PUBLILIO Siro
Schiavo, forse di origine antiochena, fu portato in Italia, dove con la sua bellezza e il suo spirito riuscì a conquistarsi la cultura e la libertà. Divenne così autore e soprattutto attore di mimi, portando in essi l'arguzia della sua razza. Già celebre in tutta Italia, Cesare lo volle nel 46 alla capitale, per dimostrare in gara con Decimo Laberio la sua abilità, e S. Girolamo pone nel 43 il periodo della sua maggior fortuna.
Improvvisatore, più che vero e proprio scrittore di mimi, la sua fama era naturalmente destinata a scomparire con lui; ma, se dei mimi che egli scrisse non ci sono rimasti che due frammenti, del Murmurco (Il brontolone) e dei Putatores (I potatori) - i versi de luxuria, che si trovano nel romanzo di Petronio (55) non sono probabilmente che una imitazione di cose sue -, il buon senso ch'egli sparse a profusione nei suoi mimi ci è stato conservato in una raccolta intitolata Senecae sententiae o proverbia, circa 700 senarî giambici o settenarî trocaici, resti di una raccolta alquanto più ampia in ordine alfabetico, che i due Seneca conobbero e citarono, giuntici attraverso varie redazioni contenenti ora l'uno ora l'altro gruppo di versi.
Bibl.: M. Schanz, Gesch. d. röm. Lit., I, 4ª ed., Lipsia 1927, pp. 259 segg. Per la bibl. v. anche F. Bernini, Studi sul Mimo, Pisa 1915 (Annali Scuola Normale, XXVII).