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PURGATORIO

di Enrico ROSA - Luigi GIAMBENE - - Enciclopedia Italiana (1935)
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PURGATORIO

Enrico ROSA
Luigi GIAMBENE

. Secondo la dottrina cattolica, è un luogo o stato di espiazione e pena temporanea, in cui le anime dei giusti, morti nello stato di grazia ma non ancora mondi in tutto o del reato di colpe veniali o di quello di pena per le colpe mortali già rimesse, pagano il loro debito alla giustizia divina, prima di essere ammessi al premio della felicità eterna. L'esistenza di esso è una verità di fede, definita dai concilî di Firenze e di Trento (3 dicembre 1563, sessione XIV, decret. De Purgatorio), e suppone tre punti di dottrina: 1. esiste per i giusti uno stato di pena transitoria, intermedio tra lo stato degli eletti e quello dei dannati, finché non abbiano soddisfatto interamente al debito delle loro colpe; 2. la natura di queste pene è di essere espiatrici o "purificatrici", come sono chiamate dal Concilio di Firenze; 3. vi ha possibilità per i fedeli di aiutare con i loro suffragi, ossia le loro opere meritorie (preghiere, elemosine, penitenze, e soprattutto col sacrificio della messa), le anime che sono trattenute nel purgatorio a pagare il loro debito, soddisfacendo per esse alla giustizia di Dio, e affrettando quindi la loro introduzione alla gloria.

Fuori di questi tre punti, nulla vi è di definito, né circa il luogo e la qualità di queste pene, né circa la loro intensità o causa fisica, sebbene l'esistenza e l'azione di un "fuoco purificatore" sia comunemente ammessa dai teologi (non come dogma, bensì come dottrina teologica), e sia biasimata l'esagerazione degli orientali (scismatici), che condannano questa dottrina teologica sul fuoco del purgatorio come una innovazione e un errore nella fede. Di che fu largamente discusso tra Greci e Latini nel citato Concilio di Firenze. Nel Concilio di Trento poi fu raccomandato di evitare a questo proposito, nei discorsi popolari segnatamente, "le questioni più difficili e sottili" che non giovano alla edificazione né alla pietà; non divulgare cose incerte o inverosimili, e molto più evitare tutto ciò che sa di curiosità, di superstizione o d'interesse, come occasione d'inciampo o di scandalo ai fedeli.

Questa dottrina, corrispondente ai sentimenti più alti dell'anima umana, col suo potente richiamo alla sopravvivenza dei defunti ed alla speranza di partecipare con essi alla felicità di una nuova vita, non incontrò nella chiesa cattolica se non pochi eretici insorti a negarla: tali un Aerio, ricordato da S. Epifanio (Haer., LXXV) nel secolo IV, alcuni nestoriani e Armeni nel secolo seguente, poi, nel Medioevo, i cosiddetti "apostolici" combattuti da S. Bernardo (In Cant., XXVI, 9-11), i valdesi, gli enriciani, e più radicalmente i catari o albigesi come derivazione dei manichei, fino al protestantesimo, che della negazione finì per fare uno dei capisaldi della sua dottrina. Dopo molte esitanze, ritrattazioni e contraddizioni, Lutero respinse violentemente la dottrina cattolica della espiazione, troppo opposta alla sua della giustificazione per la sola fede e della inutilità quindi delle buone opere nei vivi, nonché dei suffragi per i morti; e più ancora Calvino, che la denunziò come un exitiale satanae commentum. Altri poi ammisero che gli antichi pregassero per i morti, ma pretesero che ciò fosse solo a conforto e ammaestramento dei vivi. Ai nostri giorni molti, tra i protestanti liberali, sostengono che l'idea del purgatorio, proposta vagamente da Origene, ripetuta dai dottori cappadoci (Basilio, Gregorio di Nissa, Gregorio Nazianzeno) e da altri padri greci, passò fra i latini a S. Ambrogio, indi a S. Agostino che l'ammise come ipotesi, mentre Cesario di Arles l'accettò come realtà e Gregorio Magno la diffuse per tutto l'Occidente. Ciò è già un riconoscerne in qualche modo la tradizione patristica, che è pure additata dal Concilio di Trento, come uno dei precipui fondamenti dogmatici della credenza. Ma il primo fondamento è nell'autorità della Scrittura Sacra.

Nell'Antico Testamento (oltre gl'indizî che se ne possono scorgere in passi quali I Samuele [Re], XXXI, 13; II Sam. [Re], I, 12; Tobia, II, 3 segg.; IV, 18, circa l'onorare con opere buone la memoria dei morti) esiste la testimonianza classica di II Maccabei, XII, 39-46, dove si narra che Giuda Maccabeo, dopo la sua vittoria su Gorgia, avendo scoperto sotto la tunica dei soldati caduti in battaglia degli oggetti idolatrici, volle espiata per essi quella colpa di violazione della legge, ordinando preghiere ai superstiti e facendo anche una colletta di 12.000 dramme d'argento, che spedì a Gerusalemme "perché si offerisse un sacrificio per i peccati di quei defunti, rettamente e piamente pensando intorno alla risurrezione... e considerando che per quelli che piamente erano morti, stava riserbata una grande misericordia". E la conclusione del sacro scrittore diverrà poi quella del cattolicismo: "Santo dunque e salutare è il pensiero di pregare per i defunti, affinché siano sciolti dai loro peccati".

Alla luce di questa testimonianza si illuminano anche passi meno espliciti del Nuovo Testamento: tali quello di Matteo, XII, 31, dove si suppone che si diano colpe remissibili nel secolo futuro, cioè nell'altra vita; l'altro di Matteo, V, 35, dove si accenna alla prigionia da cui il debitore non uscirà prima di avere pagato fino all'ultimo obolo; quelli di S. Paolo (I Cor., III, 10) dove si parla di una pena incorsa per colpe che non separano da Cristo e sono espiate nell'altro mondo prima della ricompensa eterna, e (I Cor., XV, 29) dove si allude al "battesimo per i morti", cioè ad una purificazione loro applicata, e quindi si suppone il "purgatorio" (per altri testi cfr. Bellarmino, De Purgatorio, I, iv-viii).

I Padri antichi attestano la tradizione della Chiesa; le loro testimonianze vanno, fra i Latini, da Tertulliano (come in De anima, De monogamia, ecc.; cfr. A. D'Alés, La théologie de Tertullien, Parigi 1905, p. 133 segg.) a S. Cipriano, a S. Agostino, a Cesario di Arles, a S. Gregorio Magno e altri, come riconoscono gli stessi protestanti; e fra gli Orientali, da Clemente Alessandrino e da Origene, il quale esagerò anzi la dottrina della espiazione dopo la vita presente, come è noto, fino a supporla per tutti i maggiori colpevoli (apocatastasi), ai Padri cappadoci suddetti, concordi nell'idea della espiazione (non nel senso origeniano), a Cirillo di Gerusalemme nelle sue Catechesi, a S. Giovanni Crisostomo nelle sue omilie, massime quanto al pregare per i morti. E su questo ultimo punto segnatamente occorrono le molteplici testimonianze delle liturgie diverse, anche le più antiche orientali e latine "per quelli che riposano in Cristo"; e non meno dimostrative quelle delle iscrizioni, degli epitafî in particolare, dalle formule lapidarie agli umili graffiti ed alle semplici invocazioni popolari del "refrigerium"; documenti della fede pubblica e costante della Chiesa fino dai primi secoli. I protestanti, non potendo negare i documenti, negarono in questo proposito autorità ai Padri antichi, ed infine alla Chiesa stessa dei primi secoli, ai quali avevano protestato di voler fare ritorno, come già Lutero, non potendo eludere la testimonianza del libro dei Maccabei, passò a negarne l'autenticità canonica. In seguito, procedendo contro la tradizione cattolica fino a negare l'eternità delle pene secondo l'apocatastasi origeniana, s'indussero ad ammettere l'"inferno temporaneo"; il che faceva dire a J. De Maistre che se prima non volevano sapere nulla di purgatorio, dopo non volevano altro che il purgatorio.

Contro i protestanti, il maggiore apologeta della dottrina cattolica sul purgatorio fu S. Roberto Bellarmino (cfr. Defensio pro libris de Purgatorio, ill.mi Roberti Card. Bellarmini, a rethoribus posnaniensibus adversus Rabulam Vitebergensem et Lituanum ministrum suscepta, Poznań 1600), seguito poi da tutta una schiera di teologi, scolastici e positivi. Ma questi non si contentarono di attenersi alla sostanza del dogma o verità di fede definita, ma si estesero a molte altre questioni di minore importanza e anche di varia probabilità o minore certezza, come sulla graduazione e la durata delle pene, sull'esistenza e la natura del "fuoco purificatore", non metaforico ma fisico, e simili.

Bibl.: Oltre alle opere citate, cfr. le fonti, Denziger-Banwart, Enchiridion symbolorum et definitionum, ecc., Friburgo in B. 1928; Rouet de Journel, Enchiridion Patristicum, Friburgo in B. 1911; L. Allacci, De utriusque Ecclesiae occidentalis atque orientalis perpetua in dogmate de Purgatorio consensione, Roma 1655. Per la dottrina teologica, cfr. R. Bellarmino, De Purgatorio, in De controversiis christianae fidei, II, Venezia 1599; B. Jungmann, De novissimis, Ratisbona 1871; L. Atzberger, Die christliche Eschatologie in den Stadien ihrer Offenbarung, Friburgo in B. 1890; Fr. Schmid, Das Fergfeuer nach katholischen Lehre, Bressanone 1904; Th. Villanova Geester, Purgatorium iuxta doctrinam Seraphici Doctoris S. Bonaventurae, Torino 1932.

Confraternite del purgatorio.

La pietà verso le anime del purgatorio ha ispirato in ogni tempo i fedeli a riunirsi per suffragarle: e poiché era questo uno degli scopi principali che si proponevano le associazioni medievali (fraternitates, confratriae, geldoniae), un gran numero di esse vengono dette da molti autori antichi "confraternite del purgatorio". Poi se ne stabilirono di quelle che avevano per unico fine il sollievo dei defunti, e si può dire che ora non v'è città ove non esista una o più di queste confraternite di carattere locale. La Chiesa ad alcune di esse ha accordato la facoltà di poter essere erette in qualunque luogo, secondo certe norme. Le più note e diffuse sono: 1. Arciconfraternita in suffragio delle anime del purgatorio sotto il titolo dell'Assunzione in S. Maria di Monterone a Roma, fondata nel 1841, dichiarata arciconfraternita e arricchita d'indulgenze da Gregorio XVI (1841), e di molti privilegi da Pio IX (1861, 1863) e da Leone XIII (1892); 2. Arciconfraternita della Madonna del Suffragio, fondata nel 1857 a Nîmes in Francia, che oltre a procurare preghiere per i morti, si propone di pregare per i vivi e recar loro soccorsi spirituali dopo la morte; Pio IX le accordò indulgenze (1858) e l'elevò al grado di arciconfraternita (1873); 3. Opera espiatoria di nostra Signora di Montligeon, fondata nel 1884 dal parroco Paolo Buguet in La Chapelle-Montligeon (Orne, Francia) per soccorrere le anime più abbandonate del purgatorio mediante la celebrazione di messe; Leone XIII la dichiarò prima-primaria (1895) e Benedetto XV le accordò indulgenze e privilegi proprî (1918); pubblica un bollettino mensile in diverse lingue.

Vedi anche
indulgenza Secondo la dottrina cattolica, la remissione innanzi a Dio della pena temporale per peccati già cancellati, per quanto riguarda la colpa, con la confessione sacramentale; il fedele debitamente disposto e a determinate condizioni l’acquista per intervento della Chiesa (Cod. iur. can., can. 992). Si tratta ... valdismo Movimento religioso originato in Francia nel 12° sec. e confluito successivamente nella Riforma protestante. 1. Le origini Il movimento valdese trae origine dall’attività di un mercante lionese, Valdo (o Valdesio), nato verso il 1140. Nel 1176 un avvertimento celeste avrebbe indotto Valdo alla conversione: ... limbo Nella concezione teologica cattolica, il luogo e lo stato riservati dopo la vita a coloro che sono morti con il debito del solo peccato originale. Il termine (letteralmente «orlo») cominciò a essere usato dai primi commentatori di Pietro Lombardo (12° sec.), ma già in precedenza la questione delle anime ... Firenze Comune della Toscana (102,4 km2 con 364.710 ab. nel 2008), capoluogo di provincia e della regione, situato a un’altezza media di 50 m s.l.m., all’estremità sud-orientale di un bacino intermontano, percorso dall’Arno, nel quale sorgono altre due importanti città: Prato e Pistoia. Il fiume, che divide ...
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