RAIMONDI, Quintiliano
RAIMONDI, Quintiliano. – Nacque a Nerola, presso Roma, il 23 dicembre 1794 da Giovan Sante, facoltoso possidente, e da Anna Attilia Castigliani. La sua presenza a Roma è documentata a partire dagli anni della formazione presso l’Accademia di S. Luca. Tra il 1818 e il 1819 il giovane, che di lì in poi avrebbe avuto dimora nel palazzo Barigioni al n. 81 di via della Pedacchia, frequentò il corso di geometria, prospettiva e ottica tenuto da Pietro Delicati e quello di elementi d’architettura e d’ornato di Basilio Mazzoli: con quest’ultimo si diede a copiare le opere del ticinese Giocondo Albertolli «ragionando sulle buone forme, onde esatta ne sia l’esecuzione» (Corbo, 1970, p. 108).
Nel 1822 vinse il secondo premio di architettura teorica con un progetto per una porta di città (Archivio di Stato di Roma, Camerlengato, parte I, titolo IV, b. 36, fasc. 100; Accademia di S. Luca, Archivio storico, Miscellanea scuole I, nn. 12-13).
Nel 1824 prese parte al concorso Clementino di prima classe indetto dalla medesima accademia. Il tema progettuale proposto fu la riedificazione della basilica di S. Paolo fuori le Mura, distrutta da un incendio nel mese di giugno 1823.
Il progetto di Raimondi, distinto con il motto «Dicea “dei tuoi favor rendimi degna”» (Accademia di S. Luca, Archivio storico, Miscellanea concorsi I, n. 18) ed esposto in occasione della premiazione, al pari degli altri in concorso, nella sala del palazzo Senatorio in Campidoglio, fu lodato «per l’elegante partito della pianta, non che per lo stile delle decorazioni, ch’è conveniente alla grandezza e alla dignità dell’edifizio» (Lovery, 1825, p. 36); minore apprezzamento riscossero il vestibolo, «troppo vasto e maestoso» rispetto all’esiguità delle dimensioni delle absidi poste attorno alla tribuna, e la scelta di murare la parte terminale delle navate laterali sacrificando «l’antica bellezza de’ colonnati» (ibid.).
Il 21 dicembre 1826 Raimondi presentò domanda per il rilascio della patente di architetto ai sensi del regolamento emanato il 25 giugno 1823 a firma del cardinale Ercole Consalvi «per regolare l’abilitazione alla professione dei periti, degli architetti e degli ingegneri civili» (Cipriani, 2008, p. 403), accludendovi i titoli richiesti e una positiva attestazione di Giulio Camporese. La concessione gli venne però in un primo tempo rifiutata dal presidente dell’Accademia, Girolamo Scaccia, in forza degli articoli dal 22 al 28 del regolamento e in specie dell’articolo 23, specificando come non fosse possibile «dare la patente di architetto a tutti gli scolari che usciranno dalle scuole accademiche con qualche profitto, il che non basta, e bisogna che vi siano gli studi delle scienze, la pratica, l’esame, la cauzione» (ibid.). Due anni dopo la questione sembrava essere ancora irrisolta. In una lettera indirizzata il 10 settembre 1828 al segretario di Stato, cardinale Tommaso Bernetti, cui allegava attestati a firma dei docenti Gaspare Salvi, Giuseppe Valadier e del Camporese, Raimondi supplicava il rilascio dell’abilitazione con il beneficio della deroga della cauzione, affermando di contare «otto anni di esercizio soddisfacente ai committenti, fra quali sono compresi de’ Luoghi Pii, che lo hanno per Architetto» (Archivio di Stato di Roma, Congregazione degli Studi 1816-1870, Personale-Istanze, b. 139, ms., p. 1r): sono noti in proposito i lavori di risistemazione e la perizia redatta per la chiesa arcipretale di Montorio Romano (1828-1831) e la decorazione della navata maggiore della chiesa cattedrale dell’Assunta a Nepi, oggetto di una lunga serie di interventi di restauro a seguito dei danni subiti durante l’occupazione francese (1823-38; Archivio di Stato di Roma, Presidenza di Roma e Comarca, Titolo VII, Culto, 1827-1870, buste 1305-1306; La presidenza di Roma e Comarca, 2008).
«Primiera opera» romana di Raimondi fu, secondo Francesco Gasparoni, il quale nel 1830 la diceva da poco ultimata (Gasparoni, 1830; Gasparoni, 1841), la ristrutturazione del palazzetto posto sulla via del Babuino ai numeri 19-24 in angolo con via Margutta.
La facciata dell’edificio è trattata interamente a bugnato piatto e liscio, con elementi di forma quadrata e rettangolare nell’alto basamento che ingloba il pianterreno e il mezzanino, solo rettangolare ai piani successivi: «esempio tra i moderni rarissimo, non però tra gli antichi» (ibid., p. 135). Dell’edificio così rinnovato veniva elogiata la «semplicità e larghezza di maniera ne’ generali, e che ti fanno vedere spazioso un fabbricato quantunque mediocre di mole» (p. 136); non rilevanti, ma puntualmente riscontrate, alcune pecche, quali le proporzioni dell’unico balcone che sormonta l’ingresso, giudicate esigue in rapporto alla facciata, e i cantonali che Raimondi scelse di evidenziare soltanto al di sopra del basamento, laddove «la robustezza degli angoli di una fabbrica vuol ragione si mostri piuttosto al piantato, che sopra il piantato medesimo» (p. 136).
Nel 1835 Raimondi prese parte alla campagna di scavo, voluta da Alessandro Torlonia e diretta da Pietro Ercole Visconti nella tenuta di Ceri, presso il monte Abatone, a seguito della quale furono portati alla luce due importanti monumenti sepolcrali e i relativi corredi funebri. Raimondi eseguì il rilievo di quanto rinvenuto, restituito graficamente in tredici tavole incise da Gaetano Cottafavi e riprodotte in un volume pubblicato da Visconti (1836).
Gli scavi di Ceri costituirono con tutta probabilità una delle prime occasioni di contatto con la famiglia Torlonia, con la quale Raimondi avrebbe instaurato un duraturo rapporto professionale che, considerata l’assenza di notizie relative a successive opere eseguite per una diversa committenza, può presumersi abbia di lì in poi assorbito l’intera sua attività.
Sul finire del decennio curò, per incarico di Carlo Torlonia, la sistemazione del casino nobile di villa Carolina a Castel Gandolfo.
Già oggetto di interventi a opera di Giuseppe Valadier, la villa fu nuovamente ristrutturata da Raimondi, cui Oreste Raggi, il quale ne scriveva a Luigi Poletti nell’ottobre del 1842, attribuiva «la facciata ed il vestibolo dello stesso casino, come sua è la cornice che vi gira intorno e tutti gli ornati di stucco così esternamente che nello interno» (1844, p. 254).
Connotato da «linee classiche e rigorose» (Campitelli, 1991, p. 72) e circondato da un parco allestito all’inglese, l’edificio destò l’ammirazione dei contemporanei anche per la bellezza degli ornati, con bassorilievi di Bertel Thorvaldsen (eseguiti da Pietro Galli) e di Domenico Cardelli.
Ancora alla fine degli anni Trenta Alessandro Torlonia commissionò a Raimondi la realizzazione di un teatro e di un’aranciera da collocarsi presso la villa sulla via Nomentana, intrapresa a partire dal 1841.
L’edificio teatrale, che asseconda nella giacitura la naturale pendenza del terreno, ha il fronte principale rivolto a sud dal quale si ha accesso al palcoscenico: al di sopra di una sorta di podio, il portico, con colonne di ordine tuscanico, ha un movimento sinuoso dovuto alla concavità conferita alla parte centrale. Ampie vetrate chiudono gli intercolumni; all’interno, il deambulatorio è illuminato da una serie di lucernari di ghisa e vetro posti sulla copertura. Il volume esterno è cinto alla base dalle serre, analogamente in ghisa e vetro, che assecondano l’andamento del portico. Il fronte settentrionale, ove è situato l’ingresso al teatro, ha un porticato convesso di ordine ionico; ai fianchi Raimondi pose, al pari del fronte meridionale, arcate sorrette da pilastri tuscanici e vetrate a tutta altezza. Ai lati dell’ambiente teatrale e direttamente collegati con la galleria principale sono due appartamenti speculari, utilizzati come sale di intrattenimento e riccamente decorati.
Ancora per il casato, dal 1839 al 1841, fu impegnato nella risistemazione del teatro di Tordinona (poi Apollo), nel quale riallestì con nuovi apparati decorativi il caffè, gli ambulacri e l’appartamento adiacente al quarto ordine (Filippo Bigioli, 1998; Il Museo di Roma, 2002). Il 25 gennaio 1839 fu eletto tra gli accademici di S. Luca.
A partire dal medesimo anno subentrò al defunto Valadier nella realizzazione della cappella Torlonia (già di S. Giovanni Nepomuceno) in S. Giovanni in Laterano, inaugurata nel febbraio 1850, nella quale furono collocati i monumenti funebri di Giovanni e della consorte Anna Maria. L’organismo, a croce greca con pilastri di ordine corinzio, ha una cupola a copertura del vano centrale. La tipologia dell’impianto e la ricca decorazione, in cui si fece largo uso di marmi policromi, riecheggiano la tradizione delle grandi cappelle funerarie romane (Steindl, 1991). Negli anni Quaranta sovrintese, succedendo a Giovan Battista Caretti, ai lavori in atto nel palazzo Torlonia in piazza Venezia.
Morì a Roma il 12 (o 14) gennaio 1848 dopo una lunga malattia. Inizialmente collocata in S. Marco, la salma venne traslata e deposta, per volontà di Alessandro Torlonia, nella cripta della cappella di famiglia in S. Giovanni in Laterano.
Ufficialmente commemorato in S. Luca nella congregazione del 28 gennaio, in quella occasione le sue opere furono alquanto ingenerosamente definite «di non volgare eleganza». In realtà le architetture di Raimondi, e in specie l’intervento nella villa Torlonia, si pongono tra le più interessanti del periodo per aver saputo coniugare, con soluzioni eleganti e non banali, il linguaggio della tradizione e le tecnologie più innovative dell’epoca.
Fonti e Bibl.: Accademia nazionale di S. Luca, Archivio storico, vol. 107, n. 27; Miscellanea concorsi I, n. 18; Miscellanea scuole I, nn. 12-13; Archivio di Stato di Roma; Nerola, Archivio storico parrocchiale, Liber Confirmatorum Ven. Ecclesiae Sanctae Mariae in Santo Georgis Terrae Nerulae in Sabinis, 1794-1906, ms., p. 3r; E. Lovery, Esposizione pel Concorso Clementino nella gran sala del Palazzo Senatorio in Campidoglio, in Memorie romane di antichità e di belle arti, I, sez. II, Roma 1825, p. 36.
F. Gasparoni, Di una casa privata al Babbuino con rivolta presso via Margutta opera dell’architetto signor Q. R., in Id., Osservazioni sopra alcune romane fabbriche recentemente innalzate di A.F.G.A., Roma 1830, pp. 114-123; P.E. Visconti, Antichi monumenti sepolcrali scoperti nel ducato di Ceri negli scavi eseguiti d’ordine di S.E. il Signor D. Alessandro Torlonia…, Roma 1836; F. Gasparoni, Due fabbriche romane, a ponente l’una, a settentrione l’altra, in Id., L’architetto girovago. Opera piacevole ed instruttiva, I, Roma 1841, pp. 132-136; O. Raggi, Sui colli Albani e Tusculani. Lettere di Oreste Raggi al cavaliere Luigi Poletti, Roma 1844, pp. 254-256; A.M. Corbo, L’insegnamento artistico a Roma nei primi anni della Restaurazione, in Rassegna degli Archivi di Stato, XXX (1970), 1, pp. 108 s., 110 s.; I. Belli Barsali - M.G. Branchetti, Ville della campagna romana, Milano 1975, p. 152; M.F. Apolloni et al., La villa di Alessandro Torlonia, in Ricerche di storia dell’arte, 1986, nn. 28-29, pp. 18-21, 33; A. Campitelli, Villa Torlonia. Storia e architettura, Roma 1989, pp. 27-31, 37 s., 48 s.; Ead., Le ville Torlonia di Roma e Castel Gandolfo, in Thorvaldsen. L’ambiente, l’influsso, il mito, a cura di P. Kragelund - M. Nykjær, Roma 1991, pp. 67, 72, 75; B. Steindl, Una committenza Torlonia: la cappella Torlonia a San Giovanni in Laterano, ibid., pp. 89 s.; Filippo Bigioli e la cultura neoclassico-romantica fra le Marche e Roma (catal., San Severino Marche), a cura di G. Piantoni, Roma 1998, pp. 79 s., 84; E. Caniglia, Il concorso Clementino del 1824. Storia e cronaca di una celebrazione accademica, in Le «scuole mute» e le «scuole parlanti». Studi e documenti sull’Accademia di San Luca nell’Ottocento, a cura di P. Picardi - P.P. Racioppi, Roma 2002, pp. 385, 388; Il Museo di Roma racconta la città (catal.), a cura di M.E. Tittoni, Roma 2002, pp. 333, 338; A. Cipriani, Breve nota d’archivio. Il regolamento dell’Accademia di San Luca del 1823, in Architetti e ingegneri a confronto. L’immagine di Roma fra Clemente XIII e Pio VII, a cura di E. Debenedetti, III, Roma 2008, pp. 403 s.; La Presidenza di Roma e Comarca. Titolo VII, Culto-Inventario (1827-1870), a cura di G. Montani, Roma 2008, pp. 52, 54; A. Campitelli - A. Agati, Il teatro di Villa Torlonia: storia di un recupero, in Bollettino dei Musei comunali di Roma, n.s., XXVIII (2014), pp. 139-148.