pudico
È p. chi ha il senso del pudore, il quale è uno ritraimento d'animo da laide cose, con paura di cadere in quelle; sì come vedemo... ne li adolescenti, che tanto sono pudici, da arrossire dove pure alcuna imaginazione di venereo compimento avere si puote (Cv IV XXV 7). È ancora il pudore che allontana le male tentazioni dalla pudica persona, e che esige anche correttezza di linguaggio: lo pudico... uomo mai non parla sì, che ad una donna non fossero oneste le sue parole (§ 9).
L'aggettivo assomma dunque in sé quelle doti d'integrità morale e di castigatezza di costumi che caratterizzavano la Firenze di un tempo, quale D. la vede attraverso l'accorata rievocazione di Cacciaguida: Fiorenza... / si stava in pace, sobria e pudica, " cioè in abito ed in atto onesto " (Ottimo, a Pd XV 99). Il significato del termine si restringe alquanto nella specifica allusione alle femmine di Barbagia contrapposte alle sfacciate donne fiorentine (Pg XXIII 95 e 101), mentre diventa più generico riferito alla mandra di anime che avanza nell'Antipurgatorio, pudica in faccia e ne l'andare onesta, " umile " (Sapegno; " dall'aspetto verecondo, schivo ", Rossi-Frascino) e composta nell'incedere (Pg III 87). Scartazzini-Vandelli rimandano al semplici e quete (v. 84), attribuito alle pecorelle cui le anime sono paragonate; il Tommaseo vede nell'aggettivo un " delicato elogio a Manfredi ch'è della mandria; ma di lui, vivente, non vero ".