo di fabbrica formato da due pilastri su cui impostano archi a sesto acuto coperti da un tetto a spiovente (X, tav. VIII). Altre volte invece, come nella chiesa di S. Foy di Couques, un arcone sorretto da colonne sporge sulla facciata come per proteggere le sculture che decorano il portale.
L'architettura gotica, nella sua costante aspirazione verso forme raccolte e unite, verso organismi architettonici funzionali in ogni parte, non tollerò lo sviluppo dei protiri anche se nei portali le nicchie d'ombra dei profondi sguanci, con i tipici allineamenti di sculture e colonnine ne suggeriscano spessissimo l'idea.
Ma nella Lombardia l'uso di costruire protiri non cessò neppure durante il Rinascimento. Il protiro allora perdette, è vero, il suo valore originario, aderì sempre più alla facciata della chiesa, e le colonne distaccate dalla parete e sorreggenti la voltina a tutto sesto ebbero un valore nuovo di incorniciatura. Modello, il protiro bramantesco della chiesa milanese di S. Maria delle Grazie.
E fu lo stesso Bramante che elevò ad Abbiategrasso, all'ingresso di S. Maria Nuova (I, p. 33), quello che forse possiamo considerare l'ultimo e il maggiore dei protiri. La gmnde vòlta è come lanciata verso l'alto da un doppio ordine di colonne abbinate. Il protiro è divenuto un arco di trionfo. L'eco lontana del protiro modenese di Lanfranco è vinta da una nuova solennità enfatica. Qui è il preludio fantasioso alle creazioni romane del Bramante. (V. tavv. LXXVII e LXXVIII).
Bibl.: P. Rivoira, Le origini dell'architettura lombarda, Milano 1908; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I, Torino 1927; M. T. Tozzi, Di alcune sculture medioevali dalla Campania, in Bollettino d'arte, dicembre 1931; A. Terenzio, Il restauro del Protiro di S. Cosimato, in Bollettino d'arte, giugno 1931; C. Diehl, Manuel d'art byzantin, Parigi 1925-26.