PRIMARIE, QUALITÀ
. Espressione del linguaggio filosofico, messa in uso dal Locke. Tra le "qualità" delle cose, e cioè tra le singole determinazioni onde esse si presentano caratterizzate di fronte all'esperienza sensibile, egli chiama infatti "primarie" quelle che non è possibile astrarre idealmente dalle cose, senza che venga meno la loro stessa sussistenza oggettiva. Tali sono, in generale, le qualità matematico-spaziali: estensione, densità, moto e quiete, e i loro valori numerici. "Secondarie", invece, sono tutte le altre qualità sensibili: colori, rumori, odori, ecc. Mentre queste ultime risultano dalla particolare modificazione degli organi di senso in occasione degli stimoli esterni, e non sussistono quindi in tal forma nella realtà oggettiva, le "qualità primarie" debbono esistere oggettivamente così come si presentano all'esperienza soggettiva. Questa distinzione delle oggettive qualità primarie dalle soggettive qualità secondarie è d'altronde lockiana solo nella terminologia, riproducendo nel fatto una tesi che già nel pensiero presocratico si era venuta sviluppando dall'esigenza eleatico-melissiana di considerare come reale soltanto il contenuto stabile della conoscenza e di respingere perciò come soltanto apparente ogni sua forma mutevole. La formulazione più tipica di questa tesi è quella di Democrito, che riducendo ogni realtà del mondo agli atomi e al vuoto deve giudicare soltanto apparenti tutte quelle qualità sensibili delle cose che si distinguono dai semplici rapporti spaziali e geometrici della disposizione atomica. La distinzione, ma non il giudizio di valore quanto all'oggettività, rinasce in quella aristotelica dei "sensibili comuni" dai "sensibili proprî", ritenuti infatti anch'essi oggettivi: e si riafferma bensì nell'età moderna per la prima volta col Galilei, che attraverso la critica aristotelica della tesi democritea torna senz'altro a quest'ultima. Dopo il Locke, la distinzione delle due specie di "qualità" è criticata in particolar modo dal Berkeley, che, dimostrando l'inseparabilità delle secondarie dalle primarie, fa vedere come anche queste ultime partecipino della soggettività propria delle prime.