MANIACO-DEPRESSIVA, PSICOSI (XXII, p. 118)
I progressi recenti più importanti in questo campo riguardano lo studio delle forme depressive. È stata confermata la rarità delle pure forme maniacali e la notevole prevalenza delle forme di melanconia semplice e di melanconia periodica, sulla forma circolare o psicosi maniaco-depressiva propriamente detta (P. Kielholz).
Non tutti i clinici hanno accettato le distinzioni sindromiche classiche: depressione endogena, depressione reattiva, depressione costituzionale (o personalità disforica), depressione schizofrenica, depressione organica. Si sono sollevati dubbî e incertezze in parecchi aspetti del problema (Simposî dell'Univ. McGill e dell'Univ. di Cambridge): soprattutto si discute, con opinioni contrastanti, sulla distinzione fra gli elementi organici, endogeni e reattivi; sui rapporti fra depressione e ansia e fra depressione distimica e depressione schizofrenica. Non sono mancati tentativi di modificare la nosografia classica con la creazione di nuove entità: quali la timopatia ansiosa (J. J. Lopez Ibor), la depressione di fondo (K. Schneider), la distimia endo-reattiva (H. J. Weitbrecht); e di abolire la distinzione per unità di malattie, con una tassonomia sintomatica (H. Ey, F. A. Freyhan, W. Janzarik). Tutti questi tentativi non risultano maturi per un vero progresso della nosologia clinica classica (H. Volkel, L. Bini).
La melanconia involutiva è da molti ancora considerata una varietà della psicosi maniaco-depressiva (J. Wyrsch); da altri è nettamente distinta (P. Kielholz). Secondo F. S. Kallmann, gli studî di genetica confermano la distinzione: mentre la psicosi maniaco-depressiva ha eredità specifica dominante (con correlazione del 95,7% di gemelli uniovulari), la melanconia involutiva ha rapporti con il genotipo schizofrenico, con correlazione del 60% fra gemelli uniovulari.
Alle descrizioni di psicopatologia esistenzialista di L. Binswanger, sulla mania, sono seguite quelle sulle forme depressive (V. E. Gebsattel, H. Ey), d'interesse puramente letterario e filosofico, e di nessuna utilità clinica.
Fra le ricerche biochimiche recenti (W. M. Sperry), le più interessanti riguardano la secrezione ormonica: si sono dimostrate, in molti casi, modificazioni delle funzioni ipofisaria e surrenalica (M. Reiss). Questo dato è stato messo in rapporto con la comparsa di stati depressivi di tipo endogeno (sensibili all'elettroshock) e di stati maniacali, dopo la somministrazione di ACTH e di cortisonici (R. A. Cleghorn). Ma ancora non è dimostrato un rapporto patogenetico costante fra psicosi maniaco-depressiva e alterazione ipofiso-surrenalica. Si ritiene perciò più verosimile un'azione scatenante sul nucleo endogeno distimico, per variazioni ormoniche.
La terapia della psicosi maniaco-depressiva è sempre imperniata sulla shockterapia convulsivante (v. anche psichiatria, in questa App.). La leucotomia non impedisce il ritorno periodico delle crisi distimiche, ed ha indicazioni eccezionali nelle forme senza ansia (A. Elithorn e collab.). I farmaci neurolettici, molto utili per sedare le agitazioni maniacali e l'ansia, hanno effetto peggiorativo nella melanconia pura. Le forme depressive negli ultimi anni sono trattate con nuovi farmaci "antidepressanti": i derivati dell'isoniazide ad azione stimolante ed euforizzante (cosiddetti psicoenergetici), e i derivanti dell'iminodibenzile, considerati, da alcuni, curativi specifici del nucleo endogeno disforico (cosiddetti timolettici): l'efficacia di questi ultimi deve però essere ancora confermata sulla base di una più profonda esperienza.
Bibl.: P. Kielholz, in Schweiz. Med. Wschr., LXXXVII (1957); McGill University, Conference on depression and allied states, in Canadian Psych. Ass. Journal, suppl. vol. IV (1959); Cambridge University, Symposium on depression, sett. 1959; J. J. Lopez Ibor, Los problemas de las enfermedades mentales, Madrid 1949; K. Schneider, in Fortschr. d. Neurol., XVII (1949), p. 429; H. J. Weitbrecht, in Fortschr. d. Neurol., XX (1952), p. 247; H. Ey, Études psychiatriques, III, Parigi 1954; F.A. Freyhan, in Nervenarzt, XXVIII (1957), p. 504; W. Janzarik, in Nervenarzt, XXX (1959), p. 153; H. Volkel, in Arch. Psych. Neur., CXXXVII (1959), p. 325; L. Bini, Treatment of depression, in Symposium on depression, Cambridge Univ., settembre 1959; J. Wyrsch, États dépressifs, in Acta Psychosomatica, 1959; F. S. Kallmann, in Am. Handb. of Psych., I (1959), p. 175; V. E. Gebsattel, Prolegomena einer medizinischen Anthropologie, Berlino 1954; W. M. Sperry, The biochemistry of depression, in P. H. Hoch e J. Zubin, Depression, New York 1954; M. Reiss, in Arch. Psych. Nervenkr., CLXXXVII (1952), p. 488; R. A. Cleghorn, in H. Hoagland, Hormones, Brain function and behavior, New York 1957; A. Elithorn, W. McKissock, G. Knight e M. Partridge, in Brit. Med. J., XIII (1958), p. 1470.