PSICOFARMACI
. Con tale qualifica, ed ancora con numerosissime altre, più o meno comprensive ed allusive (farmaci psicoattivi, psicoplegici, atarassici, antifobici, tranquillanti, ecc.), si intendono oggi numerose sostanze di origine naturale o artificiale, capaci di modificare in vario senso e in vario grado le attività psichiche sia dell'uomo normale sia dell'infermo di malattie mentali. Che parti di piante, estratti di piante, prodotti di fermentazione e distillati di succhi vegetali, fossero idonei a procurare alterazioni della coscienza, della sensibilità, della percezione e di indurre stati depressivi, impulsivi, inebrianti, ecc., è noto da remotissimi tempi. Basta ricordare l'ubriachezza da vino, birra, sidro, ecc., dovute soprattutto al contenuto alcoolico, e le manifestazioni euforiche dissennanti, allucinanti, ecc., acute e croniche, da oppio, da foglie di coca, da canape indiana, da peyotl, da caffè, da giusquiamo, da stramonio, da banisteria caapi, ecc., tutte oggi riportate a qualificati "principî attivi", essenze, eterosidi, ma soprattutto alcaloidi come la morfina, la cocaina, la bulbocapnina, la mescalina, la banisterina, la giusquiamina, la caffeina, ecc. Anche taluni prodotti del regno minerale, come il mercurio, l'arsenico, ecc., se assorbiti a lungo, come avviene in talune industrie, hanno rivelato proprietà modificatrici dei processi psichici. Ma quello delle sostanze psicoattive è divenuto uno dei capitoli più appassionanti della moderna farmacologia quando, prima con la preparazione delle anfetamine, fenilderivati ispirati per altri scopi da prodotti naturali (adrenalina, efedrina), e più recentemente con la scoperta occasionale dell'azione cerebrale della dietilammide dell'acido lisergico, ci si è reso conto della possibilità di ottenere per mezzo della sintesi chimica sostanze dotate di azione elettiva sui processi cerebrali. Con i derivati delle fenotiazine, del propandiolo, della crotonilurea, dell'isopropilammina, ecc., si è aperta una serie a larghissimo sviluppo di sostanze capaci di indurre, per dosi generalmente piccolissime, effetti cerebrali assai spiccati, non soltanto vicini a quelli di talune sostanze naturali, ma, in molti casi, largamente specifici e singolari. Siffatti effetti più che rassomigliare a quelli dei vecchi prodotti naturali (illusioni dei sensi, esaltazione, ubriachezza, ecc.) hanno dimostrato, spesso, una impreveduta analogia con stati di coscienza anormali, proprî di talune malattie mentali dell'uomo. Le stesse sostanze, somministrate agli animali, hanno provocato notevolissime perturbazioni della condotta e degli stessi impulsi istintivi, anche nelle specie di infimo livello zoologico. Ne è risultata la possibilità di portare sul terreno sperimentale lo studio di tali sostanze, applicandovi il rigore della metodologia fisico-farmacologica. Studio tanto più suggestivo in quanto buona parte delle manifestazioni offerte dagli animali ha richiamato in modo caratteristico aspetti proprî della psichiatria umana (atteggiamenti passivi, indifferenza agli stimoli, perdita di riflessi semplici e condizionati, disorientamento, negativismo, aggressività, iterazione, ecc.). Se è naturalmente arbitraria l'assimilazione di queste manifestazioni sperimentali ai disturbi mentali dell'uomo, la cui causa si conserva per ora oscurissima, non si può negare la verosimiglianza che questi farmaci possano agire sui medesimi punti di attacco degli agenti patogeni o indurre la stessa lesione funzionale o anatomica, ricavandosene un importante contributo all'investigazione delle sedi e dei meccanismi interessati ai processi psichici normali e patologici. Praticamente, si viene ora a porre il determinismo dei processi psichici e dei disturbi mentali sul piano degli altri processi biologici sui quali opera fruttuosamente la ricerca farmacologica.
Attualmente lo studio dei p. richiama la concorde attenzione dei chimici, dei fisiologi, dei farmacologi, dei biochimici, dei patologi. Sulla sollecitazione dell'interesse teorico ed applicativo, si cerca da parte dei chimici e dei farmacologi di comprendere i rapporti fra la costituzione chimica delle sostanze ed i loro singolari effetti psichici (e si ricavano di già sostanze più spiccatamente orientate nell'uno o nell'altro senso) mentre fisiologi e farmacologi, mettendo a profitto tutta la metodologia sperimentale, tentano di precisare il meccanismo d'azione dei varî farmaci e di ottenere ragguagli sulla organizzazione dell'attività cerebrale normale dell'uomo e degli animali. Certamente da questa analisi diventa possibile ripromettersi acquisizioni sulla sede e sulla natura delle alterazioni psicopatiche, delle quali si conosce pochissimo. Ma più difficile appare comprendere come e perché la lesione biochimica apportata dai diversi farmaci possa tramutarsi in efficacia curativa.
La biochimica è entrata largamente in gara con la fisiologia e la farmacologia nell'interpretazione dei meccanismi d'azione dei psicofarmaci. Benché si conosca ancora pochissimo dei processi biochimici che sorreggono le manifestazìoni funzionali cerebrali, si apprezzano di già le influenze che taluni prodotti endogeni cerebrali (catecolammine, acetilcolina, 5-ossitriptamina) e taluni sistemi enzimatici (aminossidasi, ecc.) subiscono da parte dei varî psicofarmaci. Si tenta di derivarne, o almeno di intuire, rapporti validi. Di speciale interesse appare ancora la parentela chimica che si può ammettere fra molti p. artificiali e naturali e taluni prodotti del metabolismo endogeno umano (indolammine), di cui la produzione patologica o l'eccesso potrebbero spiegare improvvise o permanenti alterazioni psichiche umane finora inesplicabili.
La conseguenza pratica della disponibilità di così svariate sostanze psicoattive è stata la loro applicazione nelle malattie mentali. Non senza sorpresa si sono riscontrate modificazioni inattese di sindromi psichiatriche, sino a questo momento resistenti a ogni trattamento, e solo in parte influenzate dai particolari ed empirici trattamenti, quali la lobotomia prefrontale e l'elettroshock. I diversi farmaci hanno in breve tempo modificato l'indirizzo dei trattamenti medici, redimendo o attenuando sindromi schizofreniche, placando stati deliranti o aggressivi, sollevando stati depressivi e dimostrando, in conclusione, sufficientemente aperta la via a un intervento terapeutico di ordine farmacologico.
La classificazione dei p. incontra per il momento comprensibili difficoltà. Si dispone di classificazioni chimiche, farmacologiche, biochimiche, cliniche, psicologiche non sempre concordanti e spesso contrastanti, rispondendo ciascuna ad interpretazioni ed intenzioni diverse. Quelle più in voga rispecchiano l'impiego terapeutico. Si distinguono generalmente (J. Delay) "farmaci psicolettici", "psicoanalettici", "dislettici", a seconda che riducano oppure attivino oppure deviino l'attività mentale del sano o del malato. Ma questa classificazione, largamente generica, non rispecchia certamente le sfumature assai numerose degli effetti ottenibili dalle varie sostanze. Quanto siano effimere o convenzionali le classificazioni vien confermato, inoltre, dalle variazioni che si palesano per la più semplice variazione posologica o dalle opposte o diverse reazioni che si riscontrano nei varî soggetti. Il terreno organico su cui i p. vengono ad operare palesa differenze che non si manifestano così spiccatamente per altri farmaci.
Fino ad oggi, il gruppo più folto di p. è quello degli psicolettici (farmaci antiansia, antifobici, tranquillanti, ecc.). Ma si preannunziano molecole promettenti riel campo degli psicoanalettici (contro gli stati depressivi) e nel campo dei farmaci psico-stabilizzanti.
Soprattutto i farmaci a carattere sedativo ("tranquillanti") sono entrati però inconsultamente nell'uso generale, scavalcando il legittimo campo della patologia e della prescrizione medica, con sicuro pregiudizio della normale reattività agli stimoli ambientali, alla normale vigilanza del sistema nervoso ed allo stesso rendimento psichico dei soggetti normali. Specialmente negli S. U. A. si sono vendute nei primi anni quantità enormi di "tranquillanti", sì da rendere necessaria l'imposizione di una particolare disciplina allo smercio. Si sono anche manifestati casi di "dipendenza" tossica, cioè di disturbi abbastanza gravi a seguito della sospensione dell'uso del farmaco, come nel caso delle più note tossicomanie.
Praticamente lo studio degli p. rappresenta una delle "aperture" più interessanti del nostro tempo. Ancorché sia appena iniziato l'esame critico dei meccanismi interessati ai loro effetti negli animali e nell'uomo sano e malato e non si possano che ritener provvisorie le interpretazioni vigenti, ancorché nessuno degli attuali prodotti produca effetti terapeutici veramente risolutivi ma soltanto attenuazione di alterazioni mentali, si può dire che gli p. rappresentano attualmente il più valido sussidio per stringere l'assedio ai meccanismi dell'attività cerebrale superiore e recare sollievo a non pochi malati mentali.