prova scientifica
pròva scientìfica locuz. sost. f. – Può essere definita scientifica quella prova che, partendo da un fatto conosciuto, utilizza una legge della scienza per dimostrare un ulteriore fatto da provare. Nel processo penale è sempre più frequente il ricorso a leggi di tipo scientifico per l’accertamento di fatti che integrano reati o per determinare la responsabilità di chi ha agito. In materie che richiedono specifiche conoscenze, il giudice deve avvalersi di persone esperte dotate di conoscenze specialistiche. Lo strumento adoperato è quello della perizia (art. 220 e segg. cod. proc. pen.). Il giudice nomina il perito scegliendolo tra gli iscritti negli appositi albi o tra le persone fornite di competenza nella particolare disciplina. La persona indagata o il pubblico ministero, tuttavia, possono richiedere la nomina di un perito anche durante le indagini, se l’accertamento di cui ritengono vi sia bisogno è urgente, perché riguarda persona, cosa o luogo soggetto a modificazione non evitabile o se si tratta di compiere attività lunghe che determinerebbero la sospensione del processo per oltre sessanta giorni (art. 392 cod. proc. pen.). Per garantire il contraddittorio anche sui profili tecnici, quando il giudice nomina un perito, è riconosciuta al pubblico ministero e alle parti private la facoltà di nominare propri consulenti tecnici. Essi possono partecipare alle operazioni peritali, proponendo il compimento di determinate indagini e formulando le proprie valutazioni. Il contraddittorio su questo genere di prova verte sull’individuazione della legge scientifica cui si deve far ricorso, sul modo con il quale deve essere usata e sui fatti specifici ai quali va applicata. Va sottolineato che, accanto a leggi scientifiche universali, che permettono di pervenire a giudizi di certezza, ve ne sono molte altre che conducono a una valutazione di più o meno elevata probabilità statistica. Anche queste sono adoperate nel processo penale, per es. per l’accertamento della responsabilità del medico. Il confronto dialettico tra le argomentazioni del perito e quelle dei consulenti permette di verificare, nelle circostanze concrete, la validità della regola tecnica richiamata. La valutazione della p. s. presenta due pericoli opposti. Da una parte, il giudice potrebbe sottrarsi alla sua funzione tipica, rimettendosi integralmente alle determinazioni del perito; dall’altra, potrebbe ignorare gli accertamenti tecnici, pretendendo di esprimere giudizi risolutivi in materie in cui non ha conoscenze specialistiche. Come avviene per l’apprezzamento delle altre prove, invece, il giudice deve applicare il modello della motivazione legale e razionale accolto dal processo penale. Egli, pertanto, deve spiegare nella motivazione della sua decisione le ragioni per le quali ritiene di aderire o meno alle ricostruzioni scientifiche del perito o a quelle dei consulenti tecnici delle parti. Tra le prove che si fondano su leggi scientifiche di più recente emersione vanno annoverate quella informatica e quella genetica. La legge n. 48 del 2008 ha disciplinato i mezzi della ricerca della prova nel settore informatico per garantire la genuinità e la non modificabilità dei dati raccolti nell’esecuzione di perquisizioni, ispezioni e sequestri. La legge n. 85 del 2009, invece, ha recepito la normativa internazionale sulle metodologie di estrazione e di comparazione del DNA (Deoxyribonucleic acid), aprendo nuove prospettive nelle investigazioni. In particolare, è stata disciplinata la procedura di acquisizione delle tracce biologiche, operando un contemperamento tra l’interesse della collettività all’impiego di uno strumento utile per l’identificazione degli autori dei reati e quello dei privati coinvolti al rispetto della loro riservatezza. Consistendo in un atto che limita la libertà personale, in base all’art. 13 Cost., è necessaria l’autorizzazione del giudice per prelevare capelli, peli o mucosa del cavo orale a persona vivente, sempre che sia assolutamente indispensabile per la prova dei fatti.