Psycho
(USA 1959, 1960, Psyco, bianco e nero, 110m); regia: Alfred Hitchcock; produzione: Alfred Hitchcock per Paramount/Shamley; soggetto: dall'omonimo romanzo di Robert Bloch; sceneggiatura: Joseph Stefano; fotografia: John L. Russell; montaggio: George Tomasini; scenografia: Joseph Hurley, Robert Clatworthy; costumi: Helen Colvig; musica: Bernard Herrmann.
Una giovane donna, Marion Crane, incontra il proprio innamorato Sam in una camera d'albergo. È il primo pomeriggio d'un giorno di lavoro, a Phoenix. Fanno l'amore, quindi discutono delle difficoltà economiche che ritardano il loro matrimonio e li costringono a una vita di incontri affrettati. Sull'onda di questa amarezza, Marion si allontana in macchina dalla città portando con sé i quarantamila dollari che il suo capo l'aveva incaricata di depositare in banca. Di notte si ferma in un motel isolato, di cui è l'unica ospite. Il giovane padrone, Norman Bates, le parla dei propri problemi economici, della passione per la tassidermia, della vecchia madre con la quale vive nella casa che sovrasta il motel, e che poco prima Marion ha sentito inveire contro il figlio. Prima di andare a letto, la ragazza fa la doccia; Norman la spia attraverso un foro che ha praticato nella parete dell'ufficio. Poi nella stanza da bagno entra una figura di vecchia secca e furiosa, che uccide Marion a coltellate e scompare in un attimo, così com'era arrivata. Entra Norman, che urla atterrito e si mette a pulire scrupolosamente il luogo del delitto. Quindi trasporta il corpo di Marion, la sua valigia, i vestiti, il denaro che le aveva visto nascondere, nel baule della macchina di lei, della quale si sbarazza facendola sprofondare in uno stagno. La scomparsa di Marion ha intanto messo in allarme la sorella della ragazza, Lila, e il fidanzato Sam, mentre sulle tracce della fuggitiva è anche il detective delle assicurazioni Arbogast, che arriva per primo al motel Bates. Norman appare assai agitato dalle sue domande e si rifiuta di fargli incontrare la madre. Avvertiti Lila e Sam, il detective torna furtivamente nella casa e sale al primo piano, per parlare alla vecchia signora: ma in cima alle scale viene colpito da feroci colpi di coltello. Norman, disperato, prende tra le braccia il corpo fragile della madre e la porta in cantina, dove starà nascosta. Sam e Lila apprendono dallo sceriffo che la madre di Norman, misteriosamente avvelenata insieme al proprio amante dieci anni prima, è sepolta nel cimitero locale. Arrivano a casa Bates, dove Lila scopre in cantina un'orrenda creatura impagliata e vestita da donna. Alle sue spalle, con addosso la parrucca materna, Norman cerca di pugnalarla, ma è fermato dall'arrivo di Sam. Norman, che aveva vissuto quegli anni scisso tra la propria personalità e quella della madre da lui stesso uccisa, viene portato alla polizia.
Chirurgo impietoso di interni e ambienti americani, Alfred Hitchcock fa del motel il vero cuore di Psycho. Non tanto la casa aguzza, di orrore gotico, dove Norman Bates vive con sua 'madre', ma proprio quel motel appartato e "completamente orizzontale" (F. Truffaut) i cui clienti si fanno sempre più rari: luogo minacciato nella sua esistenza dalla strada principale che ormai non passa più di lì e dalla prossima lottizzazione della proprietà, eventi di superiore ordine economico incontrollabili dal singolo ‒ che se ne sente profondamente aggredito, frantumato. Prima di qualsiasi traccia di sangue, prima di qualsiasi lampo di follia, la storia dell'anonimo motel Bates è già una storia di violenza.
Alla normalità apparente, stagnante, del motel Psycho si oppone una struttura che si potrebbe definire di crescendo musicale. Truffaut, nella sua celebre intervista a Hitchcock, forzando appena i termini ha descritto la forma di Psycho come "una scala dell'anormale: innanzitutto una scena di adulterio, poi un furto, poi un delitto, due delitti, e infine la psicopatia". Il livello della violenza cresce implacabile, una violenza che però non è un dato del destino o l'esito d'una antica colpa, come nella maggior parte dei film dell'orrore. L'idea, in Psycho, è che basta una lieve deviazione nelle relazioni umane (deviazione di percorso, di comportamento, di desiderio) perché esse conducano immancabilmente alla distruzione. Le battute che i personaggi si scambiano in questo film sono d'una banalità carica di dolore.
Psycho fa di ogni spettatore un voyeur complice di quanto sta accadendo, prima del furto di Marion e poi del primo delitto di Norman, e in questo modo lo rende oscuramente cosciente dei propri impulsi inconfessabili. Diventare tutt'uno con l'occhio di Norman che spia Marion attraverso il foro praticato nel muro, sua personale scorciatoia verso la sfera sessuale, significa essere chiamati a condividerne l'impulso erotico represso e deviato, e la grottesca perversione cui ha sottoposto il ruolo materno: raramente questo mito americano, fondamento sacro d'una società appunto matriarcale, è stato tanto brutalmente maltrattato. Norman Bates, schizofrenico grave, diventa 'caso' universale e la visione del film si fa di conseguenza più sociale, più duramente concreta. Psycho svela il caos appena sotto la superficie levigata della civiltà, la barbarie ancora una volta e come sempre tra di noi, dentro di noi.
Momenti cruciali del film sono il viaggio di Marion in macchina, dopo il furto, e l'assassinio di lei sotto la doccia. Quando Marion fugge con il denaro rubato, la macchina, spazio mobile apparentemente capace di condurre verso nuovi orizzonti di libertà, diventa invece una prigione di solitudine, un acquario di colpevolezza. E quando poi il tragitto terreno di Marion si conclude, vediamo come la stessa macchina si trasformi nel suo sarcofago. Poco prima, la tenda della doccia ha oscillato e un personaggio sconosciuto ha vibrato decine di cieche coltellate. Difficile immaginare una situazione in cui l'individuo occidentale, pudibondo e tutt'altro che sereno nella propria sensualità, sia più indifeso che nudo sotto la doccia, diminuito nelle capacità dell'udito e della vista: la sequenza è anche per questo una delle più autenticamente spaventose del cinema di tutti i tempi (e ciò resta vero anche se in seguito la rappresentazione della violenza sullo schermo si è posta in sincronia col nostro mondo attuale, e non ha conosciuto più limiti). Ma Psycho è un film agghiacciante fin dalle prime immagini che ci restituiscono una città estesa, glaciale, nella fredda successione scalare d'un documentario scientifico: dal generale al particolare, dal più lontano al più vicino, un grattacielo, una finestra, l'interno di una camera d'albergo. Gli indici temporali che appaiono nell'immagine (le due e quarantatré d'un pomeriggio feriale) sono pure 'scientifici', e producono un senso di lontananza abissale. Una scena d'amore in pieno giorno lavorativo, il composto squallore d'una camera d'albergo, il senso di dissimulazione sono il primo anello della catena di disagio e di devianza che condurrà al disastro. Costato ottocentomila dollari, girato con una troupe televisiva per velocizzare i tempi, il film sarebbe diventato il più clamoroso trionfo commerciale d'una carriera, come quella di Hitchcock, non certo avara di successi; con il tempo, anche la critica lo avrebbe annoverato tra i capolavori del regista.
Interpreti e personaggi: Anthony Perkins (Norman Bates), Janet Leigh (Marion Crane), Vera Miles (Lila Crane), John Gavin (Sam Loomis), Martin Balsam (detective Milton Arbogast), John McIntire (sceriffo Chambers), Lurene Tuttle (Mrs. Chambers), Patricia Hitchcock (Caroline), Simon Oakland (Dr. Richmond), Frank Albertson, Vaughn Taylor, Mort Mills, John Anderson.
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