PYTHAGORAS (Πυϑαγόρας, Pythagoras)
1°. - Scultore greco, a quanto sembra esclusivamente bronzista. Originario di Samo, fu probabilmente uno di quei Samî che, nel 496 a. C., si trasferirono nell'Italia meridionale ove furono accolti da Anaxilas, signore di Reggio; quivi il giovane P. divenne discepolo, secondo la tradizione, dello scultore Klearchos. Tutto ciò spiega perché P., che dalle fonti antiche è indicato come P. di Reggio, si firmasse P. di Samo sulla base della statua del pugile Euthymos ritrovata a Olimpia (Loewy, I. G. B., n. 23), e spiega anche la confusione fatta da Plinio (Nat. hist., xxxiv, 59) e Diogene Laerzio (viii, 46) che vollero distinguere un P. di Reggio da un P. di Samo. La cronologia di P. oscilla, per noi, fra il 480 e il 448 a. C., limitatamente alle opere ricordate dalle fonti. Più giovane di Hegias, Kritios, Hageladas ed Onatas, più anziano di Mirone e Fidia, P. è un tipico artista dell'età di transizione e della seconda generazione del cosiddetto stile severo, contemporaneo dello scultore e bronzista Kalamis, da cui però differisce nettamente per quanto riguarda la concezione artistica.
L'elenco delle opere ricordate dalla tradizione letteraria è il seguente: statue di atleti vincitori: Olimpia: 1) Astylos di Crotone vincitore nella corsa (Paus., vi, 13, 1). 2) Euthymos di Locri Epizefiri vincitore nel pugilato (Paus., vi, 6, 4). 3) Mnasea di Cirene, detto Libys, vincitore nella oplitodromia (Paus., vi, 13, 7), probabilmente da identificare con il Libyn puerum tenentem tabellam di Plinio (Nat. hist., XXXIV, 59). 4) Leontiskos di Messina vincitore nella lotta (Paus., vi, 4, 3). 5) Dromeus di Stinfalo vincitore nella corsa (Paus., vi, 7, 10). 6) Protolaos di Mantinea, vincitore nel pugilato dei fanciulli (Paus., vi, 6, 1). 7) Quadriga di Kratisthenes di Cirene, rappresentato assieme a Nike sul carro vittorioso (Paus., vi, 18, 1). Delfi: 8) statua di atleta vincitore nel pancrazio (Plin., Nat. hist., xxxiv, 59). Probabilmente con uno di questi atleti va identificato il nudum mala tenentem in Olimpia, ricordato da Plinio (Nat. hist., xxxiv, 59). Statue di eroi ed eroine del mito: 9) Perseo alato (Dio Chrys., Orat., 37, 10). 10) Europa sul toro, a Taranto (Tat., Cont. Gr., 53; Cic., Verr., iv, 60, 135; Varro, De lin. Lat., v, 31). 11) Gruppo di sette nudi e un vecchio ricordato da Plinio (Nat. hist., xxxiv, 59) in Roma davanti al tempio della Fortuna, probabilmente un gruppo dei Sette a Tebe. 12) Filottete zoppicante, a Siracusa (Plin., Nat. hist., xxxiv, 59; Anth. Gr., iv, 18o, 294). 13) Eteocle e Polinice nell'atto di uccidersi reciprocamente (Tat., Cont. Gr., 54). Simulacri di divinità: 14) Apollo nell'atto di saettare il serpente Pitone (Plin., Nat. hist., xxxiv, 59) gruppo che, forse, appare su monete di Crotone. Da ricordare infine, a Tebe, la statua, probabilmente seduta, del citaredo Cleone, la cui veste aveva pieghe così profonde che un cittadino fuggiasco, al tempo della conquista di Alessandro, poté nascondervi il suo peculio e ritrovarlo intatto dopo 30 anni, onde il citaredo venne soprannominato "il giusto". Il numero di opere ricordate dimostra la fama di P. e testimonia della sua intensa attività in Grecia e nell'Italia meridionale. A differenza di Kalamis, P. non lavorò in Atene o per Atene, ma solo per committenti peloponnesiaci o delle colonie greche d'Occidente. Inoltre P. ebbe un'assoluta predilezione per la figura maschile in generale e atletica in particolare, unitamente a un certo disinteresse per i simulacri di divinità. Da simili premesse derivano necessariamente le due caratteristiche principali dell'arte di P. e precisamente: predilezione per il nudo maschile e per i suoi problemi (Kalamis, viceversa, era particolarmente versato nell'esecuzione di figure femminili panneggiate); particolare interesse per i problemi del movimento (in contrasto con la concezione eminentemente statica di Kalamis). Per quel che riguarda il nudo, oltre ai soggetti così significativi delle sue opere, abbiamo il noto passo di Plinio (Nat. hist., xxxiv, 59), ove si afferma che P. primus nervos et venas expressit, capillumque diligentus, passo derivato probabilmente da Xenokrates di Atene, e che va interpretato nel senso che P. diede per primo particolare risalto a questi elementi dell'anatomia umana tradotta in visione d'arte, raggiungendo un effetto di potente realismo. Sempre secondo Plinio, P., in questo campo, avrebbe superato lo stesso Mirone. E P. non si curò solamente di dare particolare rilievo ai singoli dettagli anatomici, ma si interessò anche al problema dei rapporti e del coordinamento fra le varie parti del corpo umano, poiché Diogene Laerzio (viii, 46), ci ricorda che P. sarebbe stato il primo "a prendersi cura del ritmo e della simmetria", dove il termine greco ῥυϑμός va riferito non tanto alla ponderazione o al movimento quanto all'armonica e organica correlazione delle varie parti che compongono la figura umana. E questo robusto realismo doveva conferire ai suoi bronzi anche una particolare energia espressiva ed emotiva, se Plinio riferisce che lo spettatore, guardando la statua del Filottete zoppicante, si sentiva quasi partecipe di quel dolore, dolore che, secondo un epigramma, P. avrebbe addirittura infuso nel bronzo stesso del Filottete. Una eco di questa celebre opera ci resta in alcune gemme incise che, con lievi varianti, si ispirano evidentemente al Filottete di Pythagoras. In esse appare l'eroe che procede zoppicando, appoggiandosi con la destra a un bastone e protendendo il piede malato, mentre con la sinistra impugna l'arco. Nonostante le piccolissime proporzioni della immagine siamo in grado di apprezzare la poderosa struttura anatomica del corpo nudo dell'eroe e di osservare quel caratteristico stadio di tensione che accompagna il passo dolorante, favorendo al massimo il rilievo delle singole masse muscolari. Questa figura dal ritmo claudicante giova a mettere in luce il particolare interesse di P. per il movimento, movimento che si poteva trasformare in moto violento nel combattimento fra Eteocle e Polinice o fra Apollo e il Pitone, o in moto librato ed aereo nel Perseo alato che, secondo le fonti, sembrava essere sul punto di muoversi. Un'idea più precisa e palpabile di questa concezione pitagorea possono darcela alcune di quelle opere che, con maggior verosimiglianza, possono ritenersi vicine ai canoni stilistici dell'arte di P., vale a dire il bronzetto di Adernò, il bronzetto, cosiddetto Adorante, di New York, l'erma del Discobolo Ludovisi, il torso di Delo e il torso Valentini. In queste opere riscontriamo la tendenza a un movimento ampio, impetuoso, energico, un movimento, si potrebbe dire, centrifugo, atto a sottolineare ogni vibrazione della muscolatura che ha, in queste opere, un'accentuazione quasi eccessiva. Le singole masse muscolari sono poi collocate fra loro in rapporti quasi geometrici, il che ci richiama al ritmo e alla simmetria lodate da Dione Cassio. Le teste invece sono massicce, tondeggianti. Sono tutti elementi che ben si accordano con l'arte di P. quale l'abbiamo delineata. Questa propensione a un moto aperto e centrifugo potrebbe anche spiegare la tendenza di P. a evadere dalla rappresentazione di singole figure in sé concluse per attuare visioni più complesse e ricche di figure legate a una stessa azione, come ad esempio il gruppo di Eteocle e Polinice, di Apollo e il Pitone, dei sette nudi citati da Plinio, di Europa sul toro ecc. Su questa linea altre opere possono rientrare nell'ambito generico della sfera di P. e precisamente il torso del cosiddetto Polluce del Louvre, l'acrolito di Atena del Vaticano, l'acrolito del tempio di Apollo Aleòs a Cirò. Sono invece da escludere assolutamente opere quali l'Auriga di Delfi (del quale poi ora si conosce l'autore) o l'Apollo dell'Omphalòs. Recentemente S. Stucchi ha proposto di riconoscere un originale di P. nella statua in marmo di Apollo saettante rinvenuta tra le rovine del tempio di Apollo Sosiano a Roma. Secondo lo Stucchi si tratterebbe dell'Apollo che uccide il serpente Pitone del citato gruppo di Crotone, così come è rappresentato su monete di questa città. La statua sarebbe stata portata a Roma come bottino di guerra nel 203 a. C. e rilavorata per la nuova collocazione con l'aggiunta di una parrucca di bronzo. Il gruppo raffigurato sulle monete di Crotone sembra però richiamare piuttosto l'idea di un'opera in bronzo, né, d'altra parte, le varie fonti ricordano opere in marmo di Pythagoras. In conclusione possiamo dire che P. risentì particolarmente dell'ambiente artistico dell'Italia meridionale e perciò fu artista ricco di vivace realismo, di senso plastico, di energia, di forza espressiva, elementi che gli conciliarono, 150 anni dopo, il favore degli scolari di Lisippo. Non pare che P. avesse discepoli diretti ad eccezione del nipote Sostratos (Plin., Nat. hist., xxxiv, 6o). Per l'interesse ai problemi del ritmo e del movimento, si potrebbe accostare alla sua personalità artistica quella di Mirone, suo contemporaneo più giovane.
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