prova (pruova)
Il sostantivo è abbastanza frequente, e ricorre (anche in connessione con ‛ provare ': v.) con vari significati, da ricondurre a quelli fondamentali di " attestazione " e di " resistenza "; spesso forma sintagmi o locuzioni.
L'accezione più frequente è quella di " argomento ", " testimonianza ", " documento " che si adduce per dimostrare la verità di quanto si afferma, e quindi " dimostrazione ": tu sola [D. si rivolge alla virtù] fai segnore, e quest'è prova / che tu se' possession che sempre giova, Rime CVI 41; conchiudo... l'animo diritto non mutarsi per loro [delle ricchezze] transmutazione; che è pruova di quello che detto è di sopra, quelle essere da nobilitate disgiunte, Cv IV X 8 (cfr. pruovo quelle essere vili, al § 7); una cosa evidente non ha mestiere di pruova, XI 8 (e cfr. XIX 4).
Significative in questo senso le due occorrenze del Paradiso: interrogato da s. Pietro sulla Fede, D. dichiara: La prova che 'l ver mi dischiude [circa la ‛ divinità ' delle Scritture: " probatio quae aperit mihi veritatem ", Benvenuto], / son l'opere seguite (XXIV 100; cfr. provarsi, " dimostrarsi ", al v. 105); e poi, quasi a ribadire l'infallibilità della sua fede in uno Dio / solo ed etterno (vv. 130-131), afferma di avere a tal creder non solo prove / fisice e metafisice (v. 133), ma la testimonianza dei profeti e degli Apostoli. Cfr. inoltre XIII 124, XXVI 36 (" dimostrazione " che nel caso specifico è un " sillogismo " [Tommaseo, Dizionario; Scartazzini-Vandelli]), e If XXVIII 114: la scena (di Bertram dal Bornio) che D. si appresta a descrivere è talmente incredibile, che egli avrebbe paura, / sanza più prova, di contarla solo, " senza poterne dare altra prova che il dire: l'ho veduta io ". Così il Barbi, che respinge decisamente l'interpretazione del Passerini (" senza averne nuova vista ": cfr. " Bull. " XXV [1918] 56), e rimanda, per " un pensiero assai vicino ", al Decameron (Introd. 16). In Cv IV XII 8 si ha la locuzione per pruova, " per provarlo " (ciò che si è affermato), come intende il Pazzaglia.
Non più " dimostrazione ", ma " assicurazione " (Porena), " garanzia ", è la prova d'alcun testimonio che il vulgo stolto tralascia di esigere prima di credere alle promesse dei falsi predicatori (Pd XXIX 122).
Quasi tutti i commentatori antichi e moderni danno a testimonio il valore di " privilegio ", " bolla papale ", sicché tutta l'espressione vale " autorizzazione " (Rossi-Frascino; " senza curarsi di sapere se la promessa sia confortata dai debiti privilegi attestanti l'approvazione della competente autorità ecclesiastica ", Sapegno); ma la nota del Torraca - " gli Apostoli rendevano testimonianza di ciò, ‛ che avevano udito, veduto con gli occhi loro, contemplato e con le loro mani toccato '; Giovanni I Lett. I 1-3 " - lascia supporre che egli dia a testimonio il valore di " testimone ", e quindi a prova quello di " testimonianza orale " (cfr. anche il Del Lungo: il volgo crede a " qualunque promessa... venga fatta, anche senza curarsi di autorevole ‛ testimonianza ' che ne giustifichi la legittimità "; analogamente il Grabher).
Ricorre con una certa frequenza il sintagma ‛ far p. ', in cui il sostantivo vale ancora " dimostrazione ", " testimonianza " (Rime CXIII 13 S'i' vi vedesse uscir de gli occhi ploia / per prova fare a le parole conte, " a prova della sincerità delle vostre esperte parole ", Barbi-Pernicone), " attestazione " di una condizione o di un comportamento: il desiderio di salire, abbandonando la cornice in cui hanno scontato la pena, fa prova della mondizia, cioè dello stato di perfetta purità raggiunto dalle anime penitenti (Pg XXI 61; analogamente, il modo di procedere della compagnia malvagia e scempia dei fuorusciti Bianchi e ghibellini di sua bestialitate... / farà la prova, " darà un saggio " [Pd XVII 68]); fammi prova [" dimostrami "] / ch'i' possa in te refletter quel ch'io penso!, Pd IX 20. Di qui il valore di " riuscita ": la disposizione naturale non opportunamente assecondata fa mala prova, " dà cattivi risultati ", come un seme posto fuor di sua regiön (Pd VIII 141): infatti D., per il benefico influsso di Beatrice, si trovò nella sua giovinezza in condizioni tali ch'ogne abito destro / fatto averebbe in lui mirabil prova, " avrebbe potuto dare frutti mirabili " (Porena, a Pg XXX 117; si noti che anche in questo caso D. ricorre, per similitudine, all'immagine della coltivazione [vv. 118-120], e si veda la nota del Cesari: " ‛ Far prova ' è ‛ allignare, provenir bene ', detto degli alberi; e dicesi anche ‛ provare ' ").
Il sintagma si registra anche con altri significati: Rime XC 8 tu [Amore] cacci la viltate altrui del core, / né ira contra te fa lunga prova, " resiste a lungo nella lotta " (Barbi-Maggini, che rimandano al caso analogo di If XXVII 43 La terra che fé già la lunga prova, " la lunga resistenza... all'assedio postole dai Francesi ", Chimenz; per Guido da Pisa la p. è senz'altro " longam obsidionem ". Lo stesso accostamento nel Contini, che definisce l'espressione " frase ben dantesca "). Anche in Vn XIV 12 6 non poria Pietate / tener più contra me l'usata prova, il termine vale " resistenza " (Sapegno).
Appartiene allo stesso ambito semantico l'espressione ‛ perdere la p. ' di Rime LXV 8: il poeta si propone di sfuggire lo sguardo della donna, ma poscia perdo tutte le mie prove, / e tornomi colà dov'io son vinto: " tentativi di resistenza " spiegano Barbi-Maggini, allegando testimonianze del Petrarca e del Giamboni, cui il Contini aggiunge Boccaccio Filostr. II 137 " Non voler vincer tutte le sue prove, ‛ non fargli oltrepassare tutti i limiti della resistenza ' ". Il passo del Boccaccio richiama quello di If VIII 122 non sbigottir, ch'io vincerò la prova, " il contrasto, la lotta " (Casini-Barbi), cioè la punga di cui si parla al canto successivo (v. 7; Benvenuto legge vincerò la pugna, ma la variante non risulta documentata). Il Tommaseo (Dizionario) propone per questo passo il valore di " gara " (cfr. la locuzione del v. 114 ciascun dentro a pruova si ricorse: " certatim ", Benvenuto; e cfr. anche Cino Vedete, donne 9 " Quanto si puote, a prova l'onorate, / donne gentil', ché tutte voi onora "). Si aggiunga Cv III Amor che ne la mente 46.
Le gran prove che Fialte fece (If XXXI 94: ancora un'attestazione del sintagma) sono generalmente identificate con le " lotte, imprese... di collocare, l'un sopra l'altro... due montagne " (Mattalia); ma Scartazzini-Vandelli: " le gran prove: di sue forze e della sua temerità ": quindi ancora come " dimostrazione ", " testimonianza ".
La locuzione in pruova di Fiore CLXXV 3 significa " a bella posta " (Petronio): la Vecchia consiglia di ‛ pelare ' l'amante con abilità e discrezione, sì che l'uomo avveder non sin potesse / che tutto in pruova l'uon glile facesse.