Quo vadis?
(Italia 1912, 1913, colorato, 119m a 16 fps); regia: Enrico Guazzoni; produzione: Cines; soggetto: dall'omonimo romanzo di Henryk Sienkiewicz; sceneggiatura: Enrico Guazzoni; fotografia: Alessandro Bona; scenografia: Camillo Innocenti.
Il nobile Vinicio si innamora della giovane Licia e ottiene dall'amico Petronio, consigliere di Nerone, che l'imperatore la faccia rapire per poi consegnargliela come schiava. Ma l'erculeo Ursus, il fedele schiavo di Licia, sventa il rapimento della sua padrona e la nasconde nella suburra, in una comunità di cristiani.Vinicio, furente, incarica Chilone di ricercare la giovane: questi la ritrova e organizza un'incursione nella suburra. Ne nasce una rissa in cui Vinicio resta ferito. Sarà Licia a curarlo. Commosso dalla gentilezza della donna e sempre più innamorato, Vinicio si converte e riceve il battesimo dall'apostolo Pietro, che benedice il suo amore. Intanto Nerone, per alimentare la sua vena poetica, decide di incendiare Roma e in seguito, per placare l'ira del popolo, ordina l'arresto dei cristiani: anche Licia e Vinicio finiranno nel carcere Mamertino per essere poi gettati nell'arena del Circo Massimo, in pasto ai leoni. Sarà Ursus a salvare Licia legata sul dorso di un toro inferocito e per il suo coraggio avrà salva la vita, mentre Licia potrà ricongiungersi al suo Vinicio. Inimicatosi l'imperatore e stanco di servirlo, Petronio si uccide tagliandosi le vene assieme alla sua devota Eunice. Mentre l'apostolo Pietro sta uscendo da Roma, dinnanzi a lui si materializza la figura di Gesù che lo induce a tornare sui suoi passi. Nerone, costretto a fuggire dopo che le legioni hanno eletto imperatore Galba, trova la morte gettandosi sulla spada di un soldato. La Croce ha vinto.
Il romanzo del polacco Henryk Sienkiewicz era all'epoca molto popolare: edito nel 1896, era stato subito tradotto in italiano da Federico Verdinois e pubblicato in appendice sul "Corriere di Napoli" nel corso del 1897, prima di essere edito in volume. Dallo stesso romanzo erano stati tratti all'inizio del Novecento anche degli adattamenti per il teatro: a Napoli, al Teatro Mercadante, il 3 giugno 1900 venne presentata una riduzione di Silvano D'Arborio in dieci quadri, messa in scena dalla compagnia Mauri, con Dillo Lombardo, Del Conte e Amleto Novelli (che nel film sarà Vinicio), qui nel ruolo di Nerone; un'altra riduzione fu presentata al Teatro Vittorio Emanuele di Torino nel giugno del 1910 dalla compagnia Serafino Renzi-Onofrio Gabrielli. Allo stesso romanzo era ispirata un'opera in musica composta dal francese Jean Nouguès.
Agli inizi del 1912, la Cines affidò al suo regista di punta Enrico Guazzoni la realizzazione della versione cinematografica del celebre romanzo, di cui aveva acquistato il diritto di trasposizione sullo schermo a una cifra altissima. Se gli eredi di Sienkiewicz pretesero una somma esosa e la Cines pagò senza esitazione, è perché il film che ne fu tratto era destinato a essere una superproduzione, un kolossal di quelli che dovevano letteralmente lasciare abbacinate le platee cinematografiche, fino ad allora abituate a vedere romanzi o opere teatrali condensati in una o due bobine.
L'opera che ne risulterà rispetterà pienamente gli intenti. L'importanza maggiore di questa gigantesca macchina spettacolare è da connettere alla conquista d'uno spazio propriamente cinematografico. Guazzoni, nel comporre l'armonica struttura del film, si impone il problema della prospettiva, realizzando prevalentemente in esterni e non più sul palcoscenico, come fino ad allora si era fatto, le sue imponenti costruzioni. Nella sua Storia del cinema muto, Roberto Paolella riconosce al regista della Cines la perfetta conoscenza della scienza dei volumi, della logica della costruzione, al punto che certe sue inquadrature di portici, di cupole, di palazzi, di ville, teatri e fontane, sembrano mantenere intatto il prestigio della grande tradizione pittorica italiana.
Utilizzando spazi urbani all'epoca non ancora sommersi dall'odierno cemento, l'arena dove dovevano svolgersi i sanguinosi ludi gladiatori venne ricavata dal campo di corse dei Parioli, mentre nella vasta piana di Centocelle furono innalzati la facciata del senato, i templi pagani e altre costruzioni.
Quando, agli inizi di marzo del 1913, il film apparve sugli schermi di tutt'Italia, utilizzando per la prima volta i teatri d'opera delle maggiori città, fu un trionfo. Quo vadis?, per l'epoca, rappresentò un'autentica novità, uno spettacolo completo: la trama è inattaccabile, con i cristiani al massacro nel Colosseo, le lotte tra i gladiatori, la parola divina, il castigo finale, la catarsi… Il tutto realizzato con una dovizia di mezzi, un senso dello spettacolo e una accuratezza di ricostruzione che lasciò in egual misura ammirati critica e pubblico.
Subito dopo le prime visioni italiane, Quo vadis? varcò le frontiere ‒ era stato prevenduto a scatola chiusa in tutto il mondo ‒ incantando ed entusiasmando il pubblico europeo, russo e americano. Negli Stati Uniti, dopo la prima al Teatro Astor (21 aprile 1913), venne proiettato ininterrottamente fino a dicembre, con ingresso a un dollaro e mezzo; a Parigi uscì al Gaumont Palace, la sala più grande del mondo, con un'apposita partitura musicale scritta dal maestro Paul Fosse ed eseguita da un'orchestra di ottanta elementi e cinquanta coristi; a Londra fu presentato alla Albert Hall, alla presenza di Giorgio V e della regina, che vollero complimentarsi con il regista e con gli attori. Uno dei più festeggiati fu Bruto Castellani, al quale i sovrani si rivolsero chiamandolo 'Ursus' (il personaggio da lui interpretato), per esprimergli la loro simpatia.
Interpreti e personaggi: Amleto Novelli (Vinicio), Lea Giunchi (Licia), Gustavo Serena (Petronio), Amelia Cattaneo (Eunice), Carlo Cattaneo (Nerone), Cesare Moltini (Tigellino), Bruto Castellani (Ursus), Augusto Mastripietri (Chilone), Olga Brandini (Poppea), Giovanni Gizzi (l'apostolo Pietro), Ignazio Lupi (Aulus Platius), Matilde Guillaume, Ida Carloni-Talli, Lia Orlandini, Giuseppe Gambardella.
Jolo., Quo vadis?, in "Variety", April 25, 1913.
J.S. McQuade, Quo vadis?, in "The Moving picture world", n. 7, May 17, 1913, poi in Selected film criticism, 1912-1920, a cura di A. Slide, Metuchen (NJ)-London 1982.
T. Ramsaye, A million and one nights, New York 1926.
R. Paolella, Storia del cinema muto, Napoli 1957.
V. Martinelli, A. Bernardini, Il cinema muto italiano, 1913, Roma 1994.