QUORUM
. Parola con la quale s'iniziava un'antica legge inglese, che stabiliva la necessità della presenza di un determinato numero di giudici per la validità del procedimento: entrata nell'uso attraverso la pratica parlamentare inglese, essa indica il numero legalmente necessario per la validità delle adunanze della maggior parte degli organi collegiali dello stato, degli enti pubblici e delle persone giuridiche private. Del numero legale non si usa parlare per quei collegi che debbono essere costituiti da un numero fisso e invariabile di membri: così per i collegi giudiziarî, per quelli delle giurisdizioni amministrative, per le commissioni giudicatrici di esami e di concorsi.
Si ha il quorum, quando il numero necessario per deliberare è stabilito in una frazione del numero complessivo dei componenti il collegio; per regola generalissima, la presenza di tale numero è richiesta per tutto il tempo dell'adunanza, ossia per la discussione e per la deliberazione; in alcuni ordinamenti stranieri, e limitatamente ai collegi costituzionali, il numero legale è richiesto soltanto al momento della deliberazione.
Varie sono le regole con cui il quorum è stabilito, la più comune è quella che fissa tale numero alla metà di quello dei componenti il collegio: tale è il principio generale portato dalla legge comunale e provinciale a proposito delle consulte, dei rettorati e di altri organi locali (testo unico 3 marzo 1934, n. 383, art. 275); egualmente è stabilito per le sezioni consultive e per l'adunanza generale del Consiglio di stato (testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, art. 19), pei consigli delle federazioni e confederazioni sindacali, secondo la maggior parte dei relativi statuti. In, altri casi, è stabilito il principio della maggioranza assoluta, cioè della metà più uno dei componenti: così per le camere parlamentari (art. 53 dello statuto) e per i consigli d'amministrazione degl'istituti di beneficenza (art. 32 della legge 17 luglio 1890, n. 6972). In casi eccezionali, è richiesto un numero superiore, di solito quello di due terzi talora per tutte le deliberazioni. di un dato organo, come dei consigli di amministrazione presso i ministeri (art. 11 del r. decr. 30 dicembre 1923, n. 2960), più spesso solo per alcune di particolare importanza. Per evitare che la mancanza del numero legale renda impossibile il funzionamento dei collegi, è spesso stabilito che, dopo una seconda convocazione, l'adunanza sia valida anche con un numero inferiore di presenti (un quarto, un quinto, nelle federazioni sindacali), o qualunque sia tale numero. Nei riguardi della consulta, la mancanza del numero legale dopo due convocazioni esonera il podestà dall'obbligo di sentirne il parere (legge comunale cit., art. 74).
Per le assemblee delle persone giuridiche private, il quorum viene stabilito nei particolari statuti, i quali di solito richiedono la presenza della metà dei componenti. Per le società commerciali vale un sistema particolare, in quanto il numero legale è determinato non in considerazione delle persone, ma in base al capitale da esse portato: l'art. 157 del codice di commercio richiede, infatti, l'intervento di tanti soci, che rappresentino almeno la metà del capitale sociale.
Bibl.: U. Galeotti, Principî regolatori delle assemblee, Torino 1900, p. 20 segg.; V. Miceli, Le "quorum" dans les assemblée politiques, in Revue de droit public, 1902; W. Jellinek, Das fehlerhafte Staatsakt, Tubinga 1908, p. 62 segg.; C. Vitta, Gli atti collegiali, Roma 1920, p. 167 segg.