QUINQUEREME
. Per tutto il sec. V a. C., la nave da battaglia greca fu l'agile triere (v. marina; nave). Ma verso la fine di quel secolo, i nuovi trovati della balistica, affermatisi presso i Cartaginesi e i Greci d'occidente nella guerra terrestre, s'imposero anche all'ingegneria navale greca, e si pensò di armare le navi con le nuove potenti macchine da tiro (v., ad es., in Diodoro, XX, 51, la descrizione della battaglia di Salamina di Cipro, 306 a. C., che si apre con un intenso tiro delle macchine delle due flotte). Per portare queste macchine, si dovettero costruire navi più grandi delle leggiere triremi, ottenendo così anche i vantaggi di una maggiore stabilità, resistenza all'urto e autonomia. Fu però necessario accrescere contemporaneamente la forza motrice delle nuove navi, cioè aumentare il numero dei rematori. Si costruirono perciò tetreri e penteri (τετρήρης, lat. quadrieris, quadriremis; πεντήρης, lat. penteris, quinqueres, quinqueremis), le quali appaiono per la prima volta nella flotta che Dionigi il Vecchio di Siracusa fece costruire nel 399 per la guerra contro, Cartaginesi. Ma il fatto che Aristotele (in Plinio, Nat. Hist., VII, 208) attribuisce l'invenzione della tetrere ai Cartaginesi, che per queste cose erano in stretta comunicazione con i costruttori Siri e Ciproti, e la notizia di Mnesigitone che fa inventori della quinquereme i Salaminî (certo quelli di Salamina di Cipro), sembrano indicare le coste del Mediterraneo più orientale, come area d'origine delle grandi navi ellenistiche. E sempre per il tramite dei Cartaginesi, i Siracusani avrebbero appreso a costruire le eseri, ricordate per l'età di Dionigi II e delle quali Senagora attribuiva ad essi l'invenzione. Certo i nuovi tipi di navi compaiono molto più tardi nella Grecia propria; la flotta ateniese solo nel 329 conta, su 410 navi, 18 tetreri, nel 324, su 417 navi, 50 tetreri e 7 penteri. Invece le grosse navi appaiono in gran numero nelle flotte di Alessandro e dei suoi successori costruite nei porti ciprioti e fenici; nel 306 a Salamina la flotta di Demetrio Poliorcete era formata in gran parte di penteri e comprendeva anche un certo numero di epteri, e sempre in quest'area si passò presto a costruire navi ancora maggiori. La gara ai colossi fra i potentati ellenistici portò a fabbricare navi sempre più grosse (sono citati i loro nomi composti con i numeri 9, 10, 11, 12, 13, 15, 16, 20, 30 e 40 e il suffisso -ηρης: v. specialmente Ateneo, V, 36). Le più grosse unità non si costruirono però che in numero limitato, e le grossissime che in esemplari unici. Anzi, l'alto costo e le difficoltà che esse dovevano presentare specialmente per l'equipaggiamento fecero sì che se ne abbandonò la costruzione e perciò le tetreri, e soprattutto le penteri, rimasero le navi da battaglia normali dei tre primi secoli a. C. E quando i Romani nella prima guerra punica dovettero armare una grande flotta, adottarono come nave di linea la quinqueremis, imitando le penteri cartaginesi; la flotta romana vincitrice a Milazzo aveva preso il mare con 100 quinqueremi e 20 triremi. Di quinqueremi è formato il grosso della flotta romana all'inizio della guerra annibalica. I Romani trassero il massimo partito dalla maggiore stabilità e portata di queste navi, caricandole di numerosi soldati di terra e cercando di ottenere la vittoria con la lotta bordo a bordo. Polibio dice che ogni quinquereme romana aveva 300 rematori e 120 soldati (I, 26, 7).
Il sistema di remeggio di queste navi ci è ignoto, perché nessuna notizia diretta ci è giunta in proposito. Tanto più numerose sono le ipotesi emesse dai moderni. Si è d'accordo nel ritenere che fino alla triere i remi venissero manovrati ciascuno da un singolo rematore; fossero i rematori collocati su uno stesso piano o quasi e i remi disposti a gruppi di tre, o in piani sovrapposti con i remi uscenti da tre ordini di fori (v. trireme). Per le navi più grosse, alcuni ritengono che si seguisse il sisiema degli ordini sovrapposti di remi e di rematori, e che perciò pentere significhi nave con cinque ordini di remi, esere con sei, ecc. È però difficile ottenere anche una semplice rappresentazione grafica di navi così remeggiate che soddisfi e sembri tecnicamente possibile. Perciò altri ritengono che i numeri componenti i nomi delle polieri antiche indichino non ordini di remi, ma l'entità della forza motrice umana impiegata. Per la tetrere si ammette che potesse essere mossa da gruppi di quattro remi manovrati ciascuno da un rematore o da un solo ordine di remi manovrati ciascuno da quattro rematori. La pentere invece sarebbe stata mossa da un solo ordine di remi manovrati ciascuno da cinque rematori; anzi, la scoperta essenziale del sec. IV a. C. in questo campo sarebbe stata quella del grande remo manovrato da più di un rematore. Per le navi superiori alle penteri, si suppone da alcuni che esse fossero mosse da remi manovrati sino da 10 rematori ciascuno (decere); sopra le deceri, i remi, disposti a gruppi, sarebbero stati mossi ciascuno da parecchi rematori e la somma dei rematori addetti a ogni gruppo di remi avrebbe indicato la forza motrice della nave, e così via si sarebbe giunti fino alla tessaracontere mossa da gruppi di quattro remi, ciascuno manovrato da dieci rematori, cioè a una gigantesca tetrere, supposto che le tetreri fossero mosse da remi raggruppati a quattro a quattro. Conviene inoltre notare, che nelle varie epoche devono essere stati apportati a queste navi modificazioni e perfezionamenti, che investivano specialmente il sistema del remeggio, così che probabilmente esse non erano costruite sempre secondo lo stesso tipo. Infatti sappiamo che i Romani avevano iniziato nella prima punica lȧ guerra marittima con quinqueremi imitate dai Cartaginesi. Ma all'assedio di Lilibeo comparve una nave di nuovo tipo, costruita da un Annibale detto Rodio, la quale per la sua velocità riuscì a forzare parecchie volte il blocco romano. Quando alla fine questa nave cadde in potere dei Romani, essi costruirono imitandola le quinqueremi della flotta di Lutazio Catulo, che decise alle Egadi la prima guerra punica. Le grosse navi riapparvero per l'ultima volta ad Azio nella flotta di Antonio, nella quale erano anche deceri. Ad Azio la fortuna arrise alle piccole e agili navi liburniche di Ottaviano, e per questo, e perché non esistevano più flotte con grosse navi da combattere, i Romani dopo Azio preferirono in genere navi più piccole, di solito biremi, le quali rimasero in uso nella flotta da guerra sino alla fine dell'antichità.
Bibl.: E. Assmann, s. v. Seewesen, in A. Baumeister, Denkmäler der klass. Altertums, Monaco-Lipsia 1888, III, p. 1593 segg.; C. Torr., Ancient Ships, Cambridge 1895, p. 5 seg.; A. Köster, Das antike Sewesen, Berlino 1923, p. 143; id., in J. Kromayer e G. Veith, Heerwesen und Kriegführung der Griechen und Römer, Monaco 1928, pp. 182 e 616; id., Studien zur Geschichte des antiken Seewesen, Lipsia 1934; F. Miltner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., suppl. V, col. 938; W. W. Tarn, Hellenistic Military and Naval Developments, Cambridge 1930, p. 122 segg.