quantità fonologica
Per quantità fonologica si intende il tratto distintivo di carattere prosodico (➔ prosodia) che oppone i segmenti fonici, sia vocalici sia consonantici, secondo la loro lunghezza. Essendo una proprietà prosodica, il riconoscimento della quantità (breve o lunga) richiede il confronto con gli altri segmenti che si susseguono nella catena fonica. Già Jakobson (1966; cfr. anche Jakobson & Halle 1956) aveva posto la quantità, al pari dell’➔accento, tra i tratti prosodici o soprasegmentali, dal momento che il loro dominio è superiore al singolo fonema.
La nozione di quantità è intrinsecamente fonologica, rinvia cioè al valore distintivo che la lunghezza di un segmento può rivestire all’interno di un sistema linguistico (➔ fonologia); viceversa, la durata fisica dei suoni è nozione fisica, e dunque di natura fonetica (➔ fonetica).
In italiano, il tratto di quantità ha valore distintivo nell’ambito del consonantismo (➔ consonanti), come dimostrano le seguenti coppie minime (➔ coppia minima):
(1) cane ~ canne; pale ~ palle; caro ~ carro; fata ~ fatta
Viceversa, la correlazione di quantità fonologica non funziona per le ➔ vocali, dal momento che la lunghezza vocalica è determinata dalla struttura della ➔ sillaba: una vocale si allunga se è accentata e si trova in sillaba aperta non finale di parola: ad es., mela [ˈmeːla], faro [ˈfaːro]. Ciò significa che a livello fonologico tutte le vocali sono brevi, e che le vocali lunghe che si osservano in superficie sono determinate dal contesto (cfr. Vogel 1982; Marotta 1985; Nespor 1993; ➔ variante combinatoria).
Il quadro fin qui delineato fa riferimento all’➔italiano standard, basato sul toscano, ma non può dirsi valido per tutte le ➔ varietà italiane. In generale, nei dialetti settentrionali e quindi, almeno in alcuni livelli diastratici e diafasici bassi, anche negli italiani regionali nel Nord d’Italia, l’opposizione di quantità consonantica non si riscontra (ciò ha vistosi effetti anche nella grafia dei semicolti, che non adoperano in modo corretto le lettere doppie; ➔ doppie, lettere); viceversa, nel Centro-Sud, tanto nei dialetti che nelle varietà di italiano, il contrasto di lunghezza consonantica è conservato e impiegato regolarmente (Rohlfs 1966; Mioni 2001).
D’altra parte, al Nord vi sono anche varietà in cui i rapporti di pertinenza risultano capovolti rispetto alla lingua standard, nel senso che ad essere distintiva è la sola quantità vocalica: ad es., nei dialetti di area emiliana (cfr. Uguzzoni 1971 e 1975; Filipponio 2010), lombarda occidentale (Repetti 1992; Bonfadini 1997) e friulana (Baroni & Vanelli 1999).
In latino (➔ latino e italiano), la quantità era fonologica sia nel vocalismo che nel consonantismo; si considerino, ad es., le seguenti coppie (cfr. Giannini & Marotta 1989):
(2)
per il vocalismo
vĕnit «(egli) viene» ~ vēnit «(egli) venne»
mălum «male» ~ mālum «mela»
(3)
per il consonantismo
colis «(tu) coltivi» ~ collis «colle»
anus «donna vecchia» ~ annus «anno»
La pertinenza del tratto di quantità sia per il consonantismo sia per il vocalismo è ulteriormente dimostrata dal fatto che in latino vocali lunghe potevano essere seguite da consonanti lunghe: per es. mīlle, corōlla. Viceversa, in italiano, se c’è una consonante lunga o geminata, la vocale precedente è invariabilmente breve.
Anche l’opposizione di quantità consonantica va di norma perduta nelle lingue romanze, tranne che in italiano e, per alcuni segmenti, anche nello spagnolo (per es., nell’opposizione /r/ /rː/: pero «ma» ~ perro «cane»; ➔ lingue romanze e italiano).
Nel latino tardo e, almeno nelle varietà diafasiche e diastratiche basse, già in epoca imperiale l’opposizione di quantità vocalica era andata perduta a favore di opposizioni timbriche, basate sul tratto di tensione del segmento vocalico piuttosto che sulla sua lunghezza (Vineis 1984; Marotta 2000). Nel dominio romanzo, la quantità vocalica è andata di norma perduta; la sua presenza in alcune parlate dialettali italiane (cfr. § 2) è dovuta a un ripristino piuttosto che alla conservazione dell’originaria opposizione attiva in latino; è inoltre probabile che la nuova insorgenza della quantità vocalica distintiva sia dovuta alla perdita delle consonanti geminate (cfr. Lüdtke 1956; Haudricourt & Juilland 1949; Loporcaro 2007; Filipponio 2010).
In riferimento ai tratti distintivi, un primo aspetto teorico rilevante nel dominio della quantità fonologica riguarda il rapporto tra il tratto di quantità, o lunghezza, e quello di tensione (➔ fonetica articolatoria, nozioni e termini di). Di norma, le vocali lunghe sono più tese e più periferiche rispetto a quelle brevi, che sono invece più rilassate e centrali; parimenti, c’è un rapporto di proporzionalità diretta tra grado di apertura della vocale e sua durata intrinseca: /a/ è più lunga di /i/ o /u/. Nel consonantismo, le occlusive sorde sono più lunghe di quelle sonore; le affricate sono più lunghe delle occlusive; le liquide sono le consonanti più brevi (Mioni 2001).
Nel quadro dei tratti distintivi jakobsoniani (Jakobson 1966), il tratto di lunghezza è un tratto prosodico, mentre il tratto di protensione appartiene al novero dei tratti intrinseci di sonorità. La correlazione di quantità fonologica, nei sistemi che la possiedono, è di solito binaria, ma in alcune lingue ci sono tre gradi di lunghezza: breve, lungo e iperlungo (per es. in estone).
Per quanto riguarda la struttura sillabica (➔ sillaba), di norma le vocali lunghe sono tautosillabiche come quelle brevi, associate al costituente che forma il nucleo, mentre le consonanti lunghe sono eterosillabiche (cfr. Goldsmith 1990); di conseguenza, la posizione canonica delle consonanti lunghe è quella interna di parola, e non iniziale o finale. Ci sono tuttavia alcuni contesti in cui le consonanti lunghe compaiono all’inizio di parola (in italiano tipicamente nel ➔ raddoppiamento sintattico). Sono invece sempre escluse le consonanti lunghe finali di parola; nell’italiano toscano, la geminazione di consonanti finali produce infatti l’➔epitesi vocalica; per es., tosc. ba[rːe] per bar, bu[sːe] per bus (➔ fonetica sintattica); un fenomeno analogo, ma con ripresa dell’ultima vocale, si ha in salentino: ba[rːa] per bar, bu[sːu] per bus.
Le consonanti lunghe o geminate occupano, per la loro prima sezione, la posizione di coda sillabica, anche nei sistemi in cui questa possibilità è preclusa alle corrispondenti brevi; ciò vale in italiano per le occlusive e le affricate: per es., gat.to, sac.co, rab.bia, fac.cio, raz.za, ma *pac.to, *sik.to, puz.co a prescindere da parole dotte o prestiti, come cap.tare, rap.tus, cactus, Cuzco. Non ci sono invece restrizioni sulla posizione di attacco sillabico: tutte le consonanti, sia semplici che geminate, sono associabili all’attacco, anche se appartenenti a gruppi consonantici; ad es., ap.prendere come ap.peso, af.fricata come af.fitto.
Baroni, Marco & Vanelli, Laura (1999), Il contrasto di lunghezza vocalica in friulano, in Fonologia e morfologia dell’italiano e dei dialetti d’Italia. Atti del XXXI congresso della Società di Linguistica Italiana (Padova, 25-27 settembre 1997), a cura di P. Benincà, A. Mioni & L. Vanelli, Roma, Bulzoni, pp. 291-317.
Bonfadini, Giovanni (1997), Le opposizioni vocaliche di durata nel dialetto di Novate Mezzola (Sondrio), in Bandhu. Scritti in onore di Carlo della Casa, a cura di R. Arena et al., Alessandria, Edizioni dell’Orso, pp. 583-604.
Filipponio, Lorenzo (2010), La struttura di parola dei dialetti della valle del Reno, Sala Bolognese, Forni.
Giannini, Stefania & Marotta, Giovanna (1989), Fra grammatica e pragmatica. La geminazione consonantica in latino, Pisa, Giardini.
Goldsmith, John A. (1990), Autosegmental and metrical phonology, Oxford, Blackwell.
Haudricourt, André G. & Juilland, Alphonse G. (1949), Essai pour une histoire structurale du phonétisme français, Paris, Librairie C. Klincksieck.
Jakobson, Roman (1966), Fonetica e fonologia, in Id., Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, Milano, pp. 79-124 (ed. orig. Phonetics and phonology, in Id., Selected writings, ’s-Gravenhage, Mouton, 1962, vol. 1º).
Jakobson, Roman & Halle, Morris (1956), Fundamentals of language, ’s-Gravenhage, Mouton.
Loporcaro, Michele (2007), Facts, theory and dogmas in historical linguistics. Vowel quantity from Latin to Romance, in Historical linguistics 2005. Selected papers from the 17th International conference on historical linguistics (Madison, Wisconsin, July 31 - August 5, 2005), edited by J.C. Salmons & S. Dubenion-Smith, Amsterdam - Philadelphia, John Benjamins, pp. 311-336.
Lüdtke, Helmut (1956), Die strukturelle Entwicklung des romanischen Vokalismus, Bonn, Romanisches Seminar an der Universität Bonn.
Marotta, Giovanna (1985), Modelli e misure ritmiche. La durata vocalica in italiano, Bologna, Zanichelli.
Marotta, Giovanna (2000), Sulla massimalità dei piedi trocaici: il caso del latino, «Lingua e stile» 35, pp. 387-416.
Mioni, Alberto M. (2001), Elementi di fonetica, Padova, Unipress.
Nespor, Marina (1993), Fonologia, Bologna, il Mulino.
Repetti, Lori (1992), Vowel length in Northern Italian dialects, «Probus» 4, pp. 155-182.
Rohlfs, Gerhard (1966), Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1966-1969, 3 voll., vol. 1º (Fonetica) (ed. orig. Historische Grammatik der italienischen Sprache und ihrer Mundarten, Bern, Francke, 1949-1954, 3 voll., vol. 1º, Laut-lehre).
Uguzzoni, Arianna (1971), Quantità fonetica e quantità fonematica nell’area dialettale frignanese, «L’Italia dialettale» 34, pp. 115-136.
Uguzzoni, Arianna (1975), Appunti sulla evoluzione del sistema vocalico di un dialetto frignanese, «L’Italia dialettale» 38, pp. 47-76.
Vineis, Edoardo (1984), Problemi di ricostruzione della fonologia del latino volgare, in Id. (a cura di), Latino volgare, latino medioevale, lingue romanze. Atti del Convegno della Società italiana di glottologia (Perugia, 28-29 marzo 1982), Pisa, Giardini, pp. 45-62.
Vogel, Irene (1982), La sillaba come unità fonologica, Bologna, Zanichelli.