PSICOSI (o Psicopatie; dal gr. ψυχή "anima, spirito" e πάϑος "affezione")
Sinonimo di malattie mentali; per psicopatie si intendono, in senso clinico, le deviazioni, deformazioni e alterazioni patologiche delle funzioni psichiche, che costituiscono le varie espressioni nosografiche della psicopatologia, più comunemente e in senso più restrittivo o meglio definito, detta psichiatria. Esse rappresentano per gli uni una branca autonoma della patologia, per molto tempo ritenuta al di fuori e al di sopra di essa, per gli altri una componente di quella branca della patologia che s'interessa delle malattie nervose in genere e di quelle cerebrali in specie, e quindi della neuropsichiatria. Questi differenti concetti, sulla definizione patologica e sull'intrinseco significato delle malattie mentali, nascono dal contrasto tra un rigido dogmatismo psicologico, che trascende in senso metafisico, e un altrettanto rigido dogmatismo anatomico. Ma in realtà non sorge alcun contrasto tra anatomismo e psichismo, quando, qualunque significato si voglia dare al fenomeno psichico e alla sua essenza, qualunque sia la credenza che a esso si riferisca (perché a tutt'oggi, nonostante le conquiste della morfologia e psicopatologia cerebrale, esso rimane puramente un convincimento astratto tanto in senso positivista che animista), si intenda che a ogni atto mentale corrisponde un atto fisiologico, che è l'esponente di una particolare condizione anatomica, e che quindi l'attività psichica normale è legata alla normale funzione cerebrale.
Le dette manifestazioni fisio-anatomiche, espressione o movente che siano di un atto psichico, divenute patologiche, nei loro quadri nosografici, più o meno individualizzati, costituiscono dei complessi clinici, per cui ogni entità morbosa ha le sue cause, i suoi sintomi, il suo decorso, i suoi esiti, come qualunque altra malattia. Nell'indagine diretta del fenomeno psichico, vanno intese psicologicamente, poiché esso fenomeno si differenzia nella sua natura, nelle forme, nella sua valutazione da ogni altro di natura somatica, e in ciò sta la grande distanza che separa psiche e soma.
A convalidare l'errata ipotesi di un'autonomia assoluta di ogni atto mentale dalla cerebralità, sta quella parte della psicopatologia che tuttora si rivela senza contenuto anatomico apparente, per cui tuttora permane la necessità differenziale tra psicopatie funzionali e psicopatie organiche. Ma la comunanza di sintomi tra alcune psicopatie della prima categoria e quelle della seconda, come per esempio la melanconia del distimico e quella del paralitico progressivo, ci dice che a uguale complesso clinico corrispondono uguali alterazioni della funzione cerebrale, pur se dovute nel primo caso a modificazioni indotte da agenti non reperibili anatomicamente, nel secondo a grossolane lesioni anatomiche, essenzialmente della corticalità, poiché è questa, in parte o meglio in totalità, che determina o rivela, come noi pensiamo, l'attività mentale. A questa comunque, tanto in senso fisiologico che patologico, si lega un componente etiogenetico di fondamentale importanza, che è il fattore costituzionale risultante da elementi ereditarî e acquisiti, atavici e individuali, e che determina, con il suo coefficiente endogeno, il quadro clinico particolare di quelle forme funzionali che per ciò furono anche dette endogene, e il particolare atteggiamento sintomatico delle altre che sono determinate da cause esogene: intossicazioni, infezioni, tumori, arteriosclerosi, senilità, ecc.
Su questi concetti si basano le varie classificazioni delle psicopatie, classificazioni nelle quali necessariamente si riflettono sia la discordanza che tuttora esiste sulle prime cause della loro origine, sia le grandi lacune e incertezze che presenta la loro anatomia patologica (v. pazzia).