Qualcuno cancella gli SMS
I ‘messaggini’ sul cellulare sono in declino in tutti i paesi. Il nemico più agguerrito è WhatsApp, che permette di fare la stessa cosa gratuitamente, con più libertà, utilizzando il collegamento Internet senza passare per la rete telefonica ‘classica’.
La mega fusione tra Facebook e WhatsApp rimarrà negli annali come uno dei più stupefacenti eventi finanziari del 2014: 19 miliardi di dollari (quelli pagati dalla società di Mark Zuckerberg) per una società nata da meno di 4 anni e con 55 dipendenti non si vedono tutti giorni. Ma verrà ricordata anche come l’inizio del declino di uno dei più apprezzati e, per molto tempo, redditizi servizi di telefonia mobile: gli SMS, sigla di Short messaging service. Il suo uso è in calo o comunque seriamente minacciato un po’ dappertutto, ma il nemico numero 1 è proprio WhatsApp, che permette di fare la stessa cosa (scrivere agli amici usando il telefono portatile), ma utilizzando il collegamento Internet (3G o Wi Fi che sia) e non appoggiandosi alla rete telefonica ‘classica’, quella GSM. In questo modo l’utente non paga il singolo messaggio, non deve preoccuparsi della sua lunghezza (quella degli SMS è limitata a 160 caratteri, a meno di pagare doppio), può allegare più facilmente foto o filmati e fare conversazioni di gruppo. Si aggiungono poi alcuni benefit a doppio taglio (ameno nelle relazioni sentimentali), come la possibilità di vedere da quanto tempo l’altra persona non accende il telefonino o sapere se ha letto il nostro messaggio, a cui, tuttavia, non risponde ancora.
Con l’iniezione di soldi assicurata dall’entrata di Facebook, WhatsApp sembra destinata a una crescita inarrestabile (e forse al matrimonio con la funzione messenger di Facebook, che in fondo fa più o meno la stessa cosa).
Dietro, c’è un piccolo esercito di applicazioni simili, ognuna con una sua specificità (Viber Telegram, Snapchat), ma tutte in grado di inviare messaggi e fare concorrenza agli SMS offerti dalle compagnie telefoniche.
Insomma, per i ‘messaggini’ rischia di succedere a breve quello che da anni le compagnie telefoniche temono accada per le chiamate vocali: la sostituzione del servizio su rete fissa o cellulare, facilmente controllabile e fatturabile, con il servizio over-ip che si appoggia ai protocolli di connessione Internet. Dove non si può tariffare al minuto o al singolo messaggio, almeno finché vale il principio della ‘neutralità della rete’ (ovvero: l’operatore ti fa pagare un tot per la connessione dati, ma da lì in poi non fa alcuna differenza se la usi per navigare su Internet, mandare email o telefonare). Se per le telefonate vocali il nemico è Skype, qui lo sono i social network come WhatsApp.
E così in diversi paesi l’utilizzo degli SMS è in calo, in particolare in paesi nordeuropei, come Danimarca e Norvegia, o in Gran Bretagna, dove si è scesi dai 152 miliardi di messaggi del 2012 ai 145 miliardi del 2013. In Italia, secondo i dati AgCom, nel periodo gennaio-settembre 2013 gli SMS inviati sono stati 60,4 miliardi, una flessione di oltre il 15% rispetto ai volumi del 2012. Soprattutto calano i guadagni per le compagnie telefoniche, che nel 2010 guadagnavano dagli SMS circa 114 miliardi di dollari a livello mondiale. Secondo Ovum Research, una società di consulenza specializzata nel settore telecomunicazioni, tra il 2013 e il 2017 il fatturato generato dagli SMS salirà ancora del 4% per toccare un picco di circa 166 miliardi di dollari nel 2016, ma inizierà a declinare dopo il 2017.
Le perdite causate dai sistemi di social messaging erano stimate in circa 132 miliardi di dollari per il secondo quadrimestre del 2013, diventati già 193 miliardi nel terzo quadrimestre.
Gli SMS sono destinati alla scomparsa allora? Non corriamo troppo. La storia insegna che una tecnologia difficilmente si estingue.
Più spesso trova nicchie ecologiche in cui rimane in vita perché offre qualcosa più delle altre. Gli SMS, per esempio, vengono oggi molto usati per comunicazioni dalle aziende ai clienti o per informazioni durante le emergenze: quando un’industria automobilistica richiama un modello difettoso, quando una compagnia area ci avverte del ritardo dell’aereo, o quando la protezione civile vuole raggiungere rapidamente i cittadini di una certa zona. E, tutto sommato, dare il proprio numero di cellulare a un’azienda o a un’amministrazione pubblica garantisce un grado di tutela della privacy maggiore di quanto non accada fornendo il proprio profilo Facebook, o su un altro social network. Senza contare che in molte parti del mondo il segnale cellulare arriva in posti dove una robusta connessione 3G resterà un miraggio ancora per molto. Un SMS bene o male arriva sempre, anche quando le ‘tacche’ del segnale sono troppo poche per fare una telefonata o, meno che mai, per accedere a un social network. Tutti motivi per pensare che gli SMS resisteranno, anche se diventeranno più marginali.
I cofondatori di WhatsApp
Sono Brian Acton, nato nel 1972, statunitense del Michigan, laureato all’Università di Stanford nel 1994 in scienze informatiche, e Jan Koum, di famiglia ebrea, nato a Kiev nel 1976 e trasferitosi con la madre nel 1996 in California, dove si è laureato all’Università di San José. Si sono conosciuti negli uffici di Yahoo!, dove entrambi erano stati assunti, rispettivamente nel 1996 e 1997; per quasi un decennio hanno lavorato fianco a fianco, sviluppando la piattaforma marketing della società. Poi nel 2007 hanno lasciato Yahoo! e dopo un periodo di sabaticum hanno separato le loro strade. Acton ha provato a farsi assumere, senza successo, prima da Twitter e poi da Facebook. Poi nel gennaio 2009 Koum ha iniziato a lavorare con un amico russo, Alex Fishman, a un'applicazione per iOS, WhatsApp appunto, che già il mese dopo è stata registrata in California come WhatsApp Inc., nonostante le molte difficoltà iniziali. Tornato operativo il team Koum-Acton e realizzata una piattaforma di istant messaging, gli utenti attivi mensilmente sono balzati da poche decine di migliaia a 250.000 nel giro di pochissimo tempo. Gli inizi, comunque, non sono stati semplici, anche perché l'applicazione non era pensata per produrre profitti. Allo stesso tempo, però, il numero di utenti cresceva, così come il numero di investitori pronti a scommettere su WhatsApp: il più convincente fu Jim Goetz di Sequoia Capital, che investì 8 milioni di dollari sulla nuova applicazione e il team di sviluppatori.
I numeri di WhatsApp
Gli utenti che usano almeno una volta al mese l’app: nel 2013 erano meno della metà 450 mln
I nuovi utenti che giornalmente installano e usano per la prima volta WhatsApp 1 mln
Il numero di messaggi trasmessi ogni giorno da WhatsApp 50 mld
La cifra spesa da Facebook per acquisire WhatsApp 19 mld $
La cifra investita da WhatsApp in marketing e pubblicità 0 $
Dati aggiornati a febbraio 2014
Una filosofia commerciale in un appunto
«Niente pubblicità! Niente giochi! Niente tranelli!». È il contenuto di un vecchio appunto che Brian Acton mandò a Jan Koum agli inizi della loro avventura commerciale e che ancora fa bella mostra di sé sulla scrivania di quest'ultimo a ribadire il loro quotidiano impegno verso un servizio di messaggistica semplice e senza sorprese per l’utente.