Quando il pericolo viene dal cielo
Asteroidi che sfiorano la Terra, altri che la colpiscono con grande clamore mediatico e, fortunatamente, pochi danni. La comunità scientifica si impegna a costruire un’efficiente rete di monitoraggio per prevederne l’arrivo in anticipo, ma si pensa a come avviare un business per sfruttare queste miniere volanti ricche di materiali preziosi.
di Alessandro Albanese
Quello che è accaduto nei cieli e nello spazio vicino, tra la mattina e la sera di venerdì 15 febbraio, ha fatto molto discutere. Una coincidenza cosmica ha voluto che per la Terra si verificassero, quasi in contemporanea, 2 incontri ravvicinati assolutamente indipendenti fra loro: non solo con un asteroide ben noto agli astronomi, ma anche con un meteoroide, ovvero un asteroide di piccola stazza, del tutto sconosciuto e inatteso. Nel primo caso ci si è limitati a registrare il passaggio vicino alla nostra orbita di 2012 DA 14, un mastodontico sasso roccioso scoperto da circa un anno dall’Osservatorio astronomico di Maiorca, largo una cinquantina di metri e pesante circa 135.000 tonnellate. Nel corso della serata di quel venerdì lo abbiamo visto avvicinarsi e poi allontanarsi alla ragguardevole velocità di 30.000 km/h, ‘sfiorandoci’, ma solo in senso astronomico, a una distanza di sicurezza di 27.000 km, poco più di 2 diametri terrestri. Clamore sui media, ma tutto sotto controllo, in accordo con le previsioni degli esperti.
Nel secondo caso gli eventi hanno avuto un corso più inatteso e per chi lo ha vissuto, assolutamente scioccante. In Italia è ancora buio ma a sud degli Urali, in Russia, è mattina. All’improvviso, le agenzie di stampa e i social network rilanciano una notizia degna del copione di Deep Impact o Armageddon: un meteoroide, poi battezzato con la sigla KEF-2013, che si disintegra a causa dell’attrito con l’atmosfera fra i 30 e i 50 km di altezza, in prossimità della città di Celjabinsk. Gli astronomi quasi si scusano per la mancata segnalazione dell’impatto, fatto questo imputabile sia alle sue ridotte dimensioni sia al suo arrivo dalla parte del Sole, dunque illuminata, e non dal cielo notturno dove sarebbe stato più facile identificarlo. L’onda d’urto che si determina manda in frantumi i vetri di molti edifici, mentre le schegge feriscono circa 1200 persone. Danni per 25 milioni di euro si registrano agli edifici. Successive stime delle dimensioni di KEF-2013 parlano di una sua massa pari a 10.000 tonnellate e di una lunghezza di circa 16 metri, che ne fanno uno dei più grandi meteoroidi caduti sulla Terra negli ultimi 100 anni: l’energia sviluppatasi nell’impatto è stata pari a 35 volte quella rilasciata dalla bomba atomica di Hiroshima.
Quali sono i rischi reali?
Questa coincidenza è un evento raro, ma non dobbiamo dimenticare che la Terra subisce un bombardamento continuo di corpi solidi provenienti dallo spazio interplanetario, la massa complessiva dei quali è valutabile intorno alle 100.000 tonnellate annue. Nella maggioranza dei casi si tratta di piccoli corpi solidi, inferiori a un decimo di millimetro, che raggiungono la superficie terrestre sotto forma di pulviscolo; nel caso di oggetti più grandi si ha un riscaldamento intenso per l’attrito con gli alti strati dell’atmosfera che dà luogo a fenomeni luminosi, in gergo tecnico le meteore, che quasi sempre implicano la completa distruzione del corpo roccioso. Se la sua massa è però maggiore di qualche chilogrammo e se ha una struttura sufficientemente compatta, allora riesce a sopravvivere, almeno in parte, all’attraversamento dell’atmosfera, divenendo un tipico meteorite.
Ma il vero pericolo per la vita sulla Terra viene da altre 2 tipologie di oggetti celesti ben più massivi: gli asteroidi e le comete. Gli asteroidi provengono da un’area localizzata fra le orbite di Marte e Giove: un insieme costituito da migliaia di corpi rocciosi, forse residui di un pianeta esploso o, meglio ancora, mai formatosi, da dove ogni tanto fuoriesce, in libera uscita verso di noi, un rappresentante della categoria, per sfiorarci come ha fatto oggi 2012 DA 14 o per venire a distruggerci come fece 65 milioni di anni fa l’asteroide che provocò l’estinzione dei dinosauri. Le comete invece si trovano ai margini del Sistema solare e periodicamente fanno irruzione nella parte più interna di esso, sfiorando i pianeti interni e allontanandosi nuovamente verso la periferia. Non è infrequente che esse vadano a cadere sul Sole o su Giove, che con i loro intensi campi gravitazionali funzionano un po’ da aspirapolveri cosmici, in qualche modo proteggendoci da questi brutti incontri, ma non si può escludere che la loro traiettoria possa un giorno incontrare quella della Terra.
Monitoraggio e difesa.
Sono numerosi i programmi di ricerca condotti da enti governativi e non, che curano il monitoraggio dei cosiddetti NEO (Near-Earth objects), quegli oggetti che orbitano nei paraggi del nostro pianeta: fra essi sono stati classificati circa 9600 asteroidi pericolosi e 82 comete.
Gli studiosi ritengono che la frequenza di collisione della Terra con i NEO vari a seconda delle loro dimensioni: per quelli grandi tra i 5 e i 10 metri la probabilità è di un evento all’anno, mentre per quelli di circa 50 metri è di ogni 1000 anni; bisogna prevedere un milione di anni almeno per un impatto con oggetti di 1 km e 10 milioni di anni per un impatto con oggetti di 5 km. Numeri rassicuranti? Non proprio se si considera che la probabilità nell’arco di una vita di perire a causa dell’impatto con un NEO è maggiore di quella relativa alla morte in un incidente aereo!
La difesa da un impatto di questo tipo prevede che lo si debba avvicinare con sonde automatiche e deviare con varie tecniche, evitando di distruggerlo per via delle schegge che si produrrebbero, le quali assumerebbero delle traiettorie incontrollabili e dunque potenzialmente altrettanto pericolose. La deviazione sarebbe praticabile purché la traiettoria ‘incriminata’ sia conosciuta con un considerevole anticipo, dell’ordine di una decade: per questo è davvero importante disporre di una rete mondiale osservativa e previsionale adeguata.
Caccia agli asteroidi!
Da alcuni anni, non sono pochi quelli che guardano agli asteroidi come a una grossa opportunità commerciale. Per loro, quei massi vaganti rappresentano delle miniere galleggianti piene di minerali preziosi: platino, ferro, nickel, cobalto ecc., in quantità tali, a loro avviso, da poter rilanciare le economie asfittiche dei paesi tecnologicamente più avanzati.
A costoro ha prestato ascolto anche il presidente americano Barack Obama, il quale ha pensato di destinare, nel budget USA del 2014, 105 milioni di dollari per l’avvio da parte della NASA della Asteroid Initiative: una missione spaziale il cui costo finale dovrebbe aggirarsi sui 2,6 miliardi di dollari. Essa dovrebbe portare alla cattura di un piccolo meteoroide da 500 tonnellate con un’astronave robotizzata; quindi, lo si andrebbe a trasportare dalle parti della Luna, dove un’altra missione, con uomini a bordo, lo esaminerebbe e valuterebbe la possibilità di estrazione dei preziosi minerali. Il progetto dalla NASA riprende quello messo a punto da 2 società private americane, la Deep Space Industries e la Planetary Resources, che da qualche anno progettano delle missioni spaziali finalizzate esclusivamente allo sfruttamento minerario degli asteroidi. Sonde automatiche atterrerebbero, come dei grossi ‘calabroni hi-tech’, su alcuni asteroidi, li ripulirebbero dai preziosi materiali e farebbero ritorno sulla Terra. In un’altra prospettiva, più a lungo termine, i minerali raccolti andrebbero addirittura ad alimentare delle vere fabbriche spaziali con l’obiettivo di colonizzare lo spazio vicino. Fantascienza? Certamente no, perché tra i nomi dei finanziatori troviamo quelli dei 2 big di Google, Larry Page ed Eric Schmidt, e del regista di Avatar, James Cameron: gente che può permettersi qualche impresa folle, ma sicuramente non priva di fiuto, al punto da condizionare in qualche modo la stessa politica spaziale di Obama.
Una discarica sopra le nostre teste
Li chiamano detriti spaziali o rottami cosmici: la verità è che attorno alla Terra sono in orbita all’incirca 3 milioni di oggetti con dimensioni superiori al millimetro che fanno in totale 3000 t di spazzatura. Sono i residui lasciati in mezzo secolo di attività spaziale, principalmente russa e americana, ma adesso anche cinese e non solo. La gran parte di questo materiale è di piccole dimensioni ed è stata prodotta da urti fortuiti avvenuti fra satelliti: nel 2009 il satellite russo Cosmos 2251, ormai dismesso, ha impattato il satellite per telecomunicazioni Iridium 33 distruggendolo e producendo una valanga di detriti in grado di innescare altri incidenti in una sorta di pericolosa reazione a catena. Nel gennaio 2013 i resti del satellite cinese Feng Yún 1C si sono scontrati con il satellite russo Blits danneggiandolo seriamente. Le collisioni possibili con questi detriti avvengono a velocità che vanno tra i 20 e i 40.000 km/h: l’impatto con un piccolo bullone è in grado di mettere fuori uso un costosissimo satellite artificiale. In realtà in orbita sopra le nostre teste c’è di un po’ di tutto: anche macchine fotografiche o cassette degli attrezzi perdute dagli astronauti durante le loro passeggiate spaziali, sacchi di spazzatura abbandonati nello spazio dagli equipaggi della stazione orbitante russa MIR. Quali i rischi? Elevati per i satelliti in orbita attorno alla Terra: è in funzione un controllo del traffico geospaziale da parte degli enti spaziali e rientra nella normale routine il variare le orbite dei satelliti operativi per evitare un impatto. Ma anche per noi i pericoli non sono trascurabili: il rientro dei satelliti a fine missione, i vari stadi dei missili che si distaccano in fase di lancio o gli incidenti avvenuti nel passato, come i detriti dispersi sugli Stati Uniti dallo Shuttle Columbia esploso in fase di rientro nel 2003. Si dovrebbe sottoscrivere una politica comune per la regolamentazione condivisa della fase di dismissione del veicolo spaziale che deve essere ‘accompagnato’ a Terra e non lasciato in balia del caso.