PSICOLOGIA (XXVIII, p. 457; App. II, 11, p. 628)
Gli anni Quaranta segnano una vigorosa ripresa degli studi psicologici, un'accresciuta tendenza a sottoporre tutti gli aspetti del comportamento umano al vaglio dell'indagine sperimentale. Le ragioni di questa situazione sono molteplici. Il periodo bellico aveva orientato le indagini psicologiche nella direzione della p. collettiva o di gruppo e delle tecniche di selezione e addestramento. La ripresa regolare e "pacifica" degli studi sembra sorretta da grande fiducia nelle possibilità che la p. possiede nel cambiare (migliorando) la natura umana. Questo atteggiamento ottimistico si ridimensionerà molto nel corso degli anni Sessanta e oltre. Ma lascerà un deposito, per così dire, nella fiducia largamente diffusa nel grande pubblico di aver trovato nella "scienza psicologica" tutte le possibilità di risposta alle difficoltà esistenziali. Tale questione appartiene alla sociologia della p. e non verrà discussa nella presente voce.
Quello che balza agli occhi a una prima, fugace osservazione della situazione psicologica, è la netta separazione delle scuole. In apparenza, i fondatori delle correnti psicologiche fondamentali sembrano ignorare completamente il lavoro che in ambiti analoghi ma con metodi differenti ciascuno conduce. Ancora negli anni Cinquanta la situazione della p. si presenta in termini molto chiari, almeno in apparenza. Le divisioni sono ben definite; i temi dibattuti (innato/acquisito, empirismo/innatismo, nature/nurture, per esemplificare) non lasciano - così pare - possibilità di aperture a soluzioni alternative e si dimostrano refrattari a una loro riformulazione. Questo fatto si registra in sede teorica; sul piano sperimentale si assiste a un fenomeno in apparenza contraddittorio: l'accumulo dei dati sperimentali obbliga continuamente gli psicologi alla costante (anche se implicita) revisione delle assunzioni teoriche di partenza.
Riformulazione dei temi. - Nel corso dell'ultimo quarto di secolo, la p. - in particolare la p. sperimentale - trae grandi vantaggi dalla continua riformulazione dei propri temi. Molti di questi vengono decisamente abbandonati o rimangono confinati nelle discussioni teoriche. Tale riformulazione è resa possibile e obbligata insieme dalle sempre più strette relazioni della p. con le altre branche di ricerca vertenti sul comportamento umano. Così, la sperimentazione di tipo "ecologico" ha reso possibile la dimostrazione dell'esistenza di meccanismi "innati" o quella di tipo psicobiologico "ha dimostrato come le variazioni del comportamento e l'esistenza di un'individualità psicologica siano modulate dai geni e costituiscano l'equivalente dell'individualità biochimica" (A. Oliverio e A. Oliverio Ferrari, 1973). In relazione al problema della mente - vista come il nucleo propulsore di tutte le attività comportamentali - un profondo rinnovamento in termini di p. sperimentale si è avuto grazie agli studi dei rapporti mente-cervello (la cosiddetta "fisica della mente") condotti da neurofisiologi (K. J. Craik, 1943; K. S. Lashley, 1958; W. Penfield, 1959; K. H. Pribram, 1969); all'approccio cibernetico; all'applicazione di modelli matematici; alle analogie tra calcolatore e cervello (A. M. Turing, 1936, 1950; J. L. von Neumann, 1951, 1958; C. E. Shannon, 1953). La riformulazione dei temi provoca un intensificarsi di indagini incrociate che coinvolgono competenze diverse e metodologie non sempre omogenee. La necessità di un approccio interdisciplinare viene accolta dallo psicologo in maniera sempre più accentuata. Da qui risultati quali, per es., la "teoria della rilevazione dei segnali" (W. P. Tanner e J. Swets, 1954), la teoria della "vigilanza" (D. E. Broadbent, 1958) o il complesso lavoro, per tanti aspetti pionieristico, di G. A. Miller, E. Galanter e K. H. Pribram, Piani e strutture del comportamento (1960).
In questo complesso e non sempre organico lavoro di ricerca sperimentale, non è agevole distinguere gli orientamenti e la direzione futuri della psicologia. Quello che importa segnalare è che attraverso la riformulazione dei classici temi dell'indagine psicologica si ha una revisione profonda dei fondamenti della p. insieme con la ricerca di fondamenti più coerenti e logicamente fondati. Questa revisione, congiuntamente all'influenza di altre discipline e alla "invasione" di altre scienze nell'ambito degli studi sul comportamento (si pensi a quell'insieme di branche di ricerca che va sotto il nome complessivo di "neuroscienze"), ha posto in crisi la tradizionale ricerca della psicologia. E la crisi della p. di cui da più parti e da qualche anno si parla, ci pare essere essenzialmente crisi dei fondamenti. Una conferma, anche se non totalmente probante, di ciò è rintracciabile nell'interesse per i problemi epistemologici che da una decina d'anni a questa parte sta "catturando" gli psicologi. Fatto, questo, che può venir interpretato in termini di maggiore consapevolezza scientifica. La "rilevanza" o "non rilevanza" delle ricerche è problema marginale. Malgrado la non rilevanza di molte di queste ricerche, la p. oggi è molto più scientifica e "galileiana".
L'estensione della sperimentazione in psicologia. - Uno dei caratteri più appariscenti della ricerca psicologica è costituito dall'estendersi dell'indagine sperimentale a quasi tutti i campi o problemi psicologici. Questa tendenza si è rafforzata in modo particolare negli ultimi decenni. Così, accanto alle classiche aree di ricerca sperimentale quali la sensazione e la percezione, la memoria e l'apprendimento, si sono via via affiancate nuove regioni d'indagine in precedenza coltivate da ricercatori abbastanza isolati o trattate in maniera descrittiva e "letteraria". Si pensi alle indagini sulla motivazione e gl'interessi che hanno permesso d'isolare con maggior precisione i meccanismi psicologici che presiedono alla formazione di comportamenti sia collettivi (p. della propaganda e della pubblicità, ingegneria umana, p. del comportamento economico, p. storica) sia individuali (estetica sperimentale, psicolinguistica sperimentale). Lo stesso problema della personalità, per tanti aspetti ritenuto irriducibile a un'analisi sperimentale, attraverso l'applicazione dell'analisi fattoriale, la misura dei tratti della personalità e l'applicazione sistematica dei tests ha acquistato connotazioni molto più definite, meno vaghe e incoerenti. Su questa linea, anche gli studi clinici sulla personalità sono divenuti più concreti con il consolidarsi della psicopatologia sperimentale e della fisiologia della vita emozionale.
Un settore particolare di ricerca, per le grandi possibilità che possiede, merita un posto a parte. Alludiamo alla p. matematica, le cui prime applicazioni si ebbero nell'ambito della psicometria ma che negli ultimi decenni ha conosciuto grande fortuna e importanti risultati. Le recenti applicazioni interessano particolarmente due aree d'indagine. La prima è rappresentata dall'individuazione di modelli matematici, impiegando la teoria delle probabilità ("modelli stocastici"), capaci di rappresentare e interpretare processi psicologici quali l'apprendimento, la percezione o la risoluzione dei problemi (problem solving); la seconda, dallo studio di tali processi in termini di simulazione attraverso l'utilizzo degli elaboratori. Le possibilità di tali metodi sono ancora ben lontane dall'essere chiaramente definite. E certo però che hanno obbligato e obbligano lo psicologo a verificare i propri atteggiamenti (e pregiudizi) metodologici.
Il continuo lavoro di revisione che contraddistingue la p. di questi ultimi decenni, ha indotto alcuni ricercatori a estendere all'area psicologica nozioni o concetti appartenenti ad altre scienze. L'esempio più cospicuo rimane in tal senso quello di K. Lewin che ha desunto dalla fisica e dalla topologia apparati concettuali impiegati in p. sociale. E proprio dai lavori di questo psicologo, condotti tra il 1938 e il 1947, ha preso consistenza la sperimentazione in p. sociale (psicologia sociale sperimentale) dando a questa disciplina confini meno indefiniti e precari.
Il diffondersi dell'atteggiamento sperimentale in p. ha reso più forti le sue possibilità interpretative e nel contempo più potenti quelle applicative. Si pensi, per esemplificare, alla rivoluzione che si sta operando nel settore educativo con la tecnologia dell'insegnamento che implica la collaborazione di molteplici competenze. Lo psicologo, se in un primo periodo aveva sostituito il pedagogista, ora deve dividere con altri scienziati il lavoro di studio e di ricerca. Riteniamo che questa non sia una limitazione della p., ma il suo inserimento nell'ambito del sapere scientifico.
Questa tendenza sempre più accentuata alle analisi incrociate ha provocato l'abbandono o il ridimensionamento della rigida suddivisione in aree o campi di ricerca della psicologia. La trattazione separata di queste aree lascia progressivamente posto a una trattazione "multipla", sicché non è ancora agevole presentare un panorama esauriente e comprensivo dell'odierna evoluzione della psicologia.
Lo studio dell'intelligenza umana. - Uno dei campi in cui si sono accumulati risultati sperimentali di grande significato pratico e teorico è rappresentato dagli studi della p. cognitiva. Negli anni tra il 1950 e il 1975 le premesse gettate in precedenza dalle diverse scuole psicologiche (l'epistemologia genetica di J. Piaget, la p. della forma, il comportamentismo con C. L. Hull e B. F. Skinner, la scuola storico-culturale sovietica) hanno trovato un fertile terreno di espansione nelle modificazioni profonde che le società industriali o postindustriali assumevano. Le differenze teoriche tra le varie impostazioni di ricerca continuano a essere affermate; nella realtà concreta di ricerca, assistiamo però a un avvicinamento delle varie scuole e al moltiplicarsi dei tentativi d'integrazione. Ciò che si modifica è soprattutto l'atteggiamento metodologico che tende a riformulare i problemi uscendo dalla stretta osservanza di rigide basi teoriche.
Il primato nel campo della p. cognitiva è senz'altro tenuto dalla teoria e dai risultati dello psicologo ginevrino J. Piaget (n. 1896) e della sua scuola. Le ricerche piagetiane ricoprono tutto l'arco della p. evolutiva sottoponendo a indagini capillari e sistematiche tutte le modalità e le funzioni che determinano il sorgere e maturare delle attività cognitive. Queste si evolvono attraverso stadi successivi e tra loro strettamente concatenati. Ma la premessa di base, da cui Piaget non si è mai discostato, che dà significato profondo allo sviluppo delle attività intellettive, è la continuità tra biologico e mentale: la "biologia" e la "conoscenza" definiscono i termini di un unico processo psicologico. L'uomo conosce per assimilazione dall'ambiente; ma l'accento è posto sull'attività organizzatrice del soggetto che si manifesta e realizza attraverso progressive maturazioni di strutture. Viene rifiutata sia una p. incentrata esclusivamente sul soggetto sia una p. che riconosce la supremazia dell'ambiente come nel primo comportamentismo. In termini generali, diciamo che domina una visione interazionistica, dinamica che renderà possibile - una volta che la teoria di Piaget si diffonderà negli Stati Uniti - un suo innesto sul tronco comportamentistico statunitense, specie dopo che la revisione hulliana di questo aveva concorso a smussare molte asprezze e rigidità del comportamentismo di derivazione strettamente watsoniana. I lavori di J. Bruner e altri (1956, 1966), di D. E. Berlyne (1960, 1965), di R. M. Gagné (1965, 1967), per citare alcuni tra quelli che hanno avuto maggiore diffusione anche in Italia, accolgono la teoria piagetiana cercando di commisurarla con la p. dell'apprendimento, tema dominante nella p. americana. Il risultato dell'ingresso dell'epistemologia genetica nell'area psicologica americana è consistito principalmente nell'accelerare il processo di revisione del comportamentismo classico, già in pieno sviluppo negli anni Cinquanta, attenuando il rigido ambientalismo in esso dominante.
Il progredire delle ricerche sperimentali, pur nel loro carattere estremamente specialistico e parcellare, ha reso possibile il confronto, fecondo e polemico insieme, di posizioni considerate tra loro totalmente eterogenee o incompatibili. Da questo punto di vista risulta significativo il parallelo tra la teoria psicologica di Piaget e quella di Skinner (n. 1904). Malgrado le indubbie differenze di metodo e teoriche, si tende a porre in risalto un carattere comune alle due teorie psicologiche, ossia la priorità assegnata all'azione considerata dal primo come il terreno su cui si radica lo sviluppo cognitivo, derivando l'intelligenza e la conoscenza dell'uomo da azioni e dalla coordinazione di queste; dal secondo, come la condizione attiva (azione selettiva dell'ambiente) che sostituendo il tradizionale schema S-R (stimolo-risposta) rende possibile una comprensione più approfondita della molteplicità del comportamento umano.
Ambiti di ricerca della psicologia cognitiva. - Tutti i comportamenti dell'uomo in cui è implicata l'attività intellettiva rientrano ormai di pieno diritto nella p. cognitiva. Ciò spiega l'ampiezza di quest'area di ricerche. Ci limiteremo a indicare alcuni temi.
1) Soluzione dei problemi (o problem solving). Sotto questa denominazione si comprendono le ricerche sperimentali che tendono a individuare le condizioni che rendono possibile il comportamento intelligente e attraverso quali percorsi, tattiche o strategie questo si manifesta. Prima degli anni Cinquanta, le due impostazioni dominanti erano rappresentate dalla teoria stimolo-risposta da un lato e dalla teoria gestaltista dall'altro. Dopo tale data, hanno assunto importanza altre soluzioni derivanti dalla teoria dell'informazione e della comunicazione, dalla teoria dei giochi e dall'impiego dei calcolatori elettronici.
2) Formazione dei concetti. Ci si riferisce ai processi mediante i quali riusciamo a riferire stimoli non a eventi singoli ma a una classe di eventi. Gli studi sperimentali relativi si sono soffermati in particolare sul processo di classificazione o categorizzazione degli stimoli e sull'acquisizione di strategie.
3) Creatività. I rapporti tra intelligenza e creatività sono assai complessi e non sempre facilmente definibili. Una distinzione importante e che ha aiutato gli psicologi nella loro ricerca sperimentale sulla questione, è tra pensiero convergente e pensiero divergente. Con il primo termine si fa riferimento alla capacità di risolvere problemi quando essi ammettano una e una sola risposta; col secondo si sottolinea invece la capacità di soluzione di problemi che ammettano più risposte. La prima forma di pensiero è più analitica, la seconda meno. È in questo secondo ambito che rientrerebbe la creatività. Dagli anni Cinquanta in avanti sono state condotte numerose ricerche sperimentali tendenti a stabilire i rapporti tra soggetti "molto intelligenti" e soggetti "molto creativi", tra l'abilità creativa e le influenze ambientali, tra i tratti della personalità e le potenzialità creative e tra la creazione scientifica e quella artistica.
4) Linguaggio. Gli studi sul linguaggio si sono consolidati in questi ultimi decenni (in particolare dopo il 1950) in una disciplina assai complessa e articolata, la psicolinguistica. Sul costituirsi di questa branca di indagini hanno avuto un peso rilevante altre discipline: la teoria dell'informazione, la p. dell'apprendimento e la linguistica contemporanea. La prima ha fornito, per così dire, l'apparato concettuale tecnico, la seconda le connessioni in termini di stimolo-risposta a livello psicologico elementare; l'ultima, in particolare sotto la forma assunta dalla grammatica generativa trasformazionale di N. Chomsky, ha sollecitato gli psicologi allo studio delle strutture del linguaggio del bambino.
La psicolinguistica ha individuato alcuni temi dominanti attorno ai quali gli psicologi del linguaggio hanno concentrato le loro ricerche. Di questi temi ricordiamo: l'acquisizione del linguaggio, la comprensione delle parole e delle frasi, la produttività linguistica, le basi biologiche del linguaggio, il rapporto tra linguaggio e memoria. Questi problemi non esauriscono l'ampia gamma di indagini che caratterizza la psicolinguistica, ma rappresentano i punti obbligati sui quali si concentrano le ricerche sperimentali tese a definire una teoria generale del linguaggio umano.
Lo studio scientifico del comportamento. - Uno dei caratteri dominanti della p. di derivazione comportamentistica e riflessologica è rappresentato dall'esigenza di costruire una teoria generale del comportamento atta a spiegare tutte le manifestazioni che questo può assumere. Un simile obiettivo ha trovato nella p. comparata un potente strumento di analisi e di spiegazione. L'estrema articolazione delle ricerche vertenti sul comportamento umano ha obbligato a non trattare più come capitoli a sé stanti i problemi della motivazione, della personalità o dell'apprendimento. Da questo punto di vista, non è corretto - come spesso accade partendo da posizioni psicologiche diversamente orientate - ricondurre le ricerche che si sono succedute in questi ultimi venticinque anni o allo schema S-R, se di derivazione comportamentistica, o alla nozione di "riflesso", se di derivazione pavloviana. Nell'ambito del comportamentismo, per es., gli sviluppi che questa corrente psicologica ha subìto hanno permesso di avviare un fecondo filone di ricerche di neurofisiologia del pensiero (F. J. McGuigan e R. A. Schoonever, 1973), di elaborare una teoria sia esplicativa che clinica delle emozioni (teoria del comportamento: H. J. Eysenck, 1952, 1960; H. J. Eysenck e S. Rachman, 1965; J. Wolpe, 1958), di sviluppare teorie della personalità di tipo situazionistico (W. Mischel, 1971).
Lo stesso problema dell'apprendimento - problema centrale della p. behavioristica - ha assunto una dilatazione e ampiezza nuove con gli studi di Gagné (1962, 1964, 1968) sulle gerarchie di apprendimento, di J. Bruner (1956, 1961) sulle strategie della scoperta, di B. F. Skinner (1967) sul comportamento autodirettivo. In questi lavori, non si tratta tanto di elaborare una teoria dell'apprendimento in senso stretto, quanto di coinvolgere il maggior numero possibile di aspetti e funzioni che entrano nel comportamento del soggetto impegnato ad apprendere.
La stretta interdipendenza degli studi nel settore del comportamento umano ha permesso di avviare una profonda revisione dei presupposti teorici che sorreggevano la ricerca psicologica prima degli anni Cinquanta. D'altra parte, ha reso più concreta e attuabile l'elaborazione di una teoria generale del comportamento.
Bibl.: Per la storia della psicologia, oltre ai due calssici testi di G. Murphy, An historical introduction to modern psychology, New York 1948, e di E. G. Boring, A history of experimental psychology, ivi 1950, si veda: R. Thomson, History of psycology, Harmondsworth 1968 (trad. it., Torino 1972); D. P. Schultz, A history of modern psychology, New York-Londra 1969 (trad. it., Firenze 1974); J. R. Kantor, Scientific evolution of psychology, 2 voll., Chicago 1963-1969; D. B. Klein, History of scientific psychology, New York 1970; J. P. Chaplin, T. S. Krawiec, Systems and theories of psychology, Londra 1970; R. Lowry, The evolution of psychological theory, Chicago 1971.
Per il rapido evolversi delle ricerche in psicologia, è indispensabile ricorrere alle riviste; tra queste in particolare The annual review of psychology e Psychological abstracts per le rassegne e messe a punto che presentano; v. inoltre Giornale italiano di psicologia (dal 1974). Come testo di orientamento, R. Canestrari e C. Cipolli, Guida alla psicologia, Firenze 1972, e per un primo orientamento bibliografico J. Brožek, Contemporary west European historiography of psychology, in History of Science, vol. XIII (1975), pp. 29-60. Un perspicuo quadro delle ricerche recenti è offerto dalle due antologie New horizons in psychology, a cura di B. Foss (trad. it., Torino 1968) e New horizons in psychology 2, a cura di P. C. Dodwell, Harmondsworth 1972. Inoltre cfr. Reading in psychology, a cura di J. Cohen, Londra 1964, e il fondamentale Psychology: A study of a science, a cura di S. Koch, New York 1959-65. Infine, utile strumento per la storia della psicologia è la rivista The journal of the history of the behavioral sciences (dal 1965).
Per il linguaggio della psicologia, si vedano i seguenti dizionari: A. Della Volta, Dizionario di psicologia, Firenze 1974; H. Piéron, Vocabulaire de la psychologie, Parigi 19684 (tard. it., Firenze 1973); Dizionario di psicologia, a cura di W. Arnold, H. J. Eysenck e R. Meili (trad. it., Roma 1975).
Per i manuali e le opere a carattere monografico, si veda P. Fraisse, J. Piaget, Traité de psychologie expérimentale, Parigi 1967 (trad. it. in corso, Torino); D. e R. Katz, Trattato di psicologia (trad. it., Torino 1968); D. O. Hebb, Manuale di psicologia (trad. it., Firenze 1970); C. S. Hall, G. Lindzey, Teorie della personalità (trad. it., Torino 1970); Nuove questioni di psicologia, a cura di L. Ancona, Brescia 1972; D. S. Wright, A. Taylor, Introducing psychology, Harmondsworth 1972 (trad. it., Torino 1977); R. Canestrari, I problemi della psicologia, Bologna 1975; W. N. Dember, J. J. Jenkins, Manuale di psicologia (trad. it., Bologna 1977).