quadrante
È la " quarta parte di una circonferenza " (v. anche QUADRA); sicché la figura formata da giunture di quadranti in tondo, cioè " dalle quattro liste (di due diametri intersecantisi ad angolo retto) che congiungono in un cerchio... i quattro quarti in cui i due diametri lo dividono " (Chimenz, a Pd XIV 102), è una croce greca, simile a quella luminosa che D. vede nel cielo di Marte.
Lo stesso significato è attribuito al termine da molti commentatori antichi e moderni (cfr. per es. il Serravalle: " quadrans est quarta pars circuli "; e così Ottimo, Buti, Scartazzini-Vandelli, Porena, Rossi-Frascino, ecc.) in Pg IV 42, dove la costa del monte del Purgatorio si presenta a D. superba [" eretta "] più assai / che da mezzo quadrante a centro lista: " La linea tirata al centro dal mezzo d'un quadrante del cerchio, ha l'inclinazione di 45 gradi: assai forte questa inclinazione, ma quella della ‛ costa ' la superava assai " (Torraca).
Senonché Benvenuto ammonisce: " non intelligas, lector, sicut multi male intelligunt hic, quod ista costa esset ita recta, sicut una linea longa, quae respicit sursum, quia si ripa fuisset ad modum muri, nunquam Dantes potuisset ire cum pedibus suis ", e sostiene che il q. è " quarta pars astrolabii " (l'astrolabio fu in uso fino al sec. XVIII per misurare l'altezza degli astri), cioè di uno strumento costituito da un quarto di cerchio graduato, munito di una lista mobile scorrente lungo l'indice dei gradi, nel quale " est una linea media quae incipit a centro, idest, ab illa puncta acuta et trahitur aequidistanter usque ad extremam circumferentiam; et ista linea, si ponis quadrantem in plano in uno latere suo, videbis clare quod stabit satis alta, sed non nimis, ita quod si autor dicit quod costa montis erat magis superba quam linea ista, vult dicere in effectu quod erat multum difficilis ad ascendendum, sed non tamen impossibilis ".
Al q. astronomico pensa forse anche il Daniello e sicuramente l'Andreoli; l'ipotesi di Benvenuto è stata poi sostenuta dall'Antonelli e dall'Angelitti (cfr. " Bull. " XIX [1912] 237). Fra i commentatori più recenti, oltre a Casini-Barbi, il Sapegno, il Chimenz e il Mattalia riportano entrambe le interpretazioni, che tuttavia lasciano immutato, in complesso, il senso dell'espressione.