Prova dichiarativa. Le dichiarazioni rese da persone residenti all'estero
Le Sezioni Unite (Cass., S.U., 25.11.2010, n. 27918) si sono pronunciate anche sulla disciplina dell’acquisizione delle dichiarazioni rese da persone residenti all’estero (art. 512 bis c.p.p.), prospettando un’interpretazione restrittiva dei requisiti previsti dalla predetta norma al fine di garantire il rispetto del principio del contraddittorio e delle relative eccezioni così come scandite dalla Carta fondamentale e dalla Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Le dichiarazioni potranno essere utilizzate, in presenza di riscontri, soltanto se l’esame in contraddittorio delle persone residenti all’estero risulti oggettivamente ed assolutamente impossibile. Al fine di verificare i predetti requisiti, il giudice dovrà curare che la citazione sia effettuata ai sensi dell’art. 727 c.p.p. con modalità tali da assicurare la conoscenza in concreto dell’atto. Inoltre, qualora i dichiaranti non intendano presentarsi al dibattimento si dovrà procedere alla rogatoria cd. «concelebrata», ai sensi dell’art. 4 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria del 1959.
Nel contesto del sistema probatorio, così come novellato in attuazione dei nuovi commi dell’art. 111 Cost., una delle norme più ambigue deve ravvisarsi nell’art. 512 bis c.p.p. concernente le dichiarazioni rese da persone residenti all’estero e introdotta, in concomitanza con la riforma costituzionale, dalla l. 16.12.1999, n. 479. Come è noto, la norma stabilisce che «il giudice, a richiesta di parte, può disporre, tenuto conto degli altri elementi di prova acquisiti, che sia data lettura dei verbali di dichiarazioni rese da persona residente all’estero anche a seguito di rogatoria internazionale se essa, essendo stata citata, non è comparsa e solo nel caso in cui non ne sia assolutamente possibile l’esame dibattimentale». All’evidenza, l’art. 512 bis c.p.p. prevede un’ipotesi tipizzata di impossibilità di ripetizione e, proprio per questo motivo, anch’esso è stato coinvolto nelle “peripezie interpretative” che hanno investito quest’ultima materia.
Nonostante la disposizione lasciasse nitidamente trasparire l’intento normativo di garantire il principio del contraddittorio nella formazione della prova circoscrivendo al massimo le deroghe a siffatto canone – limitate ai casi di radicale impraticabilità del metodo più garantito – la genericità e l’astrattezza del concetto di assoluta impossibilità di ripetizione poteva risultare fonte di incertezze applicative1. Le Sezioni Unite hanno dato atto del fatto che la giurisprudenza di gran lunga maggioritaria risultava impostata su di un orientamento volto ad interpretare in senso restrittivo ciascuno dei requisiti declinati dalla norma2. Malgrado la sostanziale inesistenza di un effettivo contrasto, il Collegio esteso ha colto l’occasione per dettare una sorta di “decalogo” circa gli oneri gravanti sul giudice nel caso in cui si faccia questione delle dichiarazioni rese da persone residenti all’estero.
2.1 Impossibilità assoluta ed oggettiva: gli oneri del giudice
Così le Sezioni Unite hanno affermato che le uniche deroghe consentite al principio del contraddittorio nella formazione della prova sono quelle stabilite dall’art. 111, co. 5, Cost. ed è proprio tale norma che deve ispirare una lettura costituzionalmente orientata della disciplina de qua. Da una simile esegesi si ricava che l’assoluta impossibilità di ripetizione dell’esame non può consistere in una impossibilità di tipo giuridico rappresentata dalla mera circostanza che al giudice italiano non è consentito ordinare l’accompagnamento coattivo di persona residente all’estero, anche perché esistono strumenti alternativi idonei a reiterare l’acquisizione di dichiarazioni. Ancora, come pianamente si ricava dall’art. 111, co. 5, Cost. deve trattarsi di una non ripetibilità oggettiva, come tale indipendente dalla volontà del dichiarante, salve le ipotesi di coartazione che comunque esclude la configurabilità di una libera scelta. Inoltre, l’impossibilità deve essere assoluta e, dunque, non può discendere dalla constatazione di difficoltà logistiche, di spese elevate, di intralci burocratici. Analogamente è da ritenersi in relazione alle ipotesi in cui il teste sia momentaneamente impossibilitato ma non abbia escluso la propria disponibilità per una data successiva. Il punto saliente della pronuncia, peraltro, deve ravvisarsi nell’imposizione in capo al giudice di una serie di oneri finalizzati ad attuare in concreto il valore precettivo dei predetti canoni: egli non può limitarsi a constatare passivamente la validità della citazione e l’assenza del testimone, bensì deve disporre il compimento di tutte le indagini necessarie per reperirlo e perché abbia luogo un esame dello stesso in contraddittorio. Questo, in sintesi, il percorso da seguire. Anzitutto, occorre un’effettiva e valida notificazione della citazione del teste da effettuarsi secondo le modalità previste dall’art. 727 c.p.p. per le rogatorie internazionali o dalle convenzioni di cooperazione giudiziaria; inoltre, l’eventuale irreperibilità del teste deve essere verificata mediante tutti gli accertamenti opportuni e necessari in concreto, giacché non è possibile limitarsi alla constatazione della mancata notificazione oppure a verifiche meramente burocratiche3. Soltanto qualora tali tentativi risultino vani si verificherà una irreperibilità del testimone annoverabile tra le ipotesi di assoluta impossibilità che legittimano l’acquisizione delle dichiarazioni. In secondo luogo, qualora la citazione vada a buon fine ma il dichiarante non si presenti, il giudice ha dinanzi a sé una ulteriore possibilità per garantire il contraddittorio. Si tratta del ricorso a quello strumento, finalizzato all’audizione di persone residenti all’estero, che è rappresentato dalla rogatoria internazionale cd. «concelebrata» prevista dall’art. 4 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria del 1959. In base alla norma appena ricordata, in presenza di espressa istanza dell’autorità richiedente, lo Stato richiesto può consentire che quest’ultima e le parti processuali assistano all’esecuzione della rogatoria. In ipotesi del genere, anche se l’atto si svolge secondo la lex loci, l’autorità italiana richiedente e le parti del processo possono essere ammesse a formulare o suggerire domande. Soltanto se il ricorso alla rogatoria risulta inibito per ragioni non imputabili al giudice e insuperabili – costituite ad esempio dalla mancanza di convenzioni di assistenza giudiziaria con lo Stato di residenza del teste – può ravvisarsi quella impossibilità assoluta ed oggettiva che legittima l’acquisizione delle dichiarazioni.
2.2 La volontarietà della sottrazione
Così circoscritto l’ambito applicativo dell’acquisizione ai sensi dell’art. 512 bis c.p.p., le Sezioni Unite hanno affrontato l’ulteriore questione concernente l’applicabilità della norma di chiusura rappresentata dall’art. 526, co. 1 bis, c.p.p. che vieta di provare la colpevolezza sulla base delle dichiarazioni di chi per libera scelta si è sempre «volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore». La norma appena ricordata ripropone il contenuto dell’art. 111, co. 4, secondo periodo, Cost. e, sotto un profilo speculare rispetto al co. 5 della medesima norma, ribadisce la necessità che l’impossibilità di audizione risulti “oggettiva”. Per sua natura limitato ad enunciazioni generali e di principio, il quadro costituzionale non offre ex professo indicazioni dirimenti circa il concetto di “volontarietà”. Né direttive più vincolanti si traggono dal sistema probatorio. Da più di due lustri dottrina e giurisprudenza si interrogano sull’oggetto, sull’onere della prova e sui criteri di accertamento di tale requisito. In ordine a quest’ultimo profilo, le Sezioni Unite hanno rilevato come l’indirizzo maggioritario ritenesse sufficiente che tale profilo psichico avesse genericamente ad oggetto la mancata presenza del teste e non fosse riferito specificamente alla sottrazione all’esame. In altri termini, in caso di allontanamento volontario, anche non finalizzato ad eludere il confronto con l’accusato, doveva ritenersi operativo il divieto stabilito dall’art. 526, co. 1 bis, c.p.p. In tal modo, si perseguiva l’intento di rendere sostanzialmente residuali le ipotesi nelle quali l’irreperibilità poteva essere attribuita ad impossibilità oggettiva, come tale indipendente dalla volontà del teste. Soltanto un indirizzo minoritario richiedeva che – ai fini dell’operatività della predetta norma – risultasse la prova della specifica volontà di sottrarsi al contraddittorio4. Ebbene, secondo il Collegio esteso, il dubbio va risolto anche alla luce dell’impostazione che si trae dalla Convenzione europea sui diritti dell’uomo il cui art. 6, § 3, lett. d), così come interpretato dalla Corte di Strasburgo fornisce indicazioni inequivoche circa la necessità di garantire il contraddittorio. La Suprema Corte ha abbracciato un’interpretazione adeguatrice che riduca al massimo i possibili casi di contrasto con i princìpi convenzionali ed assegni il significato più ampio all’elemento della volontaria sottrazione all’esame estendendo l’ambito applicativo del divieto di fondare la condanna su dichiarazioni unilaterali5. In buona sostanza, può parlarsi di “volontaria sottrazione”, ogniqualvolta il teste residente all’estero, avendo comunque avuto conoscenza dell’incombente, non si è presentato all’esame in dibattimento o in rogatoria, quali che siano i motivi dell’assenza, purché ovviamente riconducibili ad una sua libera scelta, e cioè ad una scelta non coartata da elementi esterni6. Non occorre, dunque, la prova di una specifica volontà di sottrarsi al contraddittorio, ma è sufficiente la volontarietà dell’assenza del teste determinata da un qualsiasi motivo (anche per difficoltà economiche, disagi del viaggio, mancanza di interesse, e così via), sempre che non vi sia la prova o la presunzione di una illecita coazione, di una violenza fisica o psichica, o di altre illecite interferenze o elementi esterni che escludano una libera determinazione (ad es. soggetto detenuto all’estero; grave infermità fisica; timori per la propria incolumità per altre vicende personali; pressioni di tipo economico).
La sentenza ha il merito di occuparsi di una norma assai insidiosa che, ove sottoposta ad una interpretazione riduttiva, poteva rappresentare una falla nella tutela del contraddittorio in relazione ad ipotesi tanto delicate quanto diffuse nella prassi. Al tempo stesso, porta avanti il trend di mutua integrazione tra l’ordinamento nazionale ed il sistema convenzionale componendo gli apparenti contrasti in un’ottica di ampliamento della tutela. Infine, anche se molte delle affermazioni di principio sono limitate alla questione delle dichiarazioni rese da persone residenti all’estero, si presta ad una lettura che trascende tale specifico ambito applicativo. Come si è visto supra, la questione della necessità dei riscontri in relazione alle dichiarazioni degli irrepetibili è stata affrontata dalla medesima pronuncia sotto un profilo generale, riferibile anche all’art. 512 c.p.p.; analogamente è accaduto per la delicata querelle relativa alla volontarietà della sottrazione che ha condotto ad affermazioni suscettibili di applicazione generalizzata. A quest’ultimo proposito, tuttavia, residuano ancora zone d’ombra di non poco momento. Non è stato chiarito, infatti, il riparto dell’onere della prova circa la volontarietà della sottrazione, né i criteri di accertamento di tale requisito anche alla luce di un, pur necessario, standard quantitativo7. Eppure da tempo la dottrina ha messo in rilievo la difficoltà di ricavare siffatti profili dalle parche indicazioni costituzionali e codicistiche8. Allo stesso modo, risulta non esplicitato il criterio di accertamento della stessa situazione di irreperibilità nonostante i pressanti richiami alla necessità che il giudice faccia quanto in suo potere per reperire il dichiarante9. Merita altresì sottolineare che la sentenza si è soffermata sul requisito della “prevedibilità” della impossibilità di ripetizione, precisando come esso sia menzionato espressamente dall’art. 512 c.p.p. e, viceversa, non sia in alcun modo richiamato dalla norma sulle dichiarazioni dei testimoni residenti all’estero (art. 512 bis c.p.p.). In proposito, le Sezioni Unite hanno prospettato senza particolari approfondimenti un’interpretazione a contrario, sul rilievo che quest’ultima norma detta una disciplina speciale e derogatoria rispetto all’art. 512 c.p.p.10. Pertanto, è irrilevante che l’impossibilità di ripetizione ex art. 512 bis c.p.p. sia già prevedibile al momento in cui le dichiarazioni vengono rese. Ebbene, quest’ultimo profilo avrebbe forse meritato un maggiore sforzo ermeneutico a tutela di altri princìpi costituzionalmente rilevanti. Gli oneri di “ricerca” del testimone e di ricorso alla rogatoria concelebrata, senz’altro finalizzati a tutelare al massimo l’esigenza accertativa, possono scontrarsi con le esigenze di ragionevole durata e di economia processuale, gravando finanche sui costi della giustizia. Eppure, nella pratica, il rischio della mancata presentazione è quasi sempre prevedibile qualora, nel corso o agli albori delle indagini si assumano dichiarazioni da persone non residenti in Italia. Ove anche in questo caso si fosse perseguita un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata, dunque, si sarebbe potuto ritenere operativo, sia pure in modo implicito, il requisito della imprevedibilità. In tal modo si sarebbe spinto il sistema verso una valorizzazione dell’incidente probatorio, finalizzato a realizzare da subito il contraddittorio riducendo al massimo sia i problemi relativi agli oneri finalizzati a procurare la presenza del dichiarante nel futuro (e temporalmente lontano) dibattimento, sia le questioni concernenti gli accertamenti necessari per acquisire ed utilizzare le precedenti dichiarazioni11. Un’impostazione del genere avrebbe tutelato contemporaneamente il contraddittorio, le esigenze accertative e, finanche, la ragionevole durata e il contenimento dei costi della giustizia12.
1 In dottrina, Fanuli, L’art. 512-bis c.p.p. quale interpretazione? in Arch. nuova proc. pen., 2008, 7.
2 Per tutte, Cass., sez. II, 9.2.2010, Gentile, in CED Cass., n. 246277. Per contro, in un caso la Cassazione aveva riproposto una massima, peraltro tralaticia e chiaro segno di una vischiosità rispetto a risalenti impostazioni, secondo cui il requisito dell’impossibilità doveva essere inteso nel senso della concretezza e della ragionevolezza, non della totale e definitiva impossibilità materiale, cosicché la lettura doveva intendersi consentita quando apparisse realisticamente impossibile ottenere in tempi ragionevoli la presenza del dichiarante in dibattimento, oppure quando non vi fossero strumenti atti a vincere coattivamente la sua riluttanza a deporre. Cfr. Cass., sez. II, 21.6.2007, Lombardo, in CED Cass., n. 237757.
3 V. già Cass., sez. II, 14.12.2006, N., in Cass. pen., 2007, 4668; Cass., sez. I, 6.5.2002, Shega, in Cass. pen., 2002, 1577, con nota di Nuzzo, Brevi riflessioni sulla lettura delle dichiarazioni di persone residenti all’estero.
4 Cass., sez. III, 11.5.2010, B., in CED Cass., n. 247800; Cass., sez. III, 17.12.2009, Dzbari, in CED Cass., n. 246181, secondo cui in presenza di irreperibilità, pur se volontaria, le dichiarazioni erano utilizzabili salvo che tale situazione risultasse indotta dalla scelta di sottrarsi al dibattimento. Cass., sez. VI, 9.10.2008, I.G. , in Cass. pen., 2010, 653, con nota di Borracci, La disciplina delle letture dibattimentali: deroga al “contraddittorio” o “tutela del diritto alla prova”?, secondo cui la volontà di sottrarsi all’esame era desumibile o da prova diretta o da presunzione collegata all’avvenuta citazione per il dibattimento. V. anche Cass., S.U., 28.5.2003, Torcasio, in Cass. pen., 2004, 21, che, peraltro, richiedeva un accertamento rigoroso del requisito della volontaria sottrazione all’esame.
5 La giurisprudenza delle Sezioni semplici appariva ondivaga sul punto, tanto che si era formato un orientamento in base al quale le dichiarazioni avrebbero potuto essere utilizzate qualora risultasse incerta o equivoca la volontarietà della sottrazione, in quanto, nell’impossibilità di accertare i fattori impeditivi del confronto dibattimentale, non poteva ritenersi sussistere il requisito della libera scelta. Cfr. Cass., sez. III, 2.3.2010, Conti, in CED Cass., n. 246814.
6 In proposito, Panzavolta, Le letture di atti irripetibili al bivio tra «impossibilità oggettiva» e «libera scelta», in Cass. pen., 2003, 3990.
7 In giurisprudenza, Cass., sez. II, 16.6.2009, P., in Cass. pen., 2011, 658, secondo cui la parte che chiede la lettura dibattimentale ha l’onere di provare sia il carattere dell’imprevedibilità, sia la situazione di impossibilità oggettiva di assumere l’esame testimoniale. In senso conforme, Cass., sez. III, 1.10.2004, Kola, in Cass. pen., 2005, 3815, con nota di Paulesu, Irreperibilità del testimone e sopravvenuta irripetibilità delle sue precedenti dichiarazioni, e ibid., 2006, 138, con nota di Renzetti, Art. 512 c.p.p.: una lettura garantista nel rispetto del principio del contraddittorio. Sulla problematica, Busetto, Il contraddittorio inquinato, Padova, 2009, 107 ss.; Cesari, Prova irripetibile e contraddittorio nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2003, 1435; Fanuele, L’irripetibilità sopravvenuta delle dichiarazioni in precedenza acquisite: l’«accertata impossibilità di natura oggettiva» giustifica una deroga al principio del contraddittorio nella formazione della prova, in Cass. pen., 2001, 1517.
8 Per i variegati orientamenti dottrinali formatisi già nell’immediatezza della revisione costituzionale, Conti, L’imputato nel procedimento connesso. Diritto al silenzio e obbligo di verità, Padova, 2003, 431; Ead., Irreperibilità volontaria del dichiarante, in Dir. pen. e processo, 2003, 231; Ferrua, Una garanzia “finale”, cit., 528; Negri, sub art. 19 l. 1° marzo 2001, n. 63, in Legisl. pen., 2002, 330; Paulesu, Volontaria sottrazione, al contraddittorio e inutilizzabilità della prova per la colpevolezza, in Il giusto processo. Tra contraddittorio e diritto al silenzio, a cura di Kostoris, Torino, 2002, 120.
9 In proposito, Cass., sez. VI, 24.5.2011, M.M., in Guida dir., 2011, 28, 83; Cass., sez. II, 27.5.2010, n. 22358; Cass., sez. II, 16.4.2010, S.G., in www.dirittoegiustizia.it.
10 Prospetta un inquadramento peculiare del requisito, Ruggeri, “Accertata impossibilità di natura oggettiva” ed irripetibilità degli atti: qualche spunto per una ricostruzione verfassungskonform, in Giur. it., 2002, 1775, secondo cui il concetto costituzionale di oggettività ingloba quello ordinario di imprevedibilità.
11 Per tutti, Tonini, Il testimone irreperibile, cit., 890.
12 Per una lettura della disciplina nel senso che la costante prevedibilità di situazioni del genere dovrebbe indurre la difesa a ricorrere all’incidente probatorio nel quale potrebbe ravvisarsi quella occasione adeguata e sufficiente che – nell’ottica della Corte europea – legittima l’utilizzabilità delle precedenti dichiarazioni, si veda Silvestri, Teste irreperibile, 283, il quale peraltro auspica un ampliamento dell’area operativa dell’istituto. In tal senso, v. già Tonini, Il testimone irreperibile, cit., 890.