Psicosomatica
Il termine psicosomatica indica in generale il campo della medicina che studia disturbi e malattie fisiche prodotti o favoriti da fattori di ordine psicologico ed emozionale, con la finalità di spiegare attraverso quali meccanismi le esperienze mentali si possono tradurre in sintomi fisici.
Sebbene l'intuizione del rapporto fra malattie fisiche e fattori psicoemozionali risalga all'antichità, osservazioni analitiche di maggior rilievo sono cominciate solo dagli anni Cinquanta del 20° secolo, per giungere poi agli studi sistematici più recenti. Le scoperte relative alle connessioni tra il cervello, sede della vita psichica ed emozionale, e i principali sistemi biologici dell'organismo, insieme alle ricerche sullo stress, hanno dato evidenza scientifica a quelle che fino a non molto tempo addietro erano osservazioni basate, in genere, su singoli casi o su casistiche limitate. Attualmente è provato che reazioni emozionali e stati di stress si associano a modificazioni dei sistemi nervoso periferico, neurovegetativo, neuroendocrino e immunitario, favorendo, in determinati casi, un aumento della suscettibilità a varie malattie. Uno dei cardini della medicina psicosomatica, che non si sostituisce ma si aggiunge all'indagine medica classica, è la focalizzazione dell'attenzione non solo sulla malattia ma sulla persona malata e sull'insieme mente/corpo più che sull'organo o sul sistema colpito. Essa utilizza nel trattamento, a fianco delle terapia medica o chirurgica, interventi psicoterapeutici, rilassamento, ipnosi, farmaci psicoattivi e altri metodi. In una prima fase di sviluppo della psicosomatica si riteneva che soprattutto alcune patologie, come le allergie, le cefalee, l'ipertensione arteriosa, l'ulcera peptica, l'asma bronchiale, talune malattie della cute fossero tipiche malattie psicosomatiche. Nella fase attuale il progredire delle ricerche ha suggerito che ogni malattia, potenzialmente, ha componenti psicosomatiche ed è inesatto porre rigide distinzioni tra malattie psicosomatiche e non. Date le strette connessioni che numerose ricerche hanno provato tra mente e corpo e tra cervello e sistemi biologici periferici, si ritiene che qualsiasi patologia fisica possa risentire in qualche misura di fattori psichici ed emozionali. Il problema diventa quello di valutare, caso per caso e malattia per malattia, se e quanto tali fattori possano avere influenza sui meccanismi biologici che si trovano alla base delle singole patologie e documentare tale influenza sulla scorta di indagini cliniche. Per es., se si pensa che uno stress acuto possa favorire una crisi ipertensiva o il rischio di prendere un'influenza, è importante dimostrare come fattori emozionali possono condizionare l'attività di determinati ormoni e l'equilibrio vascolare, oppure ridurre temporaneamente le difese immunitarie di fronte a un agente patogeno. Questo è stato dimostrato da numerosi studi sperimentali di psicosomatica. In genere si ritiene che gli stress emozionali, più che creare dal nulla una condizione di malattia, contribuiscano piuttosto a farla uscire dalla latenza secondo le predisposizioni individuali e l'esposizione a fattori di rischio. Analizzando il singolo caso, a fianco di una classica indagine su segni, sintomi e dati di laboratorio, il medico effettua un'anamnesi volta a indagare il contesto psicologico di insorgenza, eventi o situazioni di stress emozionale precedenti, la personalità e i vissuti del paziente. L'adesione, spesso entusiastica a questa visione sullo stretto rapporto mente/corpo, non deve tuttavia far cadere nell'eccesso opposto e portare a sopravvalutare i conflitti psicologici, pensando che ogni condizione patologica sia conseguenza di una malattia psicosomatica. Dal punto di vista pratico, in molti casi di malattia, come per es. l'infarto miocardico, il diabete, i tumori, molte malattie neurologiche e quelle ereditarie, i fattori psicologici rivestono un ruolo minore o poco rilevante. Fattori emozionali ed eventi esistenziali stressanti possono tuttavia influenzarne in qualche misura il decorso. Al contrario, altre malattie, come le cefalee da tensione muscolare, alcune forme di emicrania, sindromi dolorose senza base organica, certe forme di dermatiti o di colite, solo per fare alcuni esempi, hanno più spesso un'importante componente emozionale. In sintesi, attualmente si ritiene che molte malattie fisiche possano avere componenti psicologiche e che lo stress emozionale accresca la suscettibilità a esse, interagendo con altri noti fattori di rischio.
Fattori psicologici possono influenzare la salute fisica in diverse condizioni, alcune delle quali sono riportate nella letteratura come tipiche. Le prove a riguardo derivano da studi di laboratorio che dimostrano le modificazioni di vari organi e sistemi biologici sotto stress, e da studi clinici su pazienti che hanno rilevato rapporti tra personalità, eventi, situazioni stressanti di vita e insorgenza di varie malattie. Tali condizioni possono essere compendiate in cinque tipologie principali: 1) situazioni di aumentato stress esistenziale, come eventi di perdita affettiva (lutti, separazioni, divorzi, pensionamento), contrasti affettivi protratti, sovraccarico di lavoro con scarsa soddisfazione costituiscono veri e propri fattori di rischio, sommandosi ad altri fattori tradizionali; a seconda dei casi, hanno un ruolo acuto (precipitante la malattia), oppure cronico, agendo sul lungo periodo (azione predisponente); 2) condizioni di stress emozionale acuto, intense, prodotte da eventi soggettivamente importanti, possono far precipitare malattie fisiche acute, per es. scompensando un equilibrio precario preesistente (tipiche le crisi cardiache all'arrivo di una cattiva notizia in cuori già sofferenti, le morti cardiache improvvise da spavento, alcune crisi ipertensive o il peggioramento di una gastrite in seguito a una forte arrabbiatura ecc.); più di rado favoriscono la comparsa di nuove malattie; 3) una ridotta capacità della personalità a esprimere apertamente le reazioni emozionali, tendendo a sopprimere rabbia e tensione, subendo in silenzio, favorirebbe il rischio di somatizzazioni, mentre l'espressione più aperta o comunque più equilibrata delle emozioni sul piano del comportamento, insieme alle modificazioni della biologia dell'organismo a esse correlate, eviterebbe l'accumulo di tensioni e di stati di stress protratti; 4) una condizione prolungata di abbattimento del morale, in cui l'individuo si sente come spento, demotivato, fino a casi di vera e propria disperazione, agirebbe come fattore di per sé aspecifico verso l'insorgenza di varie malattie e sul loro decorso (spesso tale stato è prodotto dall'interazione tra eventi di vita avversi e la personalità descritta al punto 3); 5) la mancanza di un adeguato supporto affettivo, come per es. l'assenza o la scarsezza di relazioni in cui ci si sente importanti per altri (partner, familiari, amici, compagni di lavoro), e il conseguente senso di solitudine espongono a un aumento del rischio di ammalarsi sul piano sia psicologico (disturbi psichiatrici) sia fisico (malattie somatiche): questo è peraltro un fattore che si associa a un decorso meno favorevole in varie patologie, in particolare nelle cardiopatie, mentre è stato provato che un buon supporto sociale rappresenta un fattore di protezione da numerose malattie sia mentali sia fisiche. I diversi stati d'animo ed emozioni non sono rappresentati soltanto da vissuti soggettivi e da manifestazioni osservabili nel comportamento, ma hanno correlati biologici sia nel cervello sia nella periferia. Un esempio chiaro a chiunque è l'insieme delle modificazioni psichiche soggettive e fisiche di una reazione d'ansia. Molti studi hanno permesso di riconoscere le basi cerebrali delle reazioni emozionali e le importanti connessioni che alcune zone del cervello hanno nell'influenzare reazioni viscerali e ormonali. Il sistema limbico, una delle parti più antiche del cervello, e l'ipotalamo, una piccola zona situata alla base del cervello stesso, rappresentano i punti di connessione tra emozioni e modificazioni somatiche. In una reazione di arrabbiatura, l'arrossarsi del volto, l'espressione del viso e l'alterarsi della voce, l'aumento di pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, la costrizione dei vasi cutanei, l'elevazione nel sangue di catecolamine, accompagnano lo stato d'animo momento per momento perché tutte queste reazioni sono coordinate e mediate da sistema limbico e ipotalamo. In periferia, i correlati fisiologici delle emozioni arrivano mediante quattro sistemi, veri e propri canali di rapporto tra la mente e il corpo: il sistema muscolare scheletrico, il sistema neurovegetativo, i sistemi neuroendocrino e peptidergico, il sistema immunitario. Stati di riposo e di tranquillità sono associati ad attivazione della componente parasimpatica (che si manifesta con sincronizzazione e aumento dell'ampiezza delle onde cerebrali all'elettroencefalogramma, riduzione della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, della tensione muscolare e della sudorazione, aumento dell'attività gastrointestinale); al contrario stati di attivazione sono associati a stimolazione del sistema ortosimpatico (risposta di lotta/fuga) con modificazioni opposte. Di norma, l'equilibrio oscilla ritmicamente tra i due sistemi, anche a seconda delle ore della giornata e delle attività svolte. L'irruzione di stimoli stressanti può determinare un'alterazione, anche notevole, di tale equilibrio.
La psiconeuroendocrinologia, che studia i rapporti tra cervello, sistema endocrino e comportamento, e la psiconeuroimmunologia, che si occupa delle relazioni tra mente, cervello e sistema immunitario, sono branche nate negli ultimi due decenni del 20° secolo. Tutti questi sistemi mostrano mutamenti di vari parametri in seguito a sollecitazioni emozionali di una certa intensità. Le risposte peraltro possono essere anche molto differenti da individuo a individuo: per le situazioni della vita ordinaria, esse variano non tanto secondo le caratteristiche oggettive dello stimolo o situazione, quanto secondo il significato che per un determinato soggetto esse assumono. Per es., lo stress acuto di attesa di un importante esame scolastico produce aumento delle catecolamine (adrenalina e noradrenalina), del cortisolo, elevazione della frequenza cardiaca e vasocostrizione cutanea periferica (mani fredde), aumento della sudorazione, e così via, in misura tanto maggiore quanto più impreparato il soggetto ritiene di essere. Altri ormoni che spesso si elevano sotto stress sono la prolattina, l'ormone somatotropo, gli ormoni tiroidei. Condizioni di stress in genere riducono i livelli di attivazione degli ormoni sessuali, come le gonadotropine della ghiandola ipofisi e ormoni periferici come il testosterone. Viceversa, stimoli erotici tendono a farli alzare. Altri fenomeni, che sono stati scoperti solo di recente, sono l''analgesia da stress', dovuta alla secrezione di β-endorfine, per cui un organismo sotto sollecitazioni intense è più protetto temporaneamente dal dolore; oppure le modificazioni del sistema immunitario che, sotto stress acuto, può mostrare un miglioramento temporaneo nella funzione di alcuni parametri, ma perdurando lo stress, può perdere alcune difese fino a degenerare in immunodepressione.
La diagnosi di malattia psicosomatica non va fatta per esclusione perché non si trovano altre cause, né va limitata ai casi 'funzionali', cosiddetti perché non si rilevano alterazioni organiche agli esami di laboratorio. Un'ipertensione arteriosa con componente di stress emozionale produce infatti nel tempo danni alle arterie come l'ipertensione da altre cause. In certe condizioni, come per es. in un dolore lombare, la sintomatologia dolorosa può trovare ragione solo in parte nell'obiettività di una radice nervosa a livello della colonna vertebrale: fattori emozionali, uno stato depressivo (dovuti a ragioni esistenziali o di stress) partecipano e possono aggravare il dolore soggettivo o complicare il decorso. La diagnosi di malattia psicosomatica deve essere effettuata sulla base di un'accurata anamnesi della personalità e delle sue reazioni, dei vissuti soggettivi del paziente, dell'indagine su eventi o situazioni esistenziali rilevanti, del possibile stato di ansia o depressione. È importante stabilire se e in che misura fattori emozionali possano contribuire all'insorgenza, oppure al decorso, della malattia o ancora alla risposta alle terapie mediche in un determinato paziente. Esisteranno casi di una stessa patologia con diversa componente psicosomatica, che richiederanno quindi trattamenti differenziati.
È pratica diffusa ma erronea abbinare automaticamente la diagnosi di malattia psicosomatica a terapie ricostituenti o tranquillanti. Occorre chiarire al paziente che il ruolo dei fattori psicologici non implica che la malattia sia 'colpa' sua, sia immaginaria, o dipenda dalla volontà. Ferma restando l'eventualità di terapia medica del caso, un trattamento secondo la prospettiva psicosomatica richiede, in primo luogo, una rivalutazione della relazione tra medico e paziente, troppo spesso vittima della fretta e della tecnica; in secondo luogo, è necessaria una valutazione differenziale delle componenti di ansia/tensione oppure di apatia/depressione, di rabbia e sentimenti nascosti o repressi. Per una terapia specifica è necessario uno psichiatra, poiché il medico generale o lo specialista internista, in genere, non sono stati preparati a questo. Rassicurazioni e minimizzazione del problema, rinvii e consigli sono interventi il più delle volte inadeguati. Il paziente con disturbi psicosomatici soffre, ha una compromissione delle capacità di relazione, di lavoro, spesso per periodi protratti di tempo di mesi o anni. L'incontro con figure mediche che tranquillizzano il paziente è positivo perché rassicura rispetto a malattie gravi, ma è incompleto perché lascia il paziente sofferente come prima. Il trattamento va articolato su piani diversi, secondo le necessità. La presenza di ansia/tensione giustificherà l'impiego di tranquillanti o terapie di rilassamento (risposta rilassante, biofeedback, training autogeno); il riscontro di apatia/depressione quello di farmaci antidepressivi. Nella maggior parte dei casi non hanno senso cure di pochi giorni, ma occorre una continuità di trattamento di circa 4-6 mesi. È essenziale che, a fianco della terapia farmacologica, il paziente possa discutere e individuare eventuali fonti di stress e il proprio modo di reagirvi, guidato dal terapeuta verso possibili cambiamenti (tecniche di gestione dello stress). Possono essere usati agopuntura, fitoterapia, purché in mani mediche esperte e con evidenza di risultati positivi in letteratura nel proprio caso. In terzo luogo, volta a volta andrà valutata l'indicazione per psicoterapia, tenendo conto della motivazione del paziente, dell'impegno e dei costi di tale trattamento. Andrebbero preferite terapie brevi, come la psicoterapia cognitiva, colloqui di consulenza (counselling) abbastanza attivi, piuttosto che la psicoanalisi. Un equivoco in cui si incorre frequentemente è l'impiego di rimedi e pratiche curiosi o suggestivi, 'alternativi', con scarsa base di evidenza e meccanismi d'azione non dimostrati.
Mente, cervello e sistema immunitario, a cura di M. Biondi, Milano, McGraw-Hill Italia, 1997.
La psicosomatica nella pratica clinica, a cura di M. Biondi, Roma, Il Pensiero Scientifico, 1992.
Trattato di medicina psicosomatica, a cura di P. Pancheri, Firenze, USES, 1994.