proxy
<pròksi> s. ingl., usato in it. al masch. – Denominazione di dati relativi a epoche remote, dedotti indirettamente. La raccolta regolare di dati meteorologici su scala mondiale ha avuto luogo solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento; le condizioni climatiche antecedenti non possono, dunque, essere identificate con dati diretti, ma possono essere valutate a partire da misurazioni ambientali di quantità che sono più o meno direttamente collegate alla situazione climatica locale. Nella paleoclimatologia questi dati, chiamati proxy data, hanno origini molteplici e sono ottenuti in base a vari elementi: le composizioni isotopiche (dell’ossigeno, del deuterio e del carbonio) misurate nei sedimenti oceanici e lacustri, nelle calotte polari, nelle stalattiti e nelle stalagmiti, negli anelli degli alberi e negli strati geologici; le testimonianze delle faune e delle flore del passato, quali i pollini, le microfaune marine, gli insetti, i mammiferi, i molluschi, le piante fossili; le prove geologiche e geomorfologiche fornite dallo studio di morene, evaporiti, paleosuoli, varve, dune, scogliere coralline, e così via. Questi dati, analizzati simultaneamente e in modo coerente, consentono di creare un’immagine razionale delle variazioni climatiche avvenute lungo particolari momenti della storia della Terra. Un tipo di p. molto conosciuto è quello che proviene dall’analisi degli anelli arborei (dendrologia). In generale, un anno caldo e piovoso risulterà in un anello di maggiore spessore, ma l’analisi può scendere più in dettaglio e trarre utili informazioni dalla struttura degli anelli, dalla densità del legno e dalle abbondanze relative di isotopi di ossigeno e idrogeno presenti. La ricostruzione climatica si può spingere verso ere molto più remote analizzando campioni di ghiaccio estratti tramite carotaggi a grandi profondità. Infatti, i ghiacci perenni presenti sulle montagne più elevate e soprattutto nelle calotte polari sono il risultato dell’accumulazione di precipitazioni nevose durante decine di migliaia di anni. Questi ghiacci sono ovviamente composti di ossigeno e idrogeno. Piccole percentuali di idrogeno sono presenti sotto forma di deuterio, un suo isotopo. Analizzando campioni di ghiaccio risalenti a periodi storici in cui l’andamento climatico è noto, si è derivata per es. una relazione tra temperatura media e concentrazione di deuterio nel ghiaccio. Supponendo la validità di questa relazione anche in epoche preistoriche, si è potuto ricostruire l’andamento della temperatura in quei lontani periodi. Oltre a questo dato, i carotaggi di ghiaccio polare consentono di determinare la concentrazione di pulviscolo atmosferico e anidride carbonica in ere remote. Anche le paleotemperature oceaniche, ricavate dall’esame dei sedimenti, forniscono un metodo estremamente interessante quando sia applicato a lunghe sequenze di osservazioni. Le faune e le flore forniscono elementi di datazione e indicazioni sui paleoambienti e i paleoclimi; le morene danno informazioni sulle fasi di massima estensione glaciale; i terrazzi marini forniscono dati soprattutto sui livelli estremi di elevazione raggiunti dal mare in corrispondenza delle massime temperature realizzatesi durante le fasi interglaciali; dai depositi di Löss e dai suoli fossili si ricavano informazioni più complete sulla cronologia climatica, ma le correlazioni con i depositi glaciali e marini rimangono generalmente difficili. Le registrazioni naturali sono tuttavia influenzate dal clima stesso e possono subire alterazioni dovute ad azioni di bioturbazione insieme con altre trasformazioni fisiche e chimiche. La loro interpretazione in termini di variazioni climatiche richiede dunque l’applicazione di specifiche tecniche di elaborazione: per es., le funzioni di trasferimento basate sull’analisi multivariata, utilizzate per i sedimenti marini, gli anelli degli alberi e i pollini. I valori p. sono datati conteggiando gli strati annuali (come nel caso degli anelli degli alberi, delle varve lacustri e delle torbiere, e per gli strati delle carote di ghiaccio) con metodi radiometrici (come nei casi dell’isotopo 14C del carbonio, e del rapporto di masse tra il cripto e l’argo, Kr/Ar) o con riferimento ad avvenimenti ben definiti avvenuti a scala planetaria, come i depositi di ceneri vulcaniche, i terrazzamenti marini e le inversioni del campo magnetico terrestre.