R
- Sedicesima lettera dell'alfabeto italiano e diciassettesima del latino e del greco; si chiama er in latino, erre in italiano, rho in greco.
La storia del segno di questa consonante, a partire dall'alfabeto fenicio, è piuttosto complicata, perché due forme si alternano continuamente. La prima, cioè l'originale, è un triangolo col vertice in alto e con il lato destro prolungato, forma molto simile a quella della lettera bēth e della lettera dāleth; il triangolo, col cambiare della materia su cui si scriveva, diventò un semicerchio. Nell'alfabeto greco, mutata la direzione della scrittura, l'asta venne a sinistra e il semicerchio a destra, e si ebbe quindi una forma perfettamente uguale a quella del nostro P; però, negli alfabeti greco-asiatici la forma preferita fu quella della nostra D. Nell'alfabeto latino arcaico si seguì esattamente l'alfabeto greco calcidese, ma presto sotto il semicerchio fu aggiunta un'asticina obliqua partente dall'asta, e questa forma è quella della nostra R. La forma della minuscola dell'alfabeto stampato è quella della r corsiva e semionciale; e di essa è una deformazione, dovuta alla rapidità della scrittura, la forma dell'alfabeto manoscritto attuale. Nell'alfabeto umbro non esistendo il d, il segno ??? indica il suono r, mentre il segno ??? indica una modificazione del d resa nell'alfabeto latino delle tavole eugubine con rs; entrambi i segni sono usati nell'etrusco per r; infine, l'alfabeto osco inverte il valore dei segni per d e r.
La lettera r indica tutta una famiglia di suoni, caratterizzati dall'essere più o meno "trillati". Il rappresentante più puro di questa serie di suoni è l'r apicale, normale per l'italiano; all'inizio delle parole, e accompagnata da un'altra consonante, essa ha un suono particolarmente vibrato nello spagnolo, nel portoghese, nel francese del sud-ovest, nel siciliano, mentre quando è tra due vocali in queste varie pronunzie assume un suono notevolmente ridotto, che si può considerare come "semitrillato". Anche più tenue, sino a scomparire quasi del tutto o a mutarsi in una vocale indistinta è l'r inglese e americana ottenuta appoggiando leggermente l'apice della lingua agli alveoli superiori; l'r grasseyé del francese è una trillata uvulare; essa si fa sentire sporadicamente e come affettazione di eleganza in Italia e una sua varietà è usata generalmente in Germania; assai vicina a questo suono è la fricativa uvulare, cioè il ghain dell'arabo e delle lingue semitiche; finalmente il cèco ha un suono di questa categoria, difficile ad analizzare e a riprodurre, e indicato con ř. In alcune lingue slave l'r ha funzione di vocale e forma sillaba. Ma questa lunga enumerazione non esaurisce l'elenco dei suoni trillati: esistono molte altre varietà.