PUBBLICI DIRITTI
. Molte definizioni sono state date del diritto pubblico soggettivo. Adottando quella dello scrittore che più di proposito si è occupato dell'argomento nella dottrina italiana, possiamo dire il diritto pubblico "una potestà di volere in un concreto rapporto giuridico, connessa con una pubblica funzione" (S. Romano). Analizzando tale definizione, dobbiamo osservare: 1. la definizione del diritto soggettivo in genere come "potestà di volere" è quella che meglio risponde ai bisogni del diritto pubblico. Se nel diritto privato possono essere sufficienti anche le altre definizioni, pure seguite, che parlano di "interesse giuridicamente protetto", in quanto nel diritto privato, almeno secondo l'opinione più comune, non v'è che una forma di protezione e questa dà sempre luogo a un diritto, nel campo pubblicistico, dove varie e molteplici sono queste forme, bisogna preferire una definizione che valga a individuare da tutte le altre quella che dà luogo al diritto soggettivo: e tale sembra la formula "potestà di volere" in quanto mette in rilievo che la protezione dell'interesse dipende unicamente dalla volontà del suo titolare, mentre nelle altre forme (interesse legittimo, interesse indirettamente protetto, ecc.), la volontà del singolo è del tutto secondaria e la protezione ha luogo soltanto per fini sociali e generali; 2. l'accenno al "concreto rapporto giuridico", in cui deve agire la volontà, serve a distinguere il diritto soggettivo dalla potestà giuridica, la quale è un prius rispetto a quello: il diritto sorge quando il soggetto, esercitando una sua potestà (d'imporre un tributo, di acquistare una cosa, di concludere un contratto), ha costituito un concreto rapporto giuridico fra sé e altri soggetti; 3. la "connessione con una pubblica funzione" è la differenza specifica del diritto pubblico: se ogni diritto è connesso a una potestà giuridica, il diritto pubblico è connesso a quei tipi di potestà che si dicono funzioni pubbliche, cioè potestà che si esercitano nell'interesse generale o oggettivo.
I diritti pubblici spettano tanto allo stato quanto a ogni altro soggetto (persona fisica o giuridica, pubblica o privata). Riguardo allo stato si è talora ritenuto che ogni suo diritto si esaurisca nella sovranità, e che ogni altro potere non sia che una manifestazione di questa: però, senza contare che nella sovranità generale non rientrano tutti i poteri dello stato, si deve notare che la sovranità è piuttosto una potestà giuridica (o, meglio, un complesso di potestà), per cui i singoli poteri soggettivi hanno origine dall'esercizio di essa ma restano completamente distinti. Quanto agli altri soggetti, particolarmente i sudditi, è stata un tempo assai discussa la possibilità in essi di diritti pubblici soggettivi. Mentre la scuola francese del diritto naturale affermava l'esistenza di diritti innati preesistenti alla formazione dello stato e che questi non avrebbe potuto né creare, né distruggere, una parte della dottrina tedesca, forse per reazione a quella, giunse a negare la possibilità di diritti dei cittadini verso lo stato: esclusa l'esistenza dei diritti innati, affermato che ogni diritto soggettivo deriva dall'ordinamento giuridico, ossia dallo stato, si concludeva essere impossibile parlare di diritti verso lo stato, perché non è concepibile un diritto, la cui esistenza dipenderebbe dalla volontà del soggetto obbligato a osservarlo. Questa apparente impossibilità logica si supera tenendo conto della distinzione delle funzioni dello stato e della diversa forma che assume la sua volontà nell'esercizio di ciascuna di esse, specialmente, ma non esclusivamente, negli stati dove è attuato il principio della divisione dei poteri. La volontà, che pone e modifica l'ordinamento giuridico, e quindi i diritti soggettivi, è la volontà dello stato che si esplica nella funzione legislativa; la volontà vincolata all'osservanza dei diritti così creati è quella che si esplica con le altre funzioni, specialmente con quella esecutiva. Finché in contrario non interviene un atto della funzione legislativa, i diritti dei singoli si comportano, anche verso lo stato, come veri e proprî diritti. Positivamente poi tutto quanto l'ordinamento italiano è informato al principio che fra lo stato e i singoli intercedano infiniti rapporti giuridici, dei quali sono elementi i diritti ora dello stato verso i cittadini, ora dei cittadini verso lo stato: e tali rapporti, se talora possono essere di diritto privato, di regola sono di diritto pubblico.
Dei diritti pubblici possono farsi varie classificazioni. Una di queste riguarda il contenuto e dà luogo alle categorie seguenti.
a) Diritti di personalità. - Hanno questi per oggetto le qualità, gli attributi, le condizioni di vita del soggetto: il diritto alla qualità di cittadino, al nome, a un titolo, a un segno distintivo, all'integrità dei proprî elementi, al rispetto del proprio onore, all'esplicazione delle proprie attività. Questi diritti sono privati o pubblici secondo che si fanno valere verso privati o verso lo stato (o altri enti pubblici). I più importanti fra tutti sono quelli di libertà, cioè quelli che hanno per contenuto l'indipendenza nell'esercizio di attività garantite come lecite dall'ordinamento giuridico. Secondo un'opinione che sembra esatta, dai diritti di libertà si devono tenere distinte le semplici libertà di fatto, che si riferiscono ad azioni giuridicamente irrilevanti. Non esiste un solo diritto di libertà, ma tanti diritti quante sono le facoltà garantite dall'ordinamento positivo (libertà di coscienza, libertà di stampa, libertà di attività professionale, libertà della locomozione, del segreto epistolare, ecc.). Questi diritti non hanno mai un contenuto positivo (stampare un libro, viaggiare, esercitare un'industria, positivamente interessano solo il diritto privato), ma un contenuto negativo, consistente nella potestà di pretendere che lo stato non si intrometta illecitamente nell'esplicamento di quelle date attività individuali. Si capisce poi che l'intromissione dello stato è lecita, e queste facoltà negative cessano, laddove l'ordinamento positivo stabilisce un limite a questi diritti individuali (es., con la legislazione sulla pubblica sicurezza, con quella sulla stampa, con lo stesso codice penale, ecc.).
b) Diritti politici. - Sono i diritti di esercitare le funzioni dello stato e di altri enti pubblici che, in base a titoli diversi, possono spettare ai cittadini. Nel significato ristretto, in cui l'espressione è usata più comunemente, politici sarebbero solo fra questi quei diritti di cui si è titolari come membri, o come rappresentanti, di una collettività (per es. diritto dell'elettore, del deputato, ecc.); qui usiamo l'espressione nel senso più lato comprendente anche i diritti che derivano da un titolo speciale, come la nomina a un impiego o a una carica non elettiva; non solo, ma anche quelli di chi esercita le funzioni pubbliche senza diventare organo di stato o di altro ente, come il notaio, il capitano di una nave mercantile, il concessionario di un pubblico servizio. In ognuno di questi casi si può distinguere un diritto a essere investiti della funzione (ius ad officium) dal diritto di esercitarla e di conservarla (ius in officio). Nell'uno e nell'altro momento, i diritti in parola possono assumere gradi di consistenza molto diversi, come ora sarà detto in generale.
c) Diritti pubblici di prestazione. - Hanno per oggetto sia prestazioni del cittadino allo stato, sia prestazioni dello stato al cittadino; sia prestazioni di servizî personali (servizio militare, servizî pubblici dell'amministrazione della giustizia, dell'istruzione, delle comunicazioni, ecc.), sia prestazioni di contenuto patrimoniale (diritti dello stato ai tributi, dell'impiegato allo stipendio). I diritti del cittadino al godimento dei pubblici servizî (quando esistono come veri diritti, perché molte volte si tratta di semplici interessi indirettamente protetti) prendono il nome di "diritti civici".
d) Diritti pubblici reali. - Questa categoria non è ammessa da tutti gli scrittori: a ogni modo, il concetto è il seguente. Il diritto reale, che è unico nel suo lato interno (signoria del soggetto sulla cosa), si qualifica diversamente secondo i mezzi con cui si fa valere verso gli altri soggetti: il diritto reale è privato, se questi mezzi sono di diritto privato (l'azione civile); è pubblico, se questi mezzi sono di diritto pubblico (amministrativi e penali: la polizia della cosa pubblica). Solo lo stato e gli enti territoriali sono soggetti di diritti reali pubblici. Tali diritti possono essere di proprietà (proprietà pubblica o demaniale), di servitù (servitù pubbliche), ecc.
I diritti pubblici, a differenza di quelli privati, non hanno tutti la stessa consistenza, ma molti sono variamente condizionati alla loro compatibilità con un dato interesse pubblico. Di qui la distinzione fra diritti perfetti e diritti condizionati (questi ultimi detti anche impropriamente interessi legittimi e diritti affievoliti). Sono fra i primi la maggior parte dei diritti di personalità e i diritti politici in senso stretto. Quanto agli altri, essi dànno luogo a figure diverse, secondo che il sacrificio possa avvenire senza alcuna indennità (come di regola il diritto all'impiego nel caso di soppressione dell'ufficio) oppure in modo che resti al titolare il diritto all'equivalente economico di quello che perde (come avviene del diritto all'ufficio per gl'impiegati inamovibili, per il diritto di proprietà, o meglio della libertà di proprietà, nel caso di espropriazione per utilità pubblica e per il diritto del concessionario nel caso di riscatto). La valutazione dell'utilità pubblica che è causa del sacrificio, nei diritti condizionati, è sempre affidata all'apprezzamento discrezionale dell'amministrazione.
Altre distinzioni che si devono fare dei diritti pubblici sono le seguenti: 1. generali e speciali: i primi derivano direttamente da una norma giuridica e appartengono a tutti coloro che si trovano nelle condizioni dalla norma previste; i secondi derivano, almeno immediatamente, da un negozio, o, più genericamente, da un fatto giuridico; 2. corporativi e individuali: i primi appartengono a tutti i componenti una collettività come tali e per tale appartenenza fra loro collegati, i secondi a singole persone; 3. rinunziabili e irrinunziabili: i diritti pubblici, compresi quelli dello stato, sono di regola irrinunziabili, dato lo scopo sociale per cui sono conferiti.
Bibl.: C. F. Gerber, Grundzüge des deutschen Staatsrechts, 3ª ed., Lipsia 1880, pp. 51, 229 segg.; G. Jellinek, System der subjekt. öff. Rechte, Friburgo 1892; 2ª ed., Tubinga 1905; trad. it., Milano 1912; S. Romano, Teoria dei diritti pubblici subbiettivi, in Primo trattato di dir. amm., ecc., diretto da V. E. Orlando, I, Milano 1897; id., Corso di dir. cost., 3ª ed., Padova 1931, pp. 69-84; O. Ranelletti, Principii di dir. amm., Napoli 1912, pp. 418-478; O. Buhler, Die sub. öff. Rechte, ecc., Stoccarda 1914: id., Zur Theorie der sub. öff. Rechte, in Festgabe für Fleiner, Tubinga 1927.