pubblicità
Convincere a comprare
Informare il pubblico sulla qualità dei prodotti, così da indurlo all’acquisto: questo e molto altro è la pubblicità. Nata più di cinque secoli fa, si è evoluta sotto la rivoluzione industriale e ancor di più nell’ultimo secolo. Dietro a un messaggio pubblicitario esistono approfonditi studi di mercato e un intenso lavoro di squadra: pubblicitari, psicologi e sociologi lavorano per confezionare un messaggio chiaro e convincente. Per regolamentare la pubblicità esistono organismi pubblici di garanzia che vigilano sul rispetto delle norme e vietano i casi di ‘pubblicità ingannevole’ che danneggia sia i consumatori, traendoli in inganno, sia le imprese concorrenti che possono essere pregiudicate se qualcuna non gioca ad armi pari
I messaggi pubblicitari sono oggi una costante della nostra vita quotidiana: su carta, in TV, per radio, da un decennio anche su Internet, la pubblicità ci raggiunge in ogni momento con invitanti messaggi che ci spronano a comprare un prodotto, a visitare un luogo turistico, a votare per un partito, a dare un’offerta per una buona causa.
Se è vero che solo con la nascita della televisione la pubblicità ha conosciuto una reale esplosione, diventando uno dei primi fattori di condizionamento sociale, tuttavia già agli inizi del 20° secolo essa era un fenomeno molto conosciuto con una lunga storia alle spalle.
Il primo annuncio pubblicitario a mezzo stampa risale al 1479, quando l’editore inglese William Caxton volle pubblicizzare i propri libri. Qualche secolo dopo, nella Parigi del 1630, si registra la nascita di un vero e proprio servizio pubblicitario: il signor Theophraste Renaudot aprì un ufficio e fondò una gazzetta per raccogliere messaggi pubblicitari a pagamento; vent’anni più tardi il suo esempio venne seguito in Inghilterra dove iniziò a uscire, con le stesse finalità, il Mercurius Politicus.
Da allora i fogli pubblicitari aumentarono di numero e comparvero in molti paesi; in Italia circolarono inizialmente nel regno dei Savoia e, nella seconda metà del Settecento, nel regno dei Borboni.
L’avanzare della rivoluzione industriale ebbe tra i suoi effetti il crescere del numero degli imprenditori, e di conseguenza il moltiplicarsi degli annunci pubblicitari: la produzione massificata di merce assegnava alla pubblicità un ruolo prioritario nella ricerca di nuovi consumatori e nel delineare la loro identità.
Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento la pubblicità aveva assunto un ruolo nella comunicazione sociale. Anche l’arte si confrontò con essa: pensiamo a Henri de Toulouse-Lautrec, uno dei primi pittori a intuire l’importanza di questa particolare applicazione, o al peso che la pubblicità ebbe sui contenuti stessi della corrente pittorica della pop art negli anni Cinquanta e Sessanta.
Prima che una campagna pubblicitaria prenda forma, vengono effettuate una serie di cosiddette indagini motivazionali per scoprire quali sono le ragioni in base alle quali le persone fanno le loro scelte. Poniamo di essere dei pubblicitari e che il nostro cliente, un produttore di automobili, ci chieda di sponsorizzare il suo nuovo modello di auto sportiva.
Per confezionare una pubblicità persuasiva non sarà sufficiente elencare tutti i pregi e le caratteristiche dell’auto che si vuole vendere: il messaggio sarebbe troppo ‘arido’. Dovremo invece farci aiutare da indagini di mercato e individuare la categoria di persone potenzialmente interessata ad acquistare un’auto sportiva, categoria che in gergo tecnico viene chiamata target.
Gli psicologici e i sociologi aiuteranno il pubblicitario nel suo lavoro indicandogli quale sensazione occorrerà trasmettere per convincere il target ad acquistare proprio quell’automobile, a quale stile di vita fare riferimento, quali corde dell’animo andare a toccare per essere persuasivi.
Infatti, se negli anni passati la pubblicità mirava a convincere all’acquisto di determinati prodotti puntando principalmente sulle caratteristiche degli stessi, ora essa tende piuttosto a stimolare l’adesione a un modello culturale, a una visione del mondo e a un modo di vivere: il prodotto reclamizzato assume così il valore di status symbol, ossia di simbolo di uno status sociale.
Per tornare al nostro esempio, invece di mostrare l’auto elencando la cilindrata, i cavalli del motore e il consumo di benzina, sarà più convincente e stimolante una pubblicità che spinga il consumatore ad abbracciare uno stile di vita: questo potrebbe realizzarsi tramite uno spot che mostri un guidatore o una guidatrice affascinanti, al volante dell’auto sportiva in pieno relax, su una strada sinuosa con alle spalle un panorama di yacht e barche a vela.
Per lavorare nel campo della pubblicità occorre avere dimestichezza con molte forme di comunicazione: da quella grafica a quella verbale, da quella sonora a quella ‘emozionale’. Il primo obiettivo è procurare uno choc, naturalmente positivo, al destinatario del messaggio, per indurlo a comprare un dato prodotto.
Grazie alle tecniche di comunicazione, i pubblicitari catturano l’interesse del futuro consumatore, lasciando nella sua mente un’impronta del messaggio, un ricordo più o meno vivido. Queste tecniche possono essere pericolose quando si ricorre (ma ciò oggi è proibito) alla pubblicità cosiddetta subliminale: per esempio, facendo lampeggiare in uno spot televisivo immagini che sono talmente rapide che pur sfuggendo alla percezione rimangono nel subcosciente e influenzano poi i comportamenti di spesa senza che la persona ne sia cosciente.
Una volta catturato l’interesse, bisogna però riuscire a mantenerlo sempre vivo e non permettere che si spenga: per tenere alta l’attenzione dei consumatori occorrerà ripetere molto spesso lo slogan in TV, o su cartelloni pubblicitari stradali, o in messaggi banner su Internet. Sarà utile soprattutto utilizzare sempre lo stesso simbolo, la stessa forma grafica e fare in modo che sia sempre la medesima persona, meglio se attraente o famosa (il cosiddetto testimonial) a sponsorizzare il prodotto, così da rendere il messaggio più ‘compatto’, riconoscibile e convincente.
Creare un messaggio pubblicitario richiede competenze specifiche e di alto livello: i mercati sono colmi di beni molto simili gli uni agli altri, i consumatori sono diventati esperti e sanno giudicare la reale qualità di un prodotto, e la concorrenza è sempre più incalzante. Tutto questo fa sì che ideare, scrivere, realizzare e immettere nel circuito comunicativo un messaggio pubblicitario richieda lavoro, spese e molto tempo.
Le tecniche pubblicitarie negli ultimi anni sono diventate sempre più efficaci grazie alla collaborazione di psicologi, sociologi, antropologi e linguisti, i quali, sulla base della conoscenza dei modi di pensare e dei comportamenti delle persone nelle loro varie manifestazioni, sono di aiuto ai pubblicitari per la realizzazione di un messaggio che arrivi al consumatore e sappia essere convincente.
Per confezionare un buon messaggio pubblicitario, inoltre, occorre operare in un team, in una «squadra». All’interno delle agenzie pubblicitarie esistono diverse specializzazioni professionali, indispensabili per una corretta campagna pubblicitaria: i copywriter, cioè gli autori del copy (il testo che argomenta il messaggio), lavorano a fianco degli art director, responsabili dell’ideazione e della produzione dei messaggi dal punto di vista creativo; i producer si occupano della fase tecnica di realizzazione dei messaggi mentre i media planner scelgono i mezzi di comunicazione più adatti a veicolare i vari annunci, a seconda del pubblico cui sono diretti (carta stampata, TV, radio, Internet o altro).
Inoltre non sarà sufficiente sponsorizzare un singolo prodotto: se si vuole guadagnare una costante fetta del mercato, sarà molto più utile rendere ‘fedeli’ i consumatori, cioè fidelizzarli come si usa dire nel gergo pubblicitario, non tanto al singolo prodotto, ma direttamente alla casa produttrice. Se il pubblico si convince che una data impresa è affidabile, attenta a soddisfare i bisogni della clientela, sarà di gran lunga più facile presentarne e commercializzarne anche altri prodotti, ora e in futuro.
La pubblicità può essere ingannevole: se non vi fossero regole certe e precise, si correrebbe il rischio di vedere in tv o per strada inviti pubblicitari che, traendo in inganno sulle reali qualità di una merce, spingerebbero a comprare un prodotto a scapito di un altro.
Se la pubblicità dice il falso non sono soltanto i consumatori a essere raggirati; anche la leale concorrenza subisce un duro colpo, dato che un’impresa onesta si trova a competere sul mercato con una rivale che lo è meno.
Il mondo della concorrenza è simile al mondo dello sport: avere un corretto atteggiamento sportivo significa saper competere ad armi pari, senza tirare colpi bassi all’avversario, senza imbrogliare, senza far ricorso a droghe. Chi vorrebbe gareggiare, per esempio, nella corsa dei 100 metri sapendo che alcuni corridori partono più avanti degli altri?
Per legge è ritenuta ingannevole qualsiasi pubblicità che, in qualunque modo, induca in errore le persone alle quali è rivolta e che leda un concorrente. Inoltre, la legge pone particolare attenzione alla ‘trasparenza’ della pubblicità, per evitare il fenomeno della cosiddetta pubblicità occulta: per esempio, ogni volta che un prodotto viene presentato all’interno di uno spettacolo (televisivo, sportivo o altro) non dedicato alla pubblicità, bisogna avvertire il pubblico che si sta, appunto, facendo promozione pubblicitaria.
Data la grande importanza della pubblicità nella vita odierna, si è avvertita la necessità di regolamentare questo settore così delicato, creando regole e leggi apposite: tali norme sono finalizzate a evitare che si verifichino episodi di concorrenza sleale fra imprese o che, peggio ancora, la pubblicità sia usata per trarre in inganno i consumatori.
In Italia, per regolare il settore, dal 1966 le principali agenzie pubblicitarie hanno adottato un Codice di autodisciplina pubblicitaria, avente lo scopo di assicurare una pubblicità «veritiera, onesta e corretta» sotto la vigilanza dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria. Secondo le regole dettate dal codice, la pubblicità non deve imbrogliareil consumatore con informazioni false o nuocere alla concorrenza.
Questo sistema di autoregolamentazione, però, con il tempo è diventato inadeguato, soprattutto perché le imprese pubblicitarie erano sostanzialmente libere di non autoregolarsi. Si è sentita quindi la necessità di creare una vera e propria autorità esterna e indipendente che controllasse il rispetto delle norme sulla pubblicità, norme che sono diventate obbligatorie per tutti: nel 1990 una legge ha istituito l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (detta Antitrust), incaricata, fra le altre cose, di vigilare anche sul rispetto delle norme della corretta pubblicità, e sanzionare i casi di pubblicità ingannevole con multe anche pesanti; nei casi più gravi, può denunciare il fatto alla magistratura.
L’Autorità però non può, nel campo della pubblicità, agire di propria iniziativa; occorre che qualcuno denunci una pubblicità ingannevole. La denuncia può essere fatta dai consumatori, singolarmente o attraverso le loro associazioni; anche le imprese possono denunciare comportamenti scorretti di altre imprese, e lo stesso possono fare le pubbliche amministrazioni.
La concorrenza deve essere protetta dalla pubblicità ingannevole, ma questo non vuol dire che la pubblicità non possa fare onesti paragoni fra i prodotti per mostrare al pubblico la reale convenienza del bene pubblicizzato: questa forma di pubblicità viene chiamata pubblicità comparativa: questo tipo di pubblicità, reso legittimo in Italia in tempi recenti, prevede paragoni tra prezzi, tariffe o qualità ben determinabili. Pensiamo, per esempio, alle numerose pubblicità comparative che illustrano le tariffe dei vari gestori telefonici: in questo caso non c’è nessun inganno, nessuna bugia. Anzi, il pubblico dei consumatori è facilitato nella scelta, perché può rendersi immediatamente conto e con chiarezza quale prodotto o quale servizio costa meno rispetto alle sue esigenze.
Presente in moltissime lingue, la parola pubblicità ha in ognuna di esse diverse sfumature di significato. In italiano, pubblicità deriva da pubblico e ha il principale significato di «rendere pubblico, rendere noto». Il corrispondente termine inglese advertising (da to advertise «avvertire») si focalizza, invece, soprattutto sul processo che porta il messaggio pubblicitario fino alla sua naturale destinazione, le orecchie del consumatore, avvertendolo del nuovo prodotto in commercio. Infine la parola francese réclame («richiamo»), usata a volte anche in Italia, mette soprattutto in evidenza l’aspetto del contenuto racchiuso nel messaggio pubblicitario.
Per evitare che la pubblicità possa essere socialmente nociva, dall’anno 2001 in Italia è vietata, per legge, la trasmissione di spot di alcolici nei quindici minuti che precedono e seguono trasmissioni destinate ai minori e, in ogni caso, tra le ore 16 e le ore 19, sia nelle trasmissioni radiotelevisive, sia al cinema. Inoltre, la pubblicità non potrà mostrare minori mentre consumano bevande alcoliche e nemmeno attribuire azioni terapeutiche a bevande alcoliche. Da molto tempo è vietata anche la trasmissione pubblicitaria di spot di sigarette. Più in generale, nella fascia protetta dalle 16 alle 19, i messaggi pubblicitari sono sottoposti a molteplici livelli di controllo, per ottenere una più completa tutela del pubblico giovane.
Non tutta la pubblicità è realizzata per fini commerciali: l’associazione Pubblicità progresso nasce nel 1971 con l’intento di contribuire alla soluzione di problemi morali, civili ed educativi.
Pubblicità progresso, da quando è sorta, ha promosso ben 28 campagne sociali, da «Donate sangue» a «Il verde è tuo, difendilo», da «Chi fuma avvelena anche te» a «Vai a trovare un malato». Ne fanno parte molte tra le più importanti componenti del mondo della comunicazione: utenti, organizzazioni professionali, imprese e organizzazioni di mezzi di comunicazione. L’attività di Pubblicità progresso ha avuto effetti importanti sul mondo della comunicazione, introducendo anche in Italia la cosiddetta pubblicità sociale. Lo scopo di questo nuovo tipo di messaggio pubblicitario è di sensibilizzare i cittadini e le istituzioni alle problematiche più importanti del mondo d’oggi, mostrando l’utilità e il grande potenziale della pubblicità anche per fini diversi da quelli di lucro.