quinto
Numerale ordinale, di cui si hanno parecchie occorrenze nell'opera dantesca, alcune in connessione con ‛ quarto ' (v.). Quelle della Vita Nuova si riferiscono a una delle ‛ parti ' in cui D. divide i suoi componimenti poetici, per illustrarne la struttura (cfr. XV 9, XLI 7 [due volte] e 8).
Nel Convivio i riferimenti sono più vari, e concludono quasi sempre un elenco: La prima [delle cagioni che inducono alcuni a preferire lo volgare altrui] è cechitade di discrezione; la seconda... la terza... la quarta... la quinta e ultima, viltà d'animo (I XI 2). Così in XI 18 (La quinta e ultima setta), II II 9 e III I 13 (q. verso), III III 11 (q. natura), II III 7 (lo quinto [dei dieci cieli] è quello di Marte; cfr. anche XIII 20), III XI 4 (a indicare il posto che occupa Lindio fra i sette savi antichissimi), IV XVII 5 (la q. delle undici vertudi ricordate da Aristotele, cioè la Magnanimitade). Un elenco analogo si ha nell'unica occorrenza del Fiore, dove sono citate le cinque metaforiche saette di Amore: La prima ha nom Bieltà... / la seconda... / la terza... / la quarta... / la quinta appella l'uon Buona Speranza (I 14).
Anche nel Convivio q. può designare una parte di un'opera letteraria (dice Salomone nel quinto capitolo de li Proverbi, IV VII 13; ciò vuol dire Lucano nel quinto libro, XIII 12; cfr. inoltre XXVI 8, 11 e 14), assumendo spesso funzioni di sostantivo: dice lo Filosofo nel quinto de l'Etica, I XII 10 e II XIV 15; II V 14, XIV 4, III XI 16.
Nella Commedia, alle indicazioni di carattere topografico - l'arco / che dal quarto al quinto argine è tragetto, If XIX 129; e analogamente XXIII 56, Pg XIX 70, Pd XVIII 28 - se ne aggiungono varie altre: il giro della catena che avvolge Fialte (If XXXI 90); uno dei giorni della prigionia di Ugolino (vid'io cascar li tre [giovani]... / tra 'l quinto dì e 'l sesto, XXXIII 72 [che in qualche codice antico, come il Cortonese e il Riccardiano 1005, si altera in quarto dì]. Cfr. lo dì e l'altro, e quarto dì, ai vv. 65 e 67: non è certo senza significato la precisione con cui Ugolino scandisce le tappe della sua agonia); la quinta ora del giorno (corrispondente circa alle 11 antimeridiane, in Pg XXII 119); il vocabol quinto, cioè la parola terram che è appunto la q. formata dai beati nel cielo di Giove (Pd XVIII 94); uno dei concentrici cerchi d'igne corrispondenti ai cori angelici (XXVIII 30, due volte).
La quinta luce che nel cielo del Sole si dispone in corona con le altre undici intorno a D. e a Beatrice, è quella di Salomone (Pd X 109 e XIII 48), mentre nella quinta de le luci sante che formano il ciglio dell'aquila è racchiuso lo spirito di Rifeo (XX 69 e 100).
Da notare infine l'uso sostantivato di q., come partitivo: nella Firenze di Cacciaguida gli uomini atti alle armi erano il quinto [la " quinta parte "] di quei ch'or son vivi (Pd XVI 48). E anche: i movimenti dei cieli son mensurati (cioè " determinati ") da quello del Primo Mobile sì come diece da mezzo e da quinto, " perché il cinque (mezzo del dieci) e il due (quinto del dieci) moltiplicati insieme formano dieci " (Casini-Barbi, a Pd XXVII 117). " Il Porena emenda sì come dieci da mezzo di quinto, ‛ dalla metà d'un quinto di dieci: dall'unità '; ma è congettura assolutamente arbitraria, posto che il dieci è proprio il prodotto di cinque per due. Soggiunge il Porena: ‛ anche un terzo, un quarto, ecc. ecc. sono frazioni di dieci ', senz'accorgersi che Dante pratica una vera scomposizione in numeri primi " (Petrocchi, ad locum).