PSICOLOGIA DEL CICLO DI VITA
''Arco di vita'', ''corso di vita'' e ''ciclo di vita'' sono espressioni centrali nel recente dibattito intorno alla natura e alle caratteristiche dello sviluppo psicosociale dell'uomo, e vengono a volte usate in modo intercambiabile. ''Arco di vita'' e ''corso di vita'' sono principalmente impiegate dalla psicologia dello sviluppo la prima, e dalla sociologia la seconda, come metafore di evoluzione della vita individuale, mentre l'espressione ''ciclo di vita'' viene usata per indicare l'evolvere nel tempo sia dell'individuo che della famiglia. In psicologia, questi concetti confluiscono nell'approccio definito life-span psychology.
I tratti costitutivi della prospettiva life-span sono (Baltes e Reese 1984; Baltes 1987) i seguenti: l'estensione dello sviluppo ontogenetico a tutta la vita, e non più relegato agli anni dell'infanzia o ad altre fasce di età; l'esistenza di una notevole variabilità individuale a proposito degli schemi di evoluzione e cambiamento; l'elevata complessità del processo di sviluppo che trova la propria formalizzazione non tanto e non più in termini di crescita-maturità-declino, bensì in un'organizzazione flessibile di fasi o stadi. Secondo questa impostazione, ciascuna fase è caratterizzata da momenti di crescita e di declino, intesi come processi congiunti, lo sviluppo psicologico è co-determinato da fattori interni, familiari, ambientali, e assume forme diverse in funzione delle varie condizioni di vita storiche, sociali, culturali. Ne deriva pertanto l'esigenza di un approccio interdisciplinare di ricerca in cui vengono privilegiati gli aspetti processuali e di reciproca interazione delle variabili in gioco. Così, per es., la psicologia dello sviluppo pone attenzione ai processi evolutivi entro il quadro emotivo-cognitivo e relazionale del soggetto, mentre la sociologia li colloca nella coorte di appartenenza, anello di congiunzione tra individuo e società, e la psicologia sociale della famiglia ne studia il plurimo intrecciarsi all'interno delle dinamiche del gruppo familiare. In questa prospettiva di studio, lo sviluppo è scandito in più fasi evolutive di cui alcuni autori sottolineano specie gli aspetti di continuità tra l'una e l'altra, mentre altri ne evidenziano gli elementi di discontinuità. Nel primo caso si privilegiano i fattori maturativi e intra-individuali, nel secondo si enfatizza l'incidenza delle cause prossimali sul cambiamento e sullo sviluppo.
Tra i modelli classici fondati sul concetto di ciclo di vita vanno ricordati quelli di E. Erikson (1951) e di D. Levinson (1978). Il modello eriksoniano coniuga in modo originale la prospettiva clinica con quella sociale e si presta perciò all'integrazione di contributi provenienti dall'antropologia, dalla sociologia e dalla storia. Secondo questo autore, gli stadi del ciclo individuale − primi anni di vita, prima infanzia, età dei giochi, età scolare, adolescenza, giovinezza, maturità, vecchiaia − sono caratterizzati da specifiche crisi psico-sociali, veri e propri propulsori e organizzatori della dinamica evolutiva: infatti, esse sono determinate dalla risoluzione, più o meno adattativa, dell'antagonismo delle due forze (definite anche qualità) predominanti in quello stadio evolutivo. Così, il primo stadio della vita umana è caratterizzato dal conflitto tra la fiducia e la sfiducia di base, mentre crescendo il bambino si trova ad affrontare tematiche centrate sulle polarizzazioni di autonomia e vergogna; iniziativa e colpa; industriosità e inferiorità. Se supera questi primi conflitti, il bambino, accompagnato da sentimenti di fiducia, stima di sé e delle proprie capacità, può affrontare la crisi adolescenziale, al bivio tra identità e confusione d'identità. Le crisi centrali dell'età adulta si giocano tra capacità d'intimità e pericolo dell'isolamento, e tra capacità di generatività - intesa in senso lato come tendenza a generare prodotti e idee − e rischio della preoccupazione esclusiva di sé o stasi. L'età adulta, anello di congiunzione dell'individuo con la generazione passata e quella futura, è così momento decisivo di trasmissione storica. Una persona è adulta, infatti, quando "è pronta ad investire le proprie energie per il mantenimento del mondo nello spazio e nel tempo storico". La vecchiaia, infine, è vissuta sui temi dell'integrità in opposizione alla disperazione.
Interessante è l'apertura del modello eriksoniano alla dimensione sociale, soprattutto in termini intergenerazionali e storici. Infatti, qualsiasi realizzazione del ciclo di vita individuale s'inserisce nel "ciclo corrente delle generazioni", il quale è, a sua volta, d'importanza vitale per il mantenimento delle strutture sociali in evoluzione. A tal proposito, Erikson riprende la considerazione già di S. Freud (1912-14), secondo cui "l'individuo conduce una doppia vita, come fine a se stesso e come anello di una catena di cui è strumento contro o comunque indipendentemente dal suo volere". Tale potenziale apertura del concetto di ciclo di vita alla dimensione sociale emergerà, come vedremo, nell'interesse per le concettualizzazioni sul ciclo di vita familiare.
Prendendo le mosse da Erikson, anche Levinson ha studiato le fasi della vita, occupandosi in particolare della vita adulta. Nel suo schema, la struttura di vita evolve secondo una sequenza relativamente ordinata. Tale struttura consiste in una serie di periodi di stabilità −dedicati alla sua costruzione − alternati a periodi di transizione, durante i quali essa muta. Quando i compiti evolutivi che caratterizzano una determinata fase vengono affrontati adeguatamente, allora si perviene a una struttura ''soddisfacente'', vale a dire appropriata all'individuo e vivibile nel contesto sociale in cui egli è collocato, anche se non priva di qualche elemento di disordine e di frammentazione, elementi che, con il tempo, innescheranno ulteriori cambiamenti.
Levinson sottolinea il fatto che i compiti evolutivi consistono essenzialmente nell'operare delle scelte, nell'attuarle e nell'accettarne le conseguenze, tenendo conto del passato, del presente e del futuro di un individuo, ma anche del mondo che lo circonda. In questo senso, le scelte vengono a essere la componente principale della struttura di vita. Durante i periodi di stabilità, che possono durare da sei a dieci anni al massimo, un individuo cerca di creare una struttura soddisfacente per lui, conformemente alle scelte-chiave fatte nel periodo di transizione. Dopo alcuni anni, tuttavia, questa struttura comincia a dar segni d'instabilità, mostrando così che è venuto il momento di modificarla, in tutto o in parte. Si entra, in questo modo, in un nuovo periodo di transizione, che può durare anche quattro o cinque anni, e che mette fine alla struttura di vita esistente ponendo le basi per una nuova. Levinson distingue così, nell'età adulta, una prima transizione che va dall'età pre-adulta alla prima età adulta (17÷22 anni), la prima struttura di vita adulta (22÷28 anni), la transizione dei trent'anni (28÷33 anni), la seconda struttura di vita adulta (30÷40 anni), la transizione della metà della vita (40÷45 anni), la media vita adulta (45÷50 anni) e così di seguito.
L'ambito nel quale è stato ravvisato il primo passaggio dall'accezione individuale del ciclo di vita a quella sociale è il nucleo familiare, in quanto contesto primario d'apprendimento e luogo di quella ''trattativa'' che, in qualità d'impresa congiunta tra genitori e figli e altre generazioni contigue, si deve ingaggiare costantemente per affermare la propria identità. Il concetto di ciclo di vita della famiglia, di derivazione sociologica, compare in psicologia negli anni Settanta ad opera di J. Haley, e sottolinea la stretta interdipendenza dei vari cicli vitali individuali dei componenti una famiglia. Da allora, il concetto ha subito modificazioni e approfondimenti, sia per quanto riguarda le fasi in cui viene scandito, sia soprattutto nei termini di una sua sempre maggior emancipazione dall'area sociologica, verso un'identità psico-sociale meglio definita e spesso supportata dall'applicazione clinica. In particolare, Haley (1973) focalizza l'attenzione sulle crisi di transizione da una fase all'altra del ciclo vitale familiare e legge l'emergere del sintomo nella generazione dei figli come una difficoltà della famiglia nel superare la fase di sviluppo.
Recentemente, E. Carter e M. McGoldrick (1986; Carter, Heiman, McGoldrick 1993) ed E. Scabini (1985) hanno elaborato modelli più sistematici del funzionamento familiare nelle varie fasi del suo ciclo vitale. Carter e McGoldrick presentano un modello organizzato intorno al concetto di ciclo vitale della famiglia concepito in termini di connessioni intergenerazionali. Il movimento della famiglia lungo il proprio ciclo di vita non è certo lineare, essendo soggetto ad avanzate e arresti continui: da questo fatto deriva la necessità di tener conto delle difficoltà sollevate dall'incrocio di desideri, aspettative e movimenti delle tre, o a volte quattro, generazioni che vivono contemporaneamente.
Le autrici suddividono il ciclo di vita della famiglia in sei stadi: il giovane adulto tra due famiglie, la giovane coppia, la famiglia con bambini piccoli, la famiglia con adolescenti, la famiglia ''trampolino di lancio'' per i figli, la famiglia in tarda età. Per ogni stadio, vengono individuati i processi di transizione e i mutamenti di secondo ordine, cioè i cambiamenti più profondi e strutturali, indispensabili affinché il nucleo proceda adeguatamente verso la fase successiva.
Per es., i cambiamenti di secondo ordine richiesti dalle autrici per attuare la transizione dalla fase della giovane coppia a quella della famiglia con figli piccoli prevedono: a) la modificazione del sistema coniugale per ''far spazio'' al bambino; b) l'assunzione dei ruoli genitoriali; c) il riadattamento delle relazioni nell'ambito delle famiglie estese per includervi i ruoli di genitori e di nonni. Pertanto, il principale processo sotteso alle dinamiche familiari e che richiede una costante negoziazione tra i componenti è l'espansione-contrazione-riallineamento del sistema di relazioni, al fine di favorire l'ingresso, lo sviluppo e l'uscita dei membri della famiglia.
Il modello di Carter e McGoldrick si completa poi con l'esplorazione dei problemi che il divorzio ed eventuali matrimoni successivi comportano in relazione al ciclo di vita. Un certo spazio è dedicato anche al ciclo di vita della famiglia povera, a quella appartenente a diversa tradizione, cultura e religione o a gruppi etnici differenti da quello per il quale è stato pensato il modello.
Scabini (1985) focalizza l'attenzione sull'identità organizzativa della famiglia che viene definita come un'organizzazione complessa di relazioni di parentela che ha una storia e che crea storia. L'identità organizzativa della famiglia viene analizzata nei suoi aspetti sia di struttura che di processo. Tra i primi, gli elementi basilari sono l'ampiezza e i ruoli, e le caratteristiche dei legami. Essi, dal punto di vista schiettamente psicologico, si presentano come fortemente vincolati, gerarchicamente strutturati e definiti da diverse modalità di ''attaccamento'' e da vincoli di ''lealtà'' tra le generazioni. Il tempo è una componente fondamentale della famiglia, che, in quanto gruppo con storia, ha sempre un passato, un presente e una prospettiva futura. Ogni famiglia di nuova costituzione si colloca infatti all'intersezione di due storie familiari che affondano le radici in un complesso albero genealogico e, d'altra parte, ogni nucleo familiare si proietta nel futuro che riempie di aspettative e programmi secondo uno scadenzario in gran parte socialmente normato.
Le fasi del ciclo di vita sono definite a partire dagli eventi critici prevedibili (nascita dei figli, adolescenza, pensionamento) e imprevedibili (malattia, problemi economici, ecc.). Essi sono induttori di crisi e innescano le transizioni da una fase del ciclo vitale della famiglia a quella successiva; di conseguenza, impongono al nucleo dei compiti di sviluppo tipici, il cui obiettivo comune è comunque la costituzione e lo sviluppo del tipo di relazione adeguato alla specifica fase del ciclo vitale familiare.
La natura dello sviluppo familiare risulta quindi peculiare, in quanto procede per successivi superamenti di crisi, attraverso un costante processo di riaggiustamento, riorganizzazione, momenti di morfostasi e di morfogenesi. Tra gli aspetti processuali, relativi al funzionamento del sistema familiare, Scabini sottolinea la regolazione delle distanze, che concerne il tipo di legame e il dinamismo dei ruoli; le distanze, a cui ogni fase del ciclo impone modificazioni e riadattamenti, sono quelle interpersonali, quelle della famiglia in rapporto all'ambiente esterno e quelle intergenerazionali. A un meta-livello, invece, si pone la specifica abilità familiare, definita sensibilità, di cogliere e rispondere con prontezza, flessibilità e pertinenza, a esigenze e mutamenti che si presentano sia sul versante dei compiti di sviluppo che su quello del contesto ambientale.
In conclusione, il concetto di ciclo di vita individuale o familiare risponde all'esigenza, diffusasi recentemente nelle scienze sociali e umane, di dedicare maggior attenzione ai processi che non ai risultati, alle indagini longitudinali piuttosto che esclusivamente a quelle trasversali, nel riconoscimento della complessità delle variabili che concorrono a definire lo sviluppo dell'uomo e dei sistemi umani.
Bibl.: S. Freud, Introduzione al narcisismo, in Opere, 7, Torino 1912-14; E. Erikson, Childhood and society, New York 1951 (trad. it., Roma 1966); J. Haley, Uncommon therapy, ivi 1973 (trad. it., Roma 1976); D. Levinson, The seasons of a man's life, ivi 1978; P.B. Baltes, H.W. Reese, The life-span perspective in developmental psychology, in Developmental psychology. An advanced book, a cura di M.H. Bornstein e M.E. Lamb, Hillsdale (N.J.) 1984; R. Canestrari, A. Godino, Prospettive teoriche della psicologia dell'arco di vita: ricerche sulle fasi di transizione, in Psicologia Italiana, 7, 1-2 (1985); E. Scabini, L'organizzazione famiglia tra crisi e sviluppo, Milano 1985; M. McGoldrick, A.E. Carter, Il ciclo di vita della famiglia, in Stili di funzionamento familiare, a cura di F. Walsh, Milano 1986; C. Saraceno, Età e corso della vita, Bologna 1986; P.B. Baltes, Theoretical propositions on life-span developmental psychology on the dynamics between growth and decline, in Developmental Psychology, 23 (1987); M. McGoldrick, B. Heiman, A.E. Carter, The changing family life cycle. A perspective on normalcy, in Normal family processes, a cura di F. Walsh, New York 1993.