pudore
Secondo D. il p. è una delle componenti della vergogna (v.), per la quale egli intende tre passioni necessarie al fondamento de la nostra vita buona: l'una si è stupore; l'altra si è pudore; la terza si è verecundia (Cv IV XXV 4; cfr. Arist. Rhet. II 6, e Tomm. Sum. theol. Il 41 4, citati da Busnelli-Vandelli).
Queste tre passioni sono tutte necessarie all'adolescenza, la cui esigenza d'essere rifrenato è soddisfatta appunto dal p., che D. definisce uno ritraimento d'animo da laide cose, con paura di cadere in quelle (§ 7); e infatti, quanti falli rifrena esto pudore! quante disoneste cose e dimande fa tacere! (§ 9; v. anche PUDICO). Il rapporto vergogna-p. è affermato anche in un altro passo del Convivio. Poiché le passioni dell'anima si manifestano soprattutto attraverso lo sguardo, alcuno già si trasse li occhi, perché la vergogna d'entro non paresse di fuori; sì come dice Stazio poeta del tebano Edipo, quando dice che " con etterna notte solvette lo suo dannato pudore " (III VIII 10: cfr. Theb. I 46 ss. " Impia iam merita scrutatus lumina dextra / merserat aeterna damnatum nocte pudorem / Oedipodes ").