quantificatori
Il termine quantificatori indica una serie di espressioni che forniscono informazioni quantitative sui referenti del nome a cui si collegano e, di conseguenza, sulla frase all’interno della quale quel nome è inserito. Il termine, preso dalla logica, venne adottato dalla grammatica generativa e poi dalla linguistica generale per indicare alcuni operatori delle lingue naturali, espressi da determinanti di vario tipo (articoli, numerali cardinali, aggettivi e pronomi indefiniti), accomunati dalla capacità di indicare per quanti individui vale ciò che si predica del nome determinato.
Si noti che in alcuni studi l’etichetta di quantificatore non viene applicata ai soli determinanti, ma viene estesa ai sintagmi nominali quantificati nella loro interezza (per es., Longobardi 1988).
Nelle lingue la cosiddetta quantità cardinale di un nome può essere espressa anche dalla flessione di ➔ numero, con la relativa opposizione tra singolare (per indicare un solo individuo) e ➔ plurale (per indicare più di un individuo, senza precisare quanti). Tale categoria, tuttavia, non indica necessariamente la numerosità dei referenti del nome: può anche indicare se si fa riferimento a un individuo unico e ben identificabile o a un’intera classe. Il numero grammaticale ha valore di quantificatore solo quando si applica a nomi numerabili (➔ nomi) a referenza determinata: per es., cane o cani intesi come quel cane o quei cani in particolare, non come rappresentanti della classe dei cani in generale. La distinzione tra singolare e plurale non vale inoltre per i nomi massa (acqua, mare, ecc.; ➔ massa, nomi di) e per i collettivi (folla, gregge; ➔ collettivi, nomi), oltre che per una varietà di nomi astratti (➔ astratti, nomi).
Per indicare in modo più preciso la numerosità del nome, le lingue usano, oltre che marche morfologiche, una serie di determinanti: gli articoli (➔ articolo), presenti solo in alcune lingue, e i quantificatori propriamente detti, presenti in tutte le lingue.
I quantificatori modificano o specificano la quantità dei referenti cui il nome rimanda attraverso la categoria morfologica del numero.
Una prima distinzione all’interno della classe dei quantificatori è quella tra quantificatori definiti o forti (come i ➔ numerali: uno, due, ecc.), capaci di esprimere la numerosità in modo preciso, e quantificatori i ndefiniti o deboli (qualche, tutti, ecc.; ➔ indefiniti, aggettivi e pronomi), che esprimono invece quantità approssimate (cfr. Simone 200819: 298 segg.).
I numerali sono aggettivi e nomi che vanno da zero all’infinito e sono organizzati secondo una base numerica che può variare da lingua a lingua (in italiano la base è dieci). Gli indefiniti sono determinanti o pronomi che si dispongono secondo una scala graduata (non continua né omogenea) che va da nessuno a infiniti, con i componenti seguenti:
(1) pochi > alcuni / alquanti / qualche > molti / tanti / parecchi / numerosi / vari > tutti / ogni / ciascuno / qualunque / qualsiasi
I quantificatori indefiniti si possono ulteriormente suddividere, in base alle caratteristiche morfologiche (cfr. Salvi & Vanelli 2004: 135), in intrinseci, se hanno solo forma singolare (ciascuno/-a, nessuno/-a, qualche, ogni, qualunque, ecc.) e non intrinseci se si usano prevalentemente al plurale (alcuni/-e, pochi/-e, tutti/-e, molti/-e, numerosi/-e, ecc.).
Tra i quantificatori intrinseci, ogni, qualche, qualunque e qualsiasi si possono usare solo come determinanti di nomi (le grammatiche tradizionali usano, a tal proposito, il termine di aggettivi indefiniti); qualcuno, qualcosa, chiunque, ognuno, niente e nulla sono invece solo pronomi. Tutti gli altri possono essere usati con entrambe le funzioni.
Un’altra distinzione frequente (per es., Andorno 2003: 23 segg.) è quella, mutuata dalla logica, basata sull’ambito in cui operano i quantificatori. Troviamo così quantificatori universali, che si riferiscono a tutti gli individui della classe considerata (come tutto, ogni, ecc.), e quantificatori esistenziali, che si riferiscono ad almeno un individuo della classe considerata (come pochi, alcuni, ecc.). Tra i quantificatori universali si possono poi distinguere quelli che fanno riferimento a una totalità possibile (come qualsiasi e qualunque) e quelli che fanno riferimento a una totalità effettiva (come tutti, ogni, ciascuno, ognuno).
I quantificatori universali possono essere inoltre classificati a seconda che precisino il riferimento a una totalità in senso collettivo (tenuto conto del complesso degli individui, come tutti) oppure in senso distributivo o moltiplicativo (tenuto conto dei singoli individui, come ogni, ciascuno, ognuno, ma anche qualsiasi e qualunque, che aggiungono alla determinazione un riferimento qualitativo). Si noti che i quantificatori intrinseci ammettono solo un’interpretazione distributiva della pluralità.
Gli indefiniti molti, pochi, parecchi, alquanti possono veicolare, oltre al valore esistenziale, una valutazione sulla quantità considerata. A questi corrispondono avverbi di quantità che funzionano come ➔ intensificatori (molto, poco, ecc.), graduando l’intensità dell’elemento modificato (verbo, avverbio, aggettivo). Fanno riferimento a un limite presunto gli indefiniti abbastanza e troppo, utilizzati anche con valore avverbiale. Si vedano anche le sequenze: molto poco, troppo poco, ecc.
Altri indefiniti, come tanto e altrettanto, possono veicolare, oltre al valore esistenziale, anche un’idea di confronto tra quantità. Hanno valore esplicitamente comparativo più e meno.
Tutto può avere in alcuni casi un valore di intensificatore più che di quantificatore: tremi tutto; tutto pepe; tutto pulito.
Si noti che, oltre agli indefiniti, può avere valore di quantificatore universale l’articolo determinativo plurale (i, gli, le: i gatti sono animali affettuosi = «tutti i gatti»); l’articolo indeterminativo può avere invece valore di quantificatore esistenziale.
Hanno solo forma plurale e possono valere sia come determinanti sia come pronomi entrambi e ambedue, che possono trovarsi al posto del cardinale due.
Possono avere valore più o meno definito le locuzioni un paio (di), una dozzina (di), ecc., a seconda che sostituiscano il numerale corrispondente (due, dodici) o che indichino un numero approssimato («all’incirca due, dodici»).
Citiamo infine una serie di espressioni complesse che veicolano i concetti di numerosità (per es., un buon/gran numero, non più di, non meno di, una manciata di, usate per esprimere una quantità approssimata e, con valore iperbolico, un sacco di, un mucchio di, il popolare una cifra di, un mare di, ecc.), di somma (in tutto, in totale), di inclusione (incluso, compreso, tenuto conto di) o di esclusione (escluso, senza contare, a eccezione di).
Tra il quantificatore e un verbo può interporsi la preposizione in, di preferenza in riferimento a un’associazione non casuale di individui, tipicamente umani:
(2) erano tre → erano in tre
(3) siamo pochi → siamo in pochi
Alcuni indefiniti ammettono una costruzione partitiva (➔ partitivo) che accentua il significato di prelievo da un insieme più ampio, con passaggio dell’indefinito da determinante a pronome:
(4) molti miei amici → molti dei miei amici → molti tra i miei amici
(5) un mio libro → uno dei miei libri → uno tra i miei libri
Uguale valore hanno le espressioni la maggior parte di, gran parte di, un po’ di.
I pronomi indefiniti che esprimono quantità parziali, a differenza di tutto, prendono la particella partitiva ne: li ho trovati tutti ma ne ho trovati alcuni; ne sono arrivati troppi (➔ inaccusativi, verbi). Lo stesso dicasi dei numerali quando sono usati come pronomi: ne sono arrivati cinque.
Entrambi ha in comune con tutto due proprietà: è obbligatoriamente seguito dall’articolo determinativo o da un dimostrativo (entrambi / tutti i / quei libri). Quando tutti è seguito da un numerale, si interpone la congiunzione e (tutti e due).
L’articolo indefinito, quando precede un numerale maggiore di 1, ha il senso di «all’incirca»: ci saranno state un dieci persone.
Alcuno al singolare è sempre accompagnato da ➔ negazione (senza, non) ed equivale all’indefinito negativo nessuno: non c’è alcun motivo, non vedo alcuna difficoltà. Si ricordi che in italiano, a differenza, ad es., dell’inglese e del francese, è ammessa la doppia negazione: non vedo nessuno.
Andorno, Cecilia (2003), La grammatica italiana, Milano, Bruno Mondadori.
Longobardi, Giuseppe (1988), I quantificatori, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 1988-1995, 3 voll., vol. 1° (La frase. I sintagmi nominale e preposizionale), pp. 645-696.
Salvi, Giampaolo & Vanelli, Laura (2004), Nuova grammatica italiana, Bologna, il Mulino.
Simone, Raffaele (200819), Fondamenti di linguistica, Roma - Bari, Laterza (1a ed. 1990).