pubblica amministrazione
La natura delle pubbliche amministrazioni
Ogni definizione di pubblica amministrazione sarebbe un esercizio sterile, se essa non si inquadrasse in una concezione ‘dinamica’ del settore pubblico, superando quella ‘statica’, tesa a identificare l’amministrazione e gli enti pubblici entro i limiti riguardanti quegli istituti che, in ogni azione, sono orientati alla cura e alla tutela dell’interesse pubblico. Si deve, invece, abbracciare una concezione ‘europea’ di ente pubblico, ispirata a una «logica delle geometrie variabili» (M.S. Giannini). In altri termini, una determinata organizzazione amministrativa può essere considerata ente pubblico o pubblica amministrazione anche solo settorialmente (per es. nell’applicazione della disciplina degli appalti e delle procedure di evidenza pubblica), mentre per il resto delle sue attività non è qualificata come tale.
Il criterio discretivo enunciato è il principio comunitario del cosiddetto ‘effetto utile’. La soluzione (cioè la qualificazione di un ente come pubblico o privato) può dunque variare in relazione al miglior modo di realizzare lo scopo che la norma comunitaria di settore intende perseguire. Ne consegue che in alcuni settori si osservano o un progressivo allargamento del concetto di ente pubblico e di pubblica amministrazione, tenuta al rispetto di alcune normative, come nel caso degli appalti pubblici, ove l’esigenza perseguita dalla normativa comunitaria è quella di tutelare una concorrenza effettiva tra le imprese operanti nel mercato comune, o, talvolta, un restringimento, come nel caso del rapporto di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione. In quest’ultima condizione, essendovi la possibilità, in base al diritto comunitario (art. 45, TFUE, Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea; ➔ anche Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità Europea), di effettuare discriminazioni del cittadino della UE nell’accesso agli impieghi pubblici, il concetto di amministrazione pubblica è particolarmente ristretto, proprio al fine di limitare l’effetto discriminante e, di conseguenza, realizzare nel miglior modo lo scopo della norma.
Per individuare un elenco, più o meno esaustivo, di pubbliche amministrazioni italiane si è fatto più volte riferimento alla norma contenuta nel Testo unico del pubblico impiego (d. legisl. 165/2001), la quale stabilisce: «Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende e amministrazioni dello Stato a ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al d. legisl. 300/1999. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI» (➔ anche settore pubblico allargato). È evidente tuttavia che un simile elenco, oltre a essere del tutto in controtendenza rispetto al concetto comunitario di pubblica amministrazione da individuarsi secondo il succitato criterio dell’effetto efficiente, può e anzi deve essere limitato solo al settore del pubblico impiego. Un altro elenco piuttosto esaustivo di settore pubblico, e di più recente introduzione, è quello formato e tenuto dall’ISTAT in base all’obiettivo di questo settore consistente nel fornire servizi pubblici senza scopo di lucro o di massimo profitto. In esso compaiono le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato e individuate ai sensi delle legge finanziaria 2005 (l. 311/2004, art. 1, 5° co.). Tale elenco, compilato sulla base di norme classificatorie e definitorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario (regolamento 2223/1996/CE, SEC 95, Sistema Europeo dei Conti nazionali e regionali), effettua una classificazione solo di tipo statistico-economico, indipendentemente dal regime giuridico che governa le singole unità istituzionali, trovandovisi accomunati gli enti più disparati ed eterogenei. Tuttavia, questo elenco di amministrazioni ha assunto di recente anche una valenza di carattere giuridico, essendo stato preso quale criterio discretivo del conditor juris (d.l. 78/2010 convertito in l. 122/2010) per il contenimento della spesa in materia di pubblico impiego. L’elenco costituisce l’unione delle PA con il settore pubblico allargato, formato da tutte le imprese pubbliche erogatrici di servizi e prevede un controllo (diretto o indiretto) nella gestione e/o un intervento nel finanziamento degli organismi in questione da parte degli enti pubblici. Tale aggregazione degli enti facenti parte del settore pubblico allargato con le PA strettamente intese, consente l’operazione di consolidamento e realizzazione del Conto economico consolidato della pubblica amministrazione.
La sola individuazione da parte di una legge di un ente o di un’organizzazione amministrativa non costituisce di per sé indice sufficiente per potersi dire sussistente un ente pubblico. La previsione di legge (art. 97 Cost.) dell’ente e la sua disciplina istitutiva di rango legislativo sono condizione necessaria ma non sufficiente per la definizione di una pubblica amministrazione. In altri termini, con la previsione di legge né si può negare la natura pubblica di un ente che conserva tale natura (per es., nelle privatizzazioni degli enti pubblici che conservano tale connotazione) né, tantomeno, si può conferire il carisma della pubblicità a imprese private o a iniziative preesistenti e discendenti dall’autonomia dei privati, come per es. gli IPAB (Istituti Pubblici di Assistenza e Beneficenza), qualificate come pubbliche dalla l. 259/1980 e dalla l. 6792/1980. In definitiva, solo gli enti che abbiano natura sostanziale di enti pubblici possono essere qualificati come tali, sulla base di una serie di indici rilevatori quali: l’assoggettamento a un sistema di controlli pubblici; l’ingerenza di poteri pubblici nella nomina dei dirigenti; la partecipazione dello Stato o di altro ente alle spese di gestione; il potere di direttiva pubblico nel perseguire determinati obiettivi; la costituzione a iniziativa pubblica.