CORNELIUS, Publius
È uno dei fabbricanti di ceramica aretina più documentati e meglio noti, anche se la sua produzione non è ancora studiata sistematicamente. Anche gli scavi e i ritrovamenti in zone periferiche dell'Impero hanno restituito molti pezzi della fabbrica di C.: naturalmente la massa maggiore del materiale proviene dagli scarichi della officina di C. (a Cincelli), esplorata, anche se poco metodicamente, nel secolo scorso. Era un'industria assai vasta che basava il successo su criterî più quantitativi che di finezza del prodotto. Pare che essa sia riuscita ad assorbire le altre officine già attive nella zona Ponte a Buriano-Cincelli. In genere si ritiene che C. non fosse dotato di originalità inventiva, ma la massa più cospicua dei suoi prodotti, anche se non dimostra molta fantasia, è assai tipica. Ci sono tuttavia alcuni pezzi eccezionali che, se non fossero firmati da C., si riterrebbero opera di altra fabbrica, tanto puntuale è la concordanza con vasi di altre botteghe, da quelle di Rasinius e L. Annius a quella di M. Perennius. Del repertorio di quest'ultima officina, C. usa anche punzoni isolati, che impiega in maniera tutta particolare, staccandoli dal complesso cui appartenevano originariamente, mescolandoli con altri a lui proprî, senza riguardo al contenuto della scena da cui erano tolti.
Il fregio, nelle ceramiche di C., svela, in linea generale, intenti esclusivamente decorativi: le rappresentazioni di scene sono assai rare. Anche la figura umana, di cui l'officina ebbe una serie di tipi buoni sia per lavorazione che per invenzione, è usata in senso ornamentale ed è subordinata ad evidenti effetti decorativi. Le composizioni, pur nella loro semplicità, sono spesso ben riuscite, anche se ripetute frequentemente. Interessanti sono pure i vasi con decorazione vegetale e graziose certe applicazioni sul labbro dei vasi. Dal punto di vista tecnico, invece, i suoi prodotti sono spesso scadenti: il rilievo non di rado è ottenuto male, con affrettato distacco, le matrici sono consunte da un uso troppo prolungato e dalla poca durezza che conferisce loro l'impiego di un'argilla sabbiosa. L'impressione che deriva da questi dati circa il criterio di produzione in serie predominante presso C. è confermata anche dalla quantità e dalla qualità del vasellame liscio dalle cui marche di fabbrica possiamo anche farci un'idea del numero ingente di maestranze occupate. Si conoscono più di quaranta nomi di schiavi di C., ma soltanto di sette fra essi sono noti vasi a rilievi firmati: Antiocus, Bituhus, Eros, Faustus, Heraclida, Parides, Primus e Rodo. Non è possibile distinguere le particolarità dei singoli artefici: probabilmente i punzoni a figure e a motivi ornamentali erano usati in comune, mentre le parti del rilievo eseguite a mano libera sono troppo scarse per consentire una razionale ricerca dell'esecutore. Non è possibile nemmeno sistemare questi nomi in una successione: solo si può dire che Eros pare che appartenga ad una fase iniziale. Anche il modo com'è articolata la firma della ditta (soprattutto in due tipi) nulla dice in tal senso. Ci sono tuttavia non molti pezzi che portano una marca di tipo diverso, i quali possono ritenersi prodotti in un primo periodo e sono completamente diversi dalla restante produzione della bottega, sia per finezza tecnica, sia per la decorazione, che quasi sempre mostra stretti rapporti soprattutto con quella di un maestro di Bargathes (v. perennius, marcus) e con certi prodotti di Gneus Ateius (v.). Ma accanto a pezzi che dimostrano altre derivazioni puntuali, ci sono frammenti con motivi peculiari che non riappaiono più neanche nella produzione di Cornelius. L'unico nome di lavorante conservatoci per questa fase è - come si è già detto - quello di Eros. Parides firmò una matrice completamente bargatea, conservata al British Museum.
Il fatto che i prodotti di C. siano stati trovati in misura notevole negli scavi renani, la sagoma pesante ed elaborata dei vasi, altri dati di carattere tecnico e stilistico, portano a datare l'attività dell'officina nella fase seriore della produzione di Arezzo. Anche i rapporti e le riprese di motivi dal repertorio di altre officine confermano questa datazione. Il Dragendorff fa durare l'attività di C. da poco dopo la nascita di Cristo all'epoca tibetana. Ma la cronologia è forse suscettibile di mutamenti.
Il repertorio figurativo della produzione di C. è ampio e di varia tendenza. Fra le scene a "narrazione continuata" sono originali quelle con lotte fra animali, trattate naturalisticamente e con vivacità, le sequenze di piccole figure le quali, oltre che nella composizione originaria rappresentante probabilmente il mito di Marsia, sono anche impiegate isolatamente; la serie di altre piccole figure, della stessa scala di quelle citate, fra cui Demetra e Kore, con o senza Eros, e personaggi attorno ad un carro da trasporto, piccoli sigilla che sono accostati fuori di ogni preoccupazione narrativa, ecc. La già citata matrice di Parides è decorata con il corteggio di Dioniso e Arianna, uguale a quello che appare su vasi di Bargate. Nella serie dei vasi con decorazione non narrativa, Nikai, guerrieri, menadi con pantere, satiri, figure sacrificanti, ecc., si alternano a colonnine, vasi, tripodi, leontee appese, clave, composizioni floreali, teste d'Ammone, bucranî ecc. Particolarmente graziose sono le figurine di amorini e di putti, numerose nel repertorio di Cornelius.
I prodotti con fregio esclusivamente decorativo sono ampiamente documentati, sia che siano stati ottenuti con infinite variazioni d'impiego di moltissimi punzoni piccoli, sia con decorazioni continue di corone, ad es., o, in genere, di elementi vegetali. Questa parte della produzione di C. trova rispondenza e più evidenti assonanze coi prodotti dello stesso tipo della fase bargatea dell'officina di M. Perennius: non si può tuttavia parlare di dipendenza di un repertorio da quello dell'altra fabbrica: si tratta solo di effetti di una tendenza del gusto artistico di quel momento che si manifestano in entrambe le officine.
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