PUCCINI
– Famiglia di musicisti lucchesi attivi tra il XVIII e il XX secolo.
Sull’arco di cinque generazioni i figli maschi sopravvissuti si trasmisero impieghi e prassi, alimentando via via la consapevolezza di costituire una dinastia artistica, non senza frequenti riprese di composizioni del capostipite, Giacomo (da parte di Antonio e di Michele) e di Domenico (da parte di Antonio). L’idea della dinastia, che traspare anche dalla serie dei nomi di battesimo imposti all’ultimo Giacomo, venne infine tematizzata da Ferdinando Fontana nell’articolo Giacomo Puccini (in Gazzetta musicale di Milano, XXXIX (1884), pp. 381 s., 399).
La maggior parte delle composizioni dei primi Puccini è raccolta nel Fondo Puccini dell’Istituto musicale Luigi Boccherini di Lucca (donazione di Giacomo Puccini nel 1891). Salvo diversa menzione, i documenti citati nel seguito sono conservati a Lucca (le fonti d’archivio qui sottaciute sono esplicitate in La famiglia Puccini, 1992, 19932). Di seguito, ove non indicato, il luogo di nascita e di morte si intende Lucca.
Giacomo, il capostipite, nacque a Celle (oggi Celle dei Puccini, a Pescaglia) e fu battezzato il 26 gennaio 1712. Rimasto orfano del padre Antonio (Celle, 15 dicembre 1682-ivi, 25 dicembre 1716), nel 1719 si stabilì a Lucca con la madre Maria Isabella Giusti (Celle, 20 settembre 1692-Lucca, 18 agosto 1761) e il fratello Michele, in casa dello zio Domenico Puccini (Celle, 27 giugno 1679-Lucca, 4 ottobre 1758), canonico in cattedrale. Non si hanno notizie dei primi studi musicali, poi fu «allievo delle scuole di Bologna» (Archivio di Stato di Lucca, Legato Cerù, 171/1: M. Puccini, Della musica in Lucca […] Discorso […] 5 giugno 1863, c. 19v), più precisamente di Giuseppe Maria Carretti (Gervasoni, 1812, p. 240), probabilmente dal 1732 al 1734, quando risulta assente da Lucca. A Bologna conobbe padre Giambattista Martini, con il quale corrispose per molti anni (dal 1737 al 1774; lettere a Bologna, Museo della Musica) e al quale infine inviò un suo ritratto. Nel 1739 divenne «maestro di cappella del palazzo» della Repubblica di Lucca e nel 1740 organista in cattedrale. Alle due cariche, mantenute fino alla morte, ne aggiunse di simili in altre chiese lucchesi, e una frenetica attività come organizzatore e maestro di cappella, registrata in un Libro delle musiche annue ed avventizie (3 voll. superstiti, 1748-1781, proseguiti dal figlio Antonio fino al 1785; Archivio di Stato di Lucca). Funse da impresario per il Carnevale 1739-40 nel Teatro pubblico e da maestro nell’autunno seguente. Nel 1743 fu aggregato all’Accademia Filarmonica di Bologna (la prova di ammissione, un Vexilla a 4 voci, è conservata autografa ivi, capsa III, n. 75, e nel Fondo Puccini, G.41a).
Nel 1742 Giacomo sposò Angela Maria Piccinini (2 ottobre 1722-14 febbraio 1794), dalla quale ebbe otto figli, tutti morti infanti salvo Antonio, cui nel 1772 poté assicurare la «sopravvivenza» (ossia il subentro) nella carica di maestro di cappella del palazzo, e nel 1779 in quella di organista in cattedrale.
Morì il 16 maggio 1781 e fu sepolto in S. Romano in una tomba (in posizione centrale, tra i due organi) che aveva acquistato, rilevandola da un’altra famiglia Puccini, nobile, estinta: segno evidente del rango che aveva raggiunto.
Tra gli allievi di Giacomo vi furono alcuni contralti, due uomini e una religiosa (vedi i suoi Solfeggi in chiave di contralto, datati 1739, a Parma, Biblioteca Palatina, sezione musicale, Sanv.B.43), e secondo la tradizione anche Pietro Alessandro Guglielmi.
La musica sacra costituì la parte più cospicua del ricco catalogo di Giacomo: 27 messe brevi, un Requiem, 93 salmi, tra cui quelli per la festa dell’esaltazione della s. Croce (13-14 settembre) che Giacomo organizzava e concertava e che, per essere aperta a «qualunque perito professore», contribuì a diffondere il suo merito in tutta Italia (Gervasoni, 1812, p. 240). Celebre il Mottetto a 8 voci con strumenti obligati e due trombe e due corni da caccia (Fondo Puccini, G.45f), poi ripreso dal figlio Antonio e dal bisnipote Michele. Compose musiche per le Tasche, i comizi elettorali degli Anziani della Repubblica.
Michele, fratello di Giacomo (Celle, battezzato il 26 dicembre 1714-Lucca, 27 settembre 1782), avviato dallo zio Domenico alla carriera ecclesiastica, fu organista titolare in varie chiese, collaborò con il fratello nell’espletamento dei servizi musicali.
Antonio, figlio di Giacomo, fu battezzato il 30 luglio 1747. Iniziati gli studi musicali con l’abate Frediano Matteo Lucchesi, dal 1768 poté perfezionarsi a Bologna con Carretti e con Domenico Maria Zanardi grazie a un prestito d’onore concesso dal governo lucchese a suo padre, con la garanzia dello zio Michele. Lì conobbe la futura moglie, Caterina Tesei (Bologna, 1747-Lucca, 7 marzo 1818): ottima clavicembalista, cui è stato riconosciuto il merito di avere introdotto a Lucca «l’arte, la maniera e il portamento della mano» (Archivio di Stato di Lucca, Archivio Sardini, 175: J. Chelini, Zibaldone lucchese, X, parte II, p. 630), tenne concerti a Lucca e a Firenze (Archivio Sardini, 153: Id., Memorie dei miei viaggi. 1778 Bologna la prima volta), sostituiva all’occorrenza il marito all’organo (L. Nerici, Storia della musica in Lucca, Lucca 1879, p. 165) e si prestava come copista di musica. Dal matrimonio (1771) nacquero otto figli: Domenico (v. infra), premorto ai genitori, e sette femmine; tra le sopravvissute si ricorda Maria Giuseppa Isabella (18 settembre 1774-19 giugno 1826), pianista e assistente della madre. Nel 1771 Antonio fu aggregato all’Accademia Filarmonica di Bologna (la prova di ammissione, Exaltate regem regum, è conservata ivi, capsa IV, n. 137), anche grazie ai buoni uffici di padre Martini, cui era stato raccomandato dal padre (lettera del 16 dicembre 1770); nel 1778 fu invitato a presentare una composizione (Iste confessor, in Fondo Puccini, A.20h) alla festa del patrono dell’Accademia. A Lucca affiancava il padre, preparandosi a succedergli nelle cariche: per le due principali (a palazzo e in cattedrale) fu fissata per decreto la «sopravvivenza» (1772 e 1779). Caduta la Repubblica (1799), Antonio si trovò a operare in una situazione mutata: soppressi dai nuovi governanti Elisa e Felice Baciocchi la cappella di palazzo (1805) e gli enti religiosi, molti impieghi fissi cessarono. Continuò a comporre e organizzare le musiche per la festa della s. Croce: difese con determinazione quest’incarico, da cui fu infine giubilato nel 1820.
Pensionato nel 1825, Antonio morì il 10 febbraio 1832.
Il Repertorio di musica del Puccini (Istituto musicale Luigi Boccherini, O.IV.14), catalogo della biblioteca di famiglia (oltre 1150 unità bibliografiche) redatto da Antonio nel 1818, consente di completare il catalogo dei primi tre Puccini con composizioni perdute o non ancora rintracciate.
La produzione di Antonio, più contenuta di quella del genitore, comprende perlopiù gli stessi generi: di una celebre Messa da Requiem (Gervasoni, 1812, p. 241), «d’un gusto patetico e capriccioso» (Archivio di Stato di Lucca, Archivio Sardini, 165: J. Chelini, Zibaldone lucchese, I, p. 99), si ricorda l’esecuzione nel 1792 per i funerali di Leopoldo II.
Domenico, figlio di Antonio, nacque il 5 aprile 1772. Iniziati gli studi musicali in famiglia, poté proseguirli, grazie a una sovvenzione pubblica di cinque scudi al mese per cinque anni, prima a Bologna (1793-96) con padre Stanislao Mattei, poi a Napoli con Giovanni Paisiello (1797-99): l’illustre maestro gli rilasciò un attestato il 19 marzo 1799 (copia a Bologna, Accademia filarmonica, Collezione Masseangeli, cartella 58) prima del rientro in patria, affrettato dalla situazione politica napoletana (una lettera di Domenico scritta da Napoli al padre, dal 29 gennaio al 4 febbraio 1799, offre una cronaca dettagliata dei giorni della controrivoluzione e spiega che Paisiello, intenzionato a seguire la corte a Palermo, era però arrivato tardi al porto; cfr. L. Volpicella, L’anarchia popolare in Napoli nel gennaio 1799 raccontata da Domenico Puccini, in Archivio storico per le province napoletane, XXXV (1910), pp. 485-500). Al rientro in patria, affiancò il padre nella cappella di palazzo e all’organo in cattedrale (Antonio ottenne per lui la «sopravvivenza» nel 1804), poi dovette cogliere nuove ed effimere occasioni di impiego, direttore della cappella di camera di Elisa Baciocchi (1806-09) e della Cappella municipale (1811-15).
Nel 1805 sposò Angela Cerù (Camaiore, 8 settembre 1778-Lucca, 1865), musicista dilettante; dal matrimonio nacquero Giacomo Antonio (19 gennaio 1807- 1807/1808), Giacomo (7 luglio 1809-9 settembre 1819), Chiara (19 ottobre 1811-24 dicembre 1889) e Michele (v. infra).
I generi musicali praticati da Domenico riflettono il mutamento del quadro storico: alla musica da chiesa tradizionale e a due sole cantate per le Tasche si affiancano molte musiche d’occasione sia da camera sia en plen air, nonché molti Te Deum, tra i quali spiccano quello per doppio coro, strumenti e banda militare, eseguito l’8 giugno 1800 per la resa di Genova (partitura autografa a Torre del Lago, museo di casa Puccini), e quello che Domenico stava preparando per la pubblicazione della notizia dell’assegnazione del ducato di Lucca a Maria Luisa di Borbone (Fondo Puccini, D.7) e che Antonio, non sentendosi «atto a sostenere lo stile» del figlio, fece completare da Felice Ravani, allievo di Domenico. Molte cantate furono scritte su commissione di Elisa Baciocchi, come L’omaggio a […] Napoleone primo (Fondo Puccini, D.15f); altre sembrano concepite per cercare protezioni fuori Lucca, come le tre Cantate a due voci con accompagnamento di pianoforte […] a S.M. la regina d’Etruria, intonate su testi della concittadina Teresa Bandettini e presentate, in bella copia di Antonio, a Maria Luisa (Parma, Biblioteca Palatina, sezione musicale, Borb. 2750-2752; altra copia in Fondo Puccini, 16a-b, 17d). I salmi Domini est terra a 16 voci con strumenti obbligati e 2 orchestre (Fondo Puccini, D.1a) e Laudate pueri «a 8 senza veruno strumento sull’uso della Cappella pontificia» (cit. nel Repertorio di musica del Puccini) furono «fatti umiliare» a Pio VII, il primo in occasione del ritorno del pontefice a Roma (1815). Si ricorda anche la concertazione, nel teatro di corte, del Matrimonio segreto di Domenico Cimarosa con un cast di nobili dilettanti (gennaio 1807).
Domenico fu il primo dei Puccini a scrivere per il teatro: si ricordano, in particolare, il fortunato «dramma serio» Il trionfo di Quinto Fabio (libretto di Michelangelo Prunetti; Livorno, teatro dei Floridi, 19 maggio 1810; Bologna, teatro del Corso, 9 novembre 1811), per il quale ricevette i complimenti di Paisiello, e Il ciarlatano (Lucca, teatro Castiglioncelli, Carnevale del 1815), «commedia in musica» di Leonardo Guglielmo Buonavoglia, riproposta con successo negli anni Settanta del Novecento.
Morì il 25 maggio 1815 «poco dopo il mezzogiorno con precipitosissima malattia di sole 7 ore circa di fierissima colica» (così il padre, nel Repertorio di musica del Puccini). Un rescritto del capo del governo provvisorio su una supplica (stilata dal suocero) accordò alla vedova il mantenimento dello stipendio goduto da Domenico come direttore della cappella municipale «con facoltà di fare a suo tempo coprire il detto posto da uno dei figli del defonto Puccini, allorché sia divenuto abile nella scienza della musica», con l’obbligo di fornire nel frattempo un supplente (Archivio di Stato di Lucca, Segreteria Generale della Provincia, 92: Scritture del Protocollo, 109). Di fatto, i figli di Domenico essendo ancora piccini, provvide il padre, Antonio, a supplire il defunto maestro di cappella. Dal canto suo la madre, Caterina Tesei, assunse le lezioni di pianoforte che Domenico impartiva in città.
Michele, figlio di Domenico, nacque il 27 novembre 1813. Il nonno Antonio provvide alla sua formazione, letteraria e filosofica nei seminari di S. Martino e S. Michele, musicale con Domenico Fanucchi (pianoforte e armonia), poi con Marco Santucci (contrappunto). Grazie al sostegno del reverendo Stefano Cheli, nel 1834 poté recarsi a Bologna per perfezionarsi con Giuseppe Pilotti (nel 1836 fu aggregato all’Accademia Filarmonica presentando una Sinfonia: ivi, Compiti, 430) e nel 1839 al conservatorio di Napoli. Rientrato in patria, tentò invano, con suppliche al duca Carlo Lodovico di Borbone, di ottenere prima (1842) un contratto per un’opera al teatro del Giglio, poi (1847) un impiego fisso a corte. Aveva d’altra parte in serbo dal 1832 l’impiego di organista in Cattedrale, per la «sopravvivenza» del nonno, deliberata nel 1821. Nel 1843 fu nominato ispettore onorario dell’Istituto musicale fondato da Giovanni Pacini; negli anni fu titolare di varie cattedre: armonia teorico-pratica nel 1846, «scuola generale di principi elementari, concerto, accompagnamento numerico, armonia, composizione e servizio ecclesiastico» a turno con Giuseppe Rustici per la direzione della musica e accompagnamento dell’organo nel 1852, composizione e contrappunto; dal novembre 1862 fu anche direttore (aveva già fatto istanza per la stessa carica al granduca di Toscana il 29 giugno 1848). Come i suoi ascendenti ebbe anche altri impieghi fissi (come la cattedra di pianoforte all’Istituto femminile S. Ponziano) e incarichi occasionali.
Nel 1849-50 sposò Albina Magi (2 novembre 1830-17 luglio 1884); nacquero Otilia (23 gennaio 1851-9 marzo 1923), Tomaide (14 aprile 1852-24 agosto 1917), Temi o Zemi (5 ottobre 1853-1854), Nitteti (27 ottobre 1854-Pordenone, 3 giugno 1928), Iginia (19 novembre 1856-2 ottobre 1922), Giacomo (v. la voce in questo Dizionario), Ramelde (18 dicembre 1859-Bologna, 8 aprile 1912), Macrina (13 settembre 1862-4 gennaio 1870) e Michele.
È documentata un’attività politico-filantropica: dirigeva la banda della Guardia civica (1848), raccoglieva aiuti per i combattenti toscani (1848-52), si prestava come economo degli asili infantili di cui il cugino Nicolao Cerù (4 novembre 1815-27 giugno 1894) era assessore alla direzione. Con il cugino, che alla di lui morte divenne tutore degli orfani e sostenne Giacomo nei suoi anni milanesi, e con il comune amico Masseangelo Masseangeli condivideva l’interesse per la ricerca di autografi, in particolare musicali.
Michele ebbe una schiera di ottimi allievi: tra di essi Carlo Angeloni e il cognato Fortunato Magi ebbero un ruolo nella formazione di Giacomo. Per l’insegnamento scrisse un trattato di armonia (perduto) e un Corso pratico di contrappunto (1846, nel Museo Puccini di Celle). Si dedicò infine alla ricerca storica della musica cittadina: le sue carte stanno alla base della citata Storia della musica in Lucca (1879) di Luigi Nerici, altro allievo suo, alla cui scuola privata di musica furono affidati i piccoli Giacomo e Michele.
Morì il 23 gennaio 1864.
L’orazione pronunciata da Giovanni Pacini Ne’ funerali di Michele Puccini (Lucca 1864), da cui traspare un rapporto di amicizia sincera tra i due (confermato da un gruppetto di lettere conservate nella Biblioteca nazionale di Roma, Fondo autografi), è stata letta quasi come una predestinazione per il piccolo Giacomo. Non ci fu però «sopravvivenza» né per l’Istituto musicale né per l’organo di S. Martino: l’antica prassi fu rinnovata solo per una trascurabile confraternita.
La produzione di Michele è quasi esclusivamente ecclesiastica: come direttore della cappella dell’Istituto, per molti anni curò l’organizzazione dei servizi liturgici, in particolare per la festa di S. Croce, per i quali compose messe e salmi per grandi organici, eseguiti anche dopo la sua morte. Spicca un famoso Mottettone con piena orchestra (Istituto Luigi Boccherini, Fondo Musica sacra, 423) composto circa un secolo dopo il Mottetto del bisnonno che lui stesso aveva riproposto nel 1833. Ebbe rinomanza l’Ecce sacerdos magnus a 32 voci reali, commissionatogli per la visita di Pio IX a Lucca (copia omaggio a Roma, Accademia di S. Cecilia, Accademico, A.Ms.331). Rare le incursioni in altri generi: un’unica opera rappresentata (per una beneficiata), Giambattista Cattani, soggetto lucchese su libretto di Luisa Amalia Paladini (Lucca, teatro Pantera, 6 febbraio 1844); abbozzi di un Antonio Foscarini (forse l’opera che avrebbe voluto far rappresentare al Giglio nel 1842); e qualche composizione strumentale, tra cui un singolare Concertone per 5 strumenti e grande orchestra (Fondo Puccini, M.14).
Michele (battezzato Domenico Michele), ultimo figlio di Michele e Albina Magi, nacque il 19 aprile 1864. Avviato agli studi musicali nella scuola privata del Nerici come il fratello maggiore Giacomo, fu iscritto all’Istituto musicale nel 1873 nella classe di pianoforte. Per un periodo frequentò anche il Conservatorio di Milano, senza però diplomarsi. Si prestò spesso come copista per il fratello. Nell’ottobre del 1889 emigrò in Sudamerica: a Buenos Aires e poi a San Salvador de Juyui lavorò come musicista. Sue composizioni, prevalentemente del periodo degli studi, sono a Celle, Museo Puccini; altre sono state a volte attribuite al fratello (cfr. D. Schickling, Giacomos kleiner Bruder. Fremde Spuren im Katalog der Werke Puccinis, in Studi pucciniani, I (1998), pp. 83-94): il quale citò la gavotta e la melodia per «L’alba vindice appar» nel secondo atto di Tosca.
Morì di febbre gialla a Rio de Janeiro il 12 marzo 1891.
Fonti e Bibl.: Lucca, Istituto musicale Luigi Boccherini, Fondo Puccini; O.IV.14: Repertorio di musica del Puccini (1818).
C. Gervasoni, Nuova teoria di musica, Parma 1812, pp. 240 s.; La famiglia Puccini: una tradizione, Lucca, la musica (catal.), a cura di G. Biagi Ravenni, Milano 1992, Lucca 19932 (compendia la bibliografia anteriore al 1992); G. Biagi Ravenni, Diva panthera. Musica e musicisti al servizio dello stato lucchese, Lucca 1993, passim; Bibliografia degli scritti su Giacomo Puccini. Appendice: Gli altri Puccini, a cura di V. Bernardoni et al., in Studi pucciniani, I (1998), pp. 223-229; C. Comastri, Un paese, un santo, un musicista. La festa di san Valentino a Bientina nel Settecento e le cronache di Giacomo Puccini, Bientina 1999; F. Guidotti, Introduzione a Domenico Puccini. Sonate per organo, Lucca 2001; G. Biagi Ravenni, Dalle Tasche al Sairà: rivoluzione o cambiamento apparente?, in Lucca, 1799: due repubbliche, in Actum Luce, XXXII (2003), pp. 203-248; F. Guidotti - C. Comastri, «Il ridotto di quelle che maritar non puonsi». Documenti lucchesi per una storia della musica nei monasteri femminili, in Florilegium musicae. Studi in onore di Carolyn Gianturco, a cura di P. Radicchi - M. Burden, Pisa 2004, pp. 67-91, 93-136; Giacomo Puccini. Il martirio di san Valentino (1754), ed. critica a cura di C. Comastri, Pisa 2005; S. D’Argliano, La “Missa pro defunctis” di Antonio Benedetto Maria Puccini, tesi di laurea, Università degli studi di Pisa, 2006; Puccini e Lucca (catal.) a cura di G. Biagi Ravenni - G. Battelli, Lucca 2008; G. Battelli, Tesori di Giacomo Puccini a Celle. Casa Museo, Lucca 2010; N. Baragwanath, The Italian tradition & Puccini, Bloomington 2011, ad ind.; G.G. Otero, A 120 años de la muerte del ‘otro’ Puccini, 11 marzo 2011, http://www.mundoclasico.com/ed3/documentos/15652/anos-muerte-otro-Puccini (7 marzo 2016); F. Guidotti, «Musiche annue ed avventizie» in una città d’antico regime. Lucca al tempo dei primi Puccini, Lucca 2012; Id., I capricci di Bernarduccio. Aneddoti, umori e costume nel Diario musicale di Giacomo Puccini senior, Lucca 2013; G. Biagi Ravenni, Michele Puccini, primo storico della musica lucchese, in Codice 602, n. s., V (2014), pp. 61-70.