PULPITO (pulpĭtum)
È in generale presso i Romani ogni piattaforma elevata su cui ci si posa per farsi vedere o udire: quindi in particolare il luogo dove siede il magistrato quando rende giustizia o presiede una cerimonia, o la scena su cui recitano gli attori. È soprattutto in quest'ultimo senso che la parola viene adoperata: lo sviluppo del pulpito è in questo caso strettamente connesso con quello del teatro (v.).
A cominciare dal Medioevo la voce pulpito è applicata, in Francia e in Germania, al supporto con la tavoletta (pluteo) su cui si legge o si scrive (fr. pupitre, ted. Pult). È, in sostanza, lo stesso mobile che vediamo già nella miniatura con il ritratto di Virgilio nel codice Vat. lat. 3867 (opera del sec. V). E si parla anche di pulpiti, a proposito di leggii da altare. Così sono pulpiti "corali" quelli su cui sono collocati i libri di coro. Ma noi riserbiamo a queste categorie di mobili il termine unico di leggio (v.) e applichiamo piuttosto la voce pulpito a quella sorta di palco che serve ai sacri oratori e che è la filiazione diretta dell'ambone (v.).
La voce pulpito è già usata nell'antichità cristiana in senso perfettamente uguale al profano: in quei passi dell'epistolario di S. Cipriano, dove si parla di pulpito (epp. XXXIV e XXXVIII), si allude a un palco di legno per i lettori simile a quello adoperato per le lezioni dei grammatici e per qualunque altro oratore. Ma poi, nella terminologia architettonica delle basiliche, prevale la voce ambone. Solo nell'avanzato Medioevo riprende vigore la voce pulpito, e ciò si può mettere in relazione con una maggiore complessità della liturgia, quando cioè s'introdussero delle devozioni particolari accompagnate da serie di prediche. L'ambone invece serviva più al canto del solista, alle letture dei sacri testi o alla predicazione del vescovo (connesse con la liturgia sacramentale); perciò si trovava nel recinto del presbiterio. Il pulpito è fuori del presbiterio, nel cuore della navata maggiore, e, generalmente, lo si vede addossato a un pilastro. Anche questo fatto, se badiamo all'Occidente (dove si avvera il grande sviluppo del pulpito), ci riporta alla chiesa a pilastri, cioè a un periodo non più antico del protoromanico. Il pulpito è anche chiamato "pergamo"; però questa denominazione tradisce l'origine umanistica; giacché la si vede applicata in perfetta analogia con l'appellativo poetico delle rocche e alture, volendosi parlare di luogo eminente, dove si custodiscono gl'ideali della fede. In Francia, nella denominazione di pulpito rimane sempre l'idea della cattedra: chaire. Così pure in Germania (Kanzel, sebbene etimologicamente ci si riannodi a "cancelli"). Difatti l'oratoria che si svolge dal pulpito non è necessariamente collegata all'azione liturgica; l'arricchisce e magari la interpreta, ma non ne è parte. Perciò, mentre gli amboni possono essere due (per la lettura dell'"Epistola" e per quella dell'"Evangelio") il pulpito è unico. Esso è il più delle volte sorretto da colonnine, riprendendo un tipo che, a partîre da quello di S. Sofia di Costantinopoli, doveva divenire caratteristico dell'arte bizantina.
Fra i più interessanti e più antichi esempî di pulpiti, citiamo quello del S. Ambrogio di Milano. Si tratterebbe, secondo P. Toesca di un rifacimento della fine del sec. XI, in cui entrarono pezzi (non molto più antichi però) che accennano ad un largo sviluppo dell'iconografia. In quanto all'aquila del leggio e alla strana figura d'evangelista (lavorate in lastra di rame) si potrebbero datare a epoca anche anteriore al secolo XI. Un altro pergamo romanico, veramente suggestivo, è quello della pieve di Gropina presso Loro Ciuffenna, in Toscana. Qui si potrebbe quasi parlare di uno stile tardo-longobardo, giacché vi ritornano tutti i motivi cari alle popolazioni barbariche e inoltre le figurazioni antropomorfe hanno l'identico tipo di quelle che appaiono sull'altare di Ratchis in Cividale, o al centro delle crocette auree trovate nei sepolcri longobardi. Ma le colonne annodate su cui appoggia il pulpito, sono le stesse che ritroviamo in chiostri d'arte lombarda del sec. XII, derivate da esempî orientali. Negli ornati che si svolgono sul balconcino, c'è a volte una regolarità esasperante (così nella serie di spirali affrontate), a volte una incoerente sistemazione. Anche se ciò è indizio di gusto paesano, riesce grandemente espressivo, giacché vi affiorano tutte le astruserie e tutti i terrori di un'epoca attraversata da molteplici influenze. Meriterebbero una lunga analisi i bellissimi pulpiti dell'Abruzzo, fra cui quelli di S. Maria in Valle Porclaneta presso Rosciolo (opera dei maestri Roggero e Nicodemo: 1150), di S. Maria del Lago a Moscufo (opera del solo Nicodemo: 1159), della chiesa di Cugnoli (opera dello stesso Nicodemo: 1166), del S. Pelino di Pentima (1168-1200), di S. Clemente a Casauria (forse contemporaneo al precedente), di S. Angelo a Pianella e di S. Giusta di Bazzano presso Paganica (seconda metà del sec. XII), di S. Nicola a Prata Ansidonia (1240), ecc. In questi pergami d'Abruzzo l'organismo ha spesso un'alta dignità architettonica e la scultura è di sapiente modellazione; anzi, in talune parti manifesta financo del virtuosismo. Le figure hanno masse tondeggianti, gli ornati hanno vivi effetti chiaroscurali. Ed è nella decorazione (a non parlare degli archetti trilobi, esistenti, p. es., nel pulpito di Moscufo) che più si scorge un influsso dell'arte musulmana. Bene osserva il Toesca che nella scultura dell'Abruzzo medievale non mancarono riflessi della vicina Campania, dell'arte dei marmorarî romani, e soprattutto della scultura pugliese.
Proprio nelle Puglie continua la serie dei bei pulpiti scolpiti ora con chiare riquadrature e delicatissimi ornati di scarso rilievo, quasi agemine (pulpito di Canosa, dello scultore Accetto; prima metà del sec. XI), ora invece riprendendo il tipo di fregi a contrasti chiaroscurali e sottigliezza di lavorazione (pulpito della cattedrale di Troia, già in S. Basilio; metà del sec. XII), ora mescolando grossi modi romanici con esuberante applicazione di temi decorativi bizantini e barbarici (pulpito della cattedrale di Bitonto; maestro Niccolò: 1229). Il pergamo di Barletta è purtroppo assai rifatto; il santuario garganico ha resti di un altro pulpito di Accetto (1041). Sull'altro versante, a partire dal Lazio meridionale e fino alla Sicilia, è una serie di pulpiti con sculture e musaici. Questi ultimi ora intarsiano gli specchi e le cornici marmoree (p. es.: a Sessa Aurunca, 1224-59, o nella Cappella Palatina di Palermo, sec. XII), ora servono anche di fondo alle sculture formando quasi giganteschi cammei (come nel pulpito della cattedrale di Ravello, opera di Nicola da Foggia, 1272). In questi musaici, vi è il risalire delle maniere arabizzanti, fino all'incontro coi modi dei marmorarî romani (la cui arte vigorosa si annuncia, per es., nel pulpito di Terracina, sec. XII).
Nei pulpiti della Toscana, ora predominano grandi figurazioni di forte bassorilievo narranti le sacre storie; ora invece si preferisce un'armonia di superficie piane, su cui spicca un lavoro d'intarsio, ovvero dei campi di ornato piatto, quasi ricamo disteso sulla pietra. Diamo tre esempî corrispondenti: pulpito della Collegiata di Barga (sec. XIII); pulpito di S. Giovanni Maggiore, presso Borgo S. Lorenzo (sec. XII); pulpito di S. Miniato al Monte (inizî sec. XIII). Il toscano maestro Guglielmo (seconda metà sec. XII) compose belle figurazioni per il pulpito della cattedrale di Cagliari, ove su fondi intarsiati da fiorami passano i personaggi delle storie evangeliche, quasi attori di una sacra rappresentazione. Ormai l'iconografia dei pergami si è straordinariamente arricchita: non basta più il simbolo dell'evangelista Giovanni (l'aquila) a supporto del leggio, ma si vogliono complesse scene e poi si aggiungono tanti altri membri, per es., i leoni sotto le colonnine. La loggia finisce con l'essere poligonale per accogliere più figurazioni; e poi ne verranno anche negli estradossi degli archi sulle colonnine, e vi saranno statuette sugli spigoli dell'ottagono, e altre sporgeranno financo dalla base del supporto centrale. Questo tipo assai complesso, che dà il maggior campo all'altorilievo e alla scultura di tutto tondo, lo si vede soprattutto nei pergami di Nicola Pisano (v.) entro il battistero di Pisa (finito nel 1260) e nel duomo di Siena (1265-1269).
Ripercorrendo l'Italia settentrionale, è opportuno ricordare i pulpiti delle cattedrali di Modena e di Piacenza. A Modena la loggetta con figure entro una successione di nicchie gotiche dev'essere opera di maestri campionesi (prima metà sec. XIII). A Piacenza (cattedrale) v'ha distinzione fra gli amboni sporgenti dal piano rialzato del presbiterio (appartenenti al periodo romanico), e il pulpito, più tardo, addossato a un pilastro e sorretto da archivoltini su colonne. Veri amboni sono quelli del S. Marco di Venezia, giacché sono in numero di due e avvicinano il presbiterio. E ambone è pur quello della cattedrale di Grado, sebbene unico. Giacché il mascheramento del presbiterio a mezzo dell'iconostasi, obbliga a mettere al di fuori l'ambone, ma lo si colloca sempre in vicinanza dell'iconostasi (quest'ultima è ora a Grado scomposta e pressoché dispersa). Si veda l'esempio della basilica di Torcello, dove l'ambone ha pure un bellissimo ornato sul fianco della scaletta, che si deve forse attribuire al sec. XI. Molte volte nei pergami citati nel litorale Tirreno dell'Italia meridionale resta il dubbio se si debbano qualificare come pulpiti, o come amboni.
Una nota a parte merita il pulpito della chiesa superiore del Sacro Speco a Subiaco. Si tratta di una loggia tonda sporgente dalla parete. Ha un ornato a lacunari con rosoni e croci greche in vigoroso rilievo, di un disegno che preannunzia il gotico. La fattura dell'aquila posta sotto il leggio apparenta questo pulpito con gli altri esempî delle Puglie e dell'Abruzzo (cfr. G. Giovannoni, I Monasteri di Subiaco, I, Roma 1904, pp. 392-393).
Lungo sarebbe il ricordare sia pure i più significativi esempî di pulpiti del periodo gotico in Italia e fuori. Ricordiamo tuttavia quello trecentesco di S. Chiara di Napoli (purtroppo rimpasticciato nel sec. XVIII) che si distingue per tre magri bassorilievi con storie di martiri. Fuori d'Italia non vogliamo tralasciare un'opera che respira il classicismo e che tuttavia è del 1230: il pulpito del duomo di Wechselburg in Sassonia. Una vigorosa modellazione hanno le figure del Cristo, della Madonna e di S. Giovanni che vi si mostrano sul lato anteriore. Ma ancor più potenti sono il "sacrificio di Abramo" e la scena di Mosè e il serpente figurati sui fianchi.
È fuori d'Italia che ha il più grande sviluppo il pulpito nel periodo dell'arte gotica. In Francia, dove se ne ammirano straordinarî esempî, non si risale peraltro ad età più antica del sec. XV. Di questi pulpiti del gotico "fiammeggiante" citiamo quello della cattedrale di Strasburgo. La loggia sostenuta da esili supporti con collegamento di archetti polilobati, ha tutta una serie di edicole cuspidate, con entro figure di santi. Il pulpito è coperto da baldacchino denso di cuspidi. La scala ha intrecci di rosoni e si ravvolge attorno al pilastro cui s'addossa il pulpito. L'opera è del 1486. Anche dall'esterno delle chiese sporgono pulpiti, e un tipo interessante è quello della chiesa di Vitré (Ille-et-Vilaine). È coperto da baldacchino a cuspide poligonale ed è piuttosto semplice. Il de Lasteyrie lo crede anche più antico del sec. XV. Altri begli esempî del tardo periodo gotico si potrebbero citare nella Spagna.
Il Rinascimento italiano ha creato magnifici pergami, e fra di essi ha grande bellezza quello eseguito da Benedetto da Maiano per S. Croce in Firenze. Qui, come si farà comunemente più tardi, è concepito il pergamo come loggetta del pilastro. E anzi narra il Vasari (nella Vita dell'artista) che Benedetto dovette contrastare con gli operai di Santa Croce: "perché volendo appoggiare detto pergamo a una colonna che regge alcuni archi che sostengono il tetto, e forare la detta colonna (è, in realtà, un pilastro) per farvi la scala e l'entrata del pergamo, essi non volevano, dubitando ella non s'indebolisse tanto col vacuo della salita, che il peso non la sforzasse, con gran rovina d'una parte di quel tempio". Benedetto da Maiano prese delle precauzioni e l'opera andò avanti con garanzie per tutte le ragioni statiche.
Pure a Firenze, in S. Maria Novella, è il pulpito disegnato dal Brunellesco ed eseguito da Andrea di Lazzaro Cavalcanti detto il Buggiano. Semplice come organismo architettonico, questa loggetta circolare su mensola conica, si ammira soprattutto per gli specchi con scene sacre. Si ascende al pulpito per una deliziosa scaletta che aggira il pilastro d'appoggio. All'esterno del duomo di Prato vi è un pulpito costruito per farvi l'ostensione della Sacra Cintola. Severamente immaginato come architettura, vive per i suoi "giuochi di putti" di leggiadria incomparabile. Al di sopra è un'ampia copertura tonda e lacunari. Quest'opera egregia è dovuta a Donatello e a Michelozzo. Donatello con Bertoldo di Giovanni formarono i due pulpiti di bronzo del S. Lorenzo di Firenze: si tratta di palchi rettangolari sorretti ognuno da quattro colonne. Ma sui parapetti si dispiega un prodigio di sacre storie, con particolari copiosi che esorbitano financo dalle incorniciature.
Sono notevoli altri pergami del Rinascimento, come, ad es., quello eseguito da Mino da Fiesole e Rossellino per il duomo di Prato, o quello scolpito da Geremia da Cremona per il duomo della stessa città, o l'altro già del duomo di Altamura nelle Puglie e poi conservato nella biblioteca del luogo.
Contrariamente a quanto si può immaginare, il tardo Cinquecento e il Seicento non hanno dato grandi sviluppi al pulpito. Le più tipiche chiese della Controriforma in Roma, hanno pulpiti semplicissimi. Altrove domina pure il tipo a loggia di marmo intarsiato o di legno, ma con partiti molto severi. Non si vuole tuttavia trascurare la menzione di uno stupendo e storico pulpito. È nella chiesa dei Ss. Martiri in Torino. Su di esso (lavorato forse agli inizî del '600) salirono quaresimalisti di fama, come il padre Daniello Bartoli e Paolo Segneri. Al centro della loggia splende il monogramma di Cristo, che è adorato da due angeli. I puttini, le cariatidi e gli altri manieristici fregi, sia nella loggia sia nel baldacchino, hanno alcunché di esuberante, ma si mantengono sempre su di una linea di tradizione classica. Nell'Italia meridionale, un notevole pulpito della Controriforma è quello della cattedrale di Messina, eseguito dopo il 1583, sembra, dal Calamecca. Si tratta di una coppa ottagona su alto pilastro quadrato. Negli specchi aggettano figure di apostoli e di evangelisti. Curioso notare che gli ornati hanno forme ritardate, giacché per tipo e per fattura appartengono all'arte della fine del sec. XV o inizî del XVI (su questo pulpito, v. S. Bottari, Il Duomo di Messina, Messina 1929, p. 44). Citiamo altri esempî del pieno '600: a Chioggia (Venezia) il pulpito costruito da Bartolo Cavalieri e C. Negri è un grande balcone rettangolare con ornati brevi su campi lisci (si direbbero di gusto neoclassico). Al disotto si vedono grandi talamoni che ancora perpetuano le maniere della grande scultura veneta del '500. Il baldacchino imita quelli di stoffa rettangolari a pendoni con fregi e stemmi ricamati. Anche ad Asso (Como), in un monumentale pulpito tutto di noce, la loggia è tenuta da massicci talamoni, che però sono goffi e invadenti. La decorazione dei parapetti è trita. Vi si scorgono edicole con santi e scene varie. Sugli spigoli si abbinano colonnine tortili (cfr. C. Ricci, Architettura barocca in Italia, Torino 1922, tavv. 93-94). Qui e nel Piemonte c'è la grande tradizione della scultura in legno. Si vedano i numerosi pulpiti in provincia di Biella riprodotti da G. Ferrari, Il legno nell'arte italiana, Milano s. a., tavv. XL-XLIII. Sono tipi a bicchiere poligonale, tritamente decorati. Si noti che ormai il pulpito ha definitivamente abbandonato il leggio e vi ha sostituito il Crocefisso.
Per quanto riguarda l'ultimo periodo del barocco, cioè il rococò, i tipi più caratteristici debbono cercarsi oltralpe. Qui si assiste anche al più grande sviluppo della copertura che va dalle forme a diadema sino a trasformarsi in un vero secondo ordine con grande sviluppo verso l'alto. Nella Svizzera tedesca e in Germania il pulpito è spesso una costruzione imponente. Basti ricordare quello della Marienkirche di Berlino, opera di Andrea Schlüter (1703). È appoggiato a un gruppo di colonne binate, e sostenuto da figure di angeli. Sul baldacchino stanno figure simboliche e poi si slancia verso il cielo, in linea obliqua una gloria di osannanti cherubini. Ancora più fantastico il pulpito della chiesa di Ottobeuren (1760) che rivaleggia con le più spettacolose "invenzioni" per le feste del tempo. Si comincia dal pavimento dove sono alcune statue che sorreggono la loggia e poi si vedono attorno a questa molti angeli svolazzanti. Indi, sul baldacchino, è un aggregato di personaggi celesti attorno a un santo e, in cima, sporge il busto dell'Eterno Padre. Un esempio di fare più largo, ma di somigliante complessità, è nella chiesa del monastero di Vorau nella Stiria. In Italia, ad es., nel duomo di Udine, l'arte degli intagliatori veneti ha raggiunto il vertice; nelle volute, nei fregi, nelle figurazioni passa davvero un soffio di musicalità.
L'arte neoclassica e la moderna non hanno lasciato esempî di molto interesse. Segnaliamo un tipo di pulpito trasportabile che cerca di ovviare agl'inconvenienti di un ambiente molto sordo. È il pulpito ligneo della chiesa di S. Ignazio in Roma, il quale ha per sfondo un conchiglione che raggiunge un bell'effetto decorativo e insieme proietta le onde sonore. Nel tempio votivo di Cristo Re in Roma, l'arch. M. Piacentini ha ideato una semplice loggetta con scala, tutta in verde antico d'Italia, priva di qualunque decorazione anche di semplici sagome. L'ornato è ottenuto con l'adozione del marmo di colore.
V. tavv. CXVII-CXXIV.