Qualità della vita
La locuzione qualità della vita indica la percezione che i soggetti hanno delle loro possibilità di usare al meglio le disponibilità, sia economiche sia culturali in senso lato, presenti nel loro universo di riferimento e di vita quotidiana. Si discute di qualità della vita solamente nelle società avanzate, in quanto ovviamente in quelle che sono afflitte da problemi di sopravvivenza (fame, siccità, guerra, malattie infettive e infantili particolarmente diffuse), cioè laddove la vita stessa è in pericolo, il problema della sua qualità non si pone. Il desiderio di una vita migliore, meno travagliata, più gradevole, insomma di una vita qualitativamente diversa ha sempre accompagnato il genere umano e ora che la durata media della vita è aumentata, rispetto al passato, la questione della sua qualità si pone con forza ancora maggiore, sia in riferimento agli anni iniziali della crescita sia a quelli della maturità. Il concetto di qualità della vita ha conosciuto sviluppi significativi soprattutto a partire dagli anni Settanta del 20° secolo (Galbraith 1971), allorquando è stato posto in termini precisi il dilemma fra sviluppo economico accentuato e condizioni dell'esistenza umana, cercando un equilibrio fra due ambiti che si direbbero tendenzialmente contrapposti. Parlare di condizioni dell'esistenza umana comporta evidentemente una particolare attenzione alla stessa situazione del corpo, che libero o schiavo, alto o basso, magro o grasso, piacevole o meno, è messo in grado di usare al meglio le sue potenzialità o al contrario deve rinunciarvi, soffrendone. In fondo la qualità della vita di una persona traspare dal suo stesso aspetto somatico. Sempre più si parla di procedure per la misurazione della qualità della vita, spostando il centro dell'analisi dai fattori più strettamente economici, materiali, a quelli psicologici, personali, di resistenza psicofisica ai traumi esistenziali, di tempra nel superare le avversità. Invero misurare la qualità della vita può voler dire, per es., mettere a confronto vari sistemi di welfare state, paragonando un modello di Stato assistenziale con un altro, oppure valutare le capacità d'intervento di una struttura sanitaria, la sua efficienza e la sua efficacia, che possono essere misurate attraverso la resa finale, cioè la salute restituita, il corpo tornato sano e operativo.
Un altro campo cui si applica di frequente la misura della qualità della vita è rappresentato dal contesto urbano, in special modo in riferimento a quanto riguarda il traffico e lo smaltimento dei rifiuti. La qualità della vita si differenzia notevolmente tra città e campagna, ma non a vantaggio dell'una o dell'altra. Se nella prima l'esistenza è più confortevole, perché provvista di maggiori servizi e di chance socioculturali, nella seconda le condizioni ambientali risultano preferibili, i ritmi sono meno frenetici, i rapporti interpersonali di solito appaiono meno conflittuali. Indubbiamente i fattori ambientali hanno un loro peso, pure a livello fisico. Infatti, si parla a più riprese di 'città sostenibile', dopo aver discusso tanto, in precedenza, di 'sviluppo sostenibile': si mettono dunque insieme i bisogni attuali e quelli delle generazioni future, la cui qualità di vita rischia di essere fortemente inficiata. Non è un caso che il reddito, l'occupazione, l'ambiente e segnatamente i servizi comunitari vengano considerati i fattori di base per stabilire il livello di qualità del vissuto. Un altro discrimine rilevante è dato in primo luogo dal grado di alfabetizzazione e, inoltre, dal bagaglio di conoscenze di base (scolastiche e/o tecniche). Maggiori sono le potenzialità di partenza, tanto più vengono sfruttate in modo redditizio le opportunità che si presentano per migliorare il tenore di vita. Ovviamente risulta decisivo anche il fattore proprietà: chi è possessore di un'abitazione e/o di un terreno è nelle condizioni ideali per gestire adeguatamente il suo modus vivendi, senza dover tenere conto di altri soggetti, in veste di possibili ostacoli alla realizzazione di un progetto esistenziale. Tra i vari indicatori della qualità della vita è da annoverare l'uso quotidiano del tempo, il cosiddetto time budget, che viene distinto fra tempo retribuito (occupato nel lavorare), non retribuito (occupato nello alimentarsi e nel dormire) e dedicato ad altre attività (legate soprattutto alla dimensione psicofisica, nel cosiddetto tempo libero).
In questi ambiti specifici la Commissione Europea ha finanziato dal marzo 1998 un progetto triennale, denominato Eureporting, mirante a sviluppare ricerche comparate e raccolte di dati che producano un sistema europeo di indicatori sociali (ESSI, European system of social indicators), finalizzato alla creazione di forme di misurazione applicabili al welfare state e alla qualità della vita. Inoltre, con l'impiego di numerose variabili (una trentina circa), è possibile creare un indice di soddisfazione per la vita (LSI, Life satisfaction index). Applicato nel 1997, in Giappone, a 543 uomini e donne praticanti un'attività sportiva, ha mostrato che le variabili qualitative concernenti la salute e lo sport sono correlate abbastanza positivamente con la qualità della vita (Kawanishi-Kitamura-Nogawa 1998). D'altro canto, però, come dimostrano diverse indagini, quando lo sport è praticato ad alti livelli si registrano pure molte privazioni, relativamente a opportunità non colte in settori extrasportivi. Resta comunque verificata l'ipotesi che dinamismo e attività sportive favoriscono un sensibile miglioramento della qualità della vita. Procurano stress, invece, le carenze fisiche, quelle di salute mentale e, naturalmente, l'uso di droga, tabacco e alcol. In tali casi estremi, risulta difficile persino poter ricorrere alle strutture pubbliche di servizio sociale. Ne consegue allora che il logorio appare destinato ad accrescersi e a impedire un andamento sereno dei ritmi di vita. Un'altra scala di misurazione è quella del QLI (Quality life index), l'indice di qualità della vita, sperimentato da W.O. Spitzer e collaboratori (1981) in base all'umore del soggetto, al sostegno sociale che lo circonda e alla mancanza di problemi fisici e psichici. è sintomatico che, secondo una statistica curata dal quotidiano Il Sole 24 ore, pubblicata il 27 dicembre 1999 in merito alla qualità della vita nei capoluoghi italiani di provincia, la città di Parma sia risultata al primo posto e Reggio Calabria all'ultimo: fra gli altri fattori, hanno pesato sulla valutazione l'assenza/presenza di criminalità, l'ordine/disordine nel traffico, il mantenimento/fallimento delle aziende industriali e commerciali, l'alto/basso livello dei servizi sociocomunitari disponibili. Il rapporto annuale dell'ISTAT (1998) sull'Italia considera fattori essenziali gli ambiti della giustizia, della sanità, dell'istruzione, della pubblica amministrazione in rete via computer, dell'accessibilità ai servizi, nonché dei rapporti con i servizi pubblici. Rilevante è tuttavia anche la percezione che gli individui hanno della loro condizione. Fattori oggettivi e soggettivi influiscono sulla stessa possibilità che i soggetti hanno di rendersi conto di godere o meno di una vita di qualità. La consapevolezza della privazione assoluta o relativa è una base di partenza perché si divenga anche consci di vivere al di sotto del livello minimo di decoro. La stessa cura del corpo e della sua salute indica che una persona gode (o no) di un'apprezzabile qualità di vita. Un corpo trascurato non può produrre e sviluppare benessere e soddisfazione. Età, sesso, grado di educazione e scolarizzazione, stato civile, sistema di vita, luogo di residenza sono tutti elementi vitali per stabilire quanto gratificante o mortificante sia la condizione di una persona. Dai risultati di alcune indagini, peraltro non incontrovertibili, emerge che in effetti le persone sposate sarebbero in genere in una situazione di favore rispetto ai soggetti non coniugati e che in particolare le donne non sposate sarebbero più colpite da difficoltà esistenziali. I progressi tecnologici e scientifici possono minare la qualità della vita se imposti e non condivisi, cioè non vissuti in modo partecipe dai soggetti coinvolti direttamente in tali mutamenti. Tecnologia e scienza vengono infatti spesso asservite alle leggi del mercato e della concorrenza, mettendo da parte i principali bisogni individuali e sociali. Non sempre, poi, una vita confortevole corrisponde alla migliore qualità desiderabile. Le comodità sono ben accette, ma non costituiscono di per sé la massima aspirazione individuale, anzi possono essere l'inizio dell'infelicità, dell'isolamento, di una vita frustrante. Almeno altri due punti di massima importanza sono collegati al concetto di qualità della vita: la nozione di qualità sociale e quella di esclusione sociale. Per la qualità sociale occorre considerare che prosperità economica e soddisfazione per la vita sono spesso correlate, per cui quanto più ricca è una nazione tanto più i suoi cittadini appaiono soddisfatti. In merito all'esclusione sociale si deve tenere presente che una società fortemente individualistica, senza un'equa ridistribuzione delle risorse, non pare destinata a incrementare una buona qualità della vita per tutti, ma solo per alcuni.
Qualche risultato di ricerca sembra tuttavia contraddire tale tendenza (Veenhoven 1998). Particolarmente convincente appare, infine, il modello 'dinamico-motivazionale' utilizzato da S. Vergati (1994) per studiare la qualità della vita urbana di piccoli centri, in cui sono presi in esame sia i caratteri soggettivi sia quelli oggettivi rispetto alle tre dimensioni di base costituite da avere, essere, amare (having, being, loving) e in relazione agli spazi differenziati di città, quartiere, abitazione. In definitiva anche la qualità della vita è il risultato di complesse articolazioni psicologiche, sociali e ambientali.
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