Vedi Qatar dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Il Qatar, una delle realtà più dinamiche e in crescita al mondo, incarna un modello di sviluppo economico determinato dall’interazione di due fattori: la presenza sul proprio territorio di ingenti risorse naturali, in particolar modo gas e petrolio, e la messa a punto di politiche socio-economiche lungimiranti. Sfruttando la propria ricchezza, il Qatar è infatti riuscito a imporsi come rilevante attore regionale, nonostante le piccole dimensioni territoriali e demografiche. Nel panorama mediorientale e specificamente del Golfo, il Qatar è così assurto a modello di sviluppo interno e attivismo diplomatico, al punto che Doha è diventata uno dei perni delle politiche regionali. Le direttrici di questa politica mediorientale sono multi-direzionali: il Qatar, pur essendo un paese arabo a maggioranza sunnita facente parte del Consiglio per la cooperazione del Golfo (Gcc), intrattiene rapporti diplomatici con l’Iran, basati soprattutto su interessi economici e finanziari. Allo stesso tempo – e nonostante il congelamento delle relazioni successivo all’operazione ‘Piombo fuso’ condotta nella Striscia di Gaza – il Qatar è l’unico paese del Golfo ad aver concesso alcune aperture allo Stato di Israele, ospitando sul proprio territorio una delegazione commerciale israeliana. Nel 2008, Doha ha inoltre ospitato il più importante vertice per la risoluzione della crisi politica interna al Libano e, successivamente, ha mediato nello scontro interno allo Yemen, tra le fazioni sciite e il governo centrale di Sana’a. D’altra parte, la diplomazia qatariana è giunta anche nel continente africano, in cui Doha è stata garante dei colloqui per la definizione dei confini tra l’Eritrea e il Gibuti. Il dinamismo diplomatico ha dunque portato il Qatar al centro di quello che sembra essere un nuovo asse politico-diplomatico mediorientale – insieme alla Turchia e, in parte, alla Siria –, che ha progressivamente acquisito parte dell’influenza tradizionalmente esercitata da attori regionali quali l’Arabia Saudita, l’Egitto e la Giordania. A ulteriore testimonianza delle credenziali acquisite da Doha negli ultimi anni vi è l’assegnazione al Qatar dell’organizzazione dei Mondiali di calcio del 2022, importante vetrina internazionale.
A fronte dell’attivismo regionale, il Qatar si struttura internamente come una monarchia assoluta, in cui il potere è essenzialmente concentrato nelle mani della famiglia regnante, gli Al Thani. L’attuale emiro, Hamad bin Khalifa Al Thani, è al potere dal 1995, anno in cui ha ordito un colpo di stato incruento contro il padre. L’emiro esercita le funzioni di capo di stato mentre il primo ministro è un altro appartenente alla famiglia regnante, Hamad bin Jassem bin Jabr Al Thani. Nel 2005 è stata adottata una nuova Costituzione che prevede per la prima volta l’elezione popolare di due terzi del Parlamento, i cui membri sono oggi nominati dall’emiro. Le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea consultiva – che dovrebbe contestualmente passare dagli attuali 35 membri a 45 – non si sono tuttavia ancora tenute e il Parlamento continua a esercitare un’influenza del tutto marginale sulla vita del paese.
La popolazione del Qatar è molto ridotta – circa un milione e mezzo di abitanti – e presenta caratteristiche che conferiscono unicità alla struttura demografica del paese. Il Qatar ha infatti il più alto tasso di crescita della popolazione al mondo, diretta conseguenza del costante flusso di immigrati che lavorano nei settori dell’industria degli idrocarburi e delle costruzioni e, consequenzialmente, solo una minima porzione della popolazione è di nazionalità qatariana (circa il 15%).
Inoltre, per effetto del fenomeno dell’immigrazione, che per lo più ha origine nel sud-est asiatico (India e Pakistan) ed è composta da lavoratori di sesso maschile, gli equilibri di genere sono notevolmente a favore degli uomini: solo il 24% della popolazione è di sesso femminile. La maggioranza della popolazione, circa il 90%, è musulmana sunnita e vi è una piccola minoranza sciita.
Il governo del Qatar ha prestato grande attenzione allo sviluppo del proprio sistema educativo e al miglioramento degli standard di vita e del benessere sociale. Nell’anno fiscale 2008-09, circa il 20% del budget totale delle spese governative è stato destinato al settore dell’istruzione e il tasso di alfabetizzazione, che raggiunge il 93%, è notevolmente più alto della media regionale. Inoltre, attraverso la Qatar Foundation, guidata dalla moglie dell’emiro Mozah bint Nasser Al Missned, considerata tra le donne più potenti al mondo, il governo qatariano promuove diversi programmi che mirano allo sviluppo sociale, della ricerca e dell’istruzione.
L’obiettivo dell’emittente di fornire opinioni e ricostruzioni dei fatti indipendenti rispetto ai governi degli altri paesi arabi, d’altro canto, ha creato più volte delle tensioni diplomatiche tra il governo del Qatar e quelli di altri paesi che, di volta in volta, hanno accusato Doha di ingerenze nei propri affari interni. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti hanno più volte accusato l’emittente di fomentare il radicalismo islamico, dando voce ai proclami di esponenti dei movimenti terroristici. Altro fattore di controversia rimane l’imparzialità della rete: diretta da un cugino dell’emiro, Hamad bin Thamer Al Thani, e finanziata direttamente dal governo di Doha, Al Jazeera è anche accusata di non trattare con la stessa indipendenza le questioni politiche e sociali del Qatar e di altri paesi del Golfo, così come le altre realtà arabe. L’emittente qatariana ha avuto un ruolo di primo piano nella crisi libica del 2011, fungendo da cassa di risonanza della protesta ed esercitando un ruolo guida nell’informazione e nell’orientamento dell’opinione pubblica internazionale contro il regime di Gheddafi, rivale storico dei paesi del Golfo. Il governo del Qatar ha, non a caso, esercitato una decisa azione di sostegno politico e finanziario nei confronti del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi.
Le libertà politiche e civili restano limitate e il paese non ha un sistema di partiti, il che rende di fatto assenti le forme di opposizione politica organizzata. Anche le libertà di stampa e di opinione risultano limitate, sebbene il Qatar sia la sede e il finanziatore dell’emittente satellitare Al Jazeera, divenuta un punto di riferimento fondamentale per tutto il mondo arabo e non. Il paese risulta inoltre il meno corrotto in tutta l’area mediorientale.
Secondo gli ultimi dati del Fondo monetario internazionale il Qatar è il paese con il più alto pil pro capite al mondo.
L’economia del Qatar è basata sulle immense risorse petrolifere e gassifere presenti nel proprio sottosuolo. Il paese detiene infatti le terze riserve al mondo, dopo Russia e Iran, di gas naturale, con una quantità stimata in circa 25.000 miliardi di metri cubi, pari a quasi il 15% di tutte le riserve mondiali. Il giacimento di North Field, in particolare, è il più grande singolo giacimento di gas naturale al mondo. La produzione di gas naturale ammonta a 90 miliardi di metri cubi l’anno, di cui quasi 70 miliardi vengono esportati. Doha detiene inoltre riserve di petrolio per circa 27 miliardi di barili e produce 1,3 milioni di barili al giorno – di cui circa un milione è destinato all’esportazione. Si stima che, agli attuali livelli di produzione, il Qatar possa continuare a sfruttare le proprie risorse di gas per altri 300 anni e quelle di petrolio per più di 80 anni. L’industria degli idrocarburi è controllata da aziende governative: la Qatar Petroleum ha preso il controllo di tutta la produzione petrolifera dalla British Petroleum nel 1976 e, per ciò che concerne le risorse off-shore, dalla olandese Shell nel 1992.
Oltre a possedere tali risorse naturali, il paese ha saputo mettere in atto politiche innovative e di lungo periodo, che ne hanno determinato il continuo sviluppo economico. In particolare, il governo qatariano ha puntato molto sulla più costosa tecnologia del gas naturale liquefatto (Gnl), divenendo l’attore più importante al mondo in tale campo. Più del 70% di tutte le esportazioni di gas naturale, vale a dire circa 50 miliardi di metri cubi di gas l’anno, sono infatti esportate sotto forma di Gnl, permettendo al paese di dipendere solo in piccola parte dai gasdotti. Lo sviluppo del settore del gas naturale è iniziato ed è cresciuto esponenzialmente soprattutto negli ultimi anni, come parte del programma di differenziazione dell’economia qatariana dalle esportazioni petrolifere, che ancora costituiscono più del 60% delle rendite totali del paese. Grazie a tali rendite, inoltre, il Qatar, tramite il proprio fondo sovrano (il Qatar Investment Authority), ha una politica di investimenti all’estero molto attiva: il fondo ha un capitale di circa 85 miliardi di dollari.
I rapporti commerciali del Qatar si concentrano essenzialmente nell’area asiatica, soprattutto per ciò che riguarda le esportazioni (in gran parte petrolio e gas naturale), prevalentemente dirette verso Giappone e Corea del Sud. Le importazioni risultano più differenziate dal punto di vista geografico, con Stati Uniti e Italia in testa. La bilancia commerciale di Doha, per effetto delle esportazioni di idrocarburi, risulta essere costantemente in positivo (circa 30 miliardi di dollari nel 2009).
La crescita economica e demografica di cui è stato testimone il Qatar è stata inoltre accompagnata anche da un sufficiente adeguamento delle infrastrutture e sono in atto investimenti per avviare un sistema di trasporto su rotaie, attualmente non esistente. Il settore industriale è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi anni e conta per quasi l’80% del pil totale, mentre i servizi si basano soprattutto sul sistema bancario. Recentemente si è registrato anche un boom nel settore delle costruzioni, in cui è impiegato circa il 40% di tutta la forza lavoro immigrata.
Il Qatar, più di altri paesi del Golfo, risulta essere stabile e al sicuro da minacce esterne. Date le limitate dimensioni del proprio esercito (peraltro composto per circa il 70% da immigrati), la sua sicurezza è garantita in particolar modo dalle potenze straniere, prime tra tutte gli Stati Uniti, seguiti da Regno Unito e Francia. Inoltre, a differenza di altri attori del Golfo, il Qatar non investe grandi risorse nella difesa e la sua spesa militare è la più bassa di tutta l’area.
Gli Stati Uniti hanno importanti basi militari sul territorio qatariano, come la base aerea di Al Udeid che offre la più lunga pista aerea di cui le forze armate di Washington possano usufruire in Medio Oriente. Doha ha inoltre concesso agli Stati Uniti il permesso di utilizzare le proprie infrastrutture militari come basi logistiche per la guerra in Iraq del 2003. Il sostegno alla proiezione militare statunitense mette potenzialmente a rischio la sicurezza qatariana nei confronti di forze radicali di matrice islamica, le quali tuttavia non sembrano essere attive in Qatar. L’unico evento degno di nota a tale proposito è costituito da un attentato suicida avvenuto nella capitale Doha nel 2005, che provocò tuttavia una sola vittima. Da quel momento il governo ha ulteriormente rafforzato le misure antiterroristiche e di controllo, contribuendo ad assicurare la stabilità politica del paese.
A testimonianza dell’impegno nella risoluzione delle controversie regionali, infine, il Qatar è l’unico paese arabo ad aver inviato un contingente, sebbene simbolico, nella missione sotto l’egida delle Nazioni Unite Unifil in Libano.