RABANO MAURO (Magnentius Hrabanus Maurus)
Nacque circa il 784 a Magonza (onde Magnentius) ed entrò nell'abbazia benedettina di Fulda; fu presto mandato ad Alcuino che gl'impose il soprannome di Mauro (dal discepolo di S. Benedetto); tornato a Fulda, vi divenne diacono nell'801, e maestro. Nell'814 ebbe il sacerdozio, continuando a insegnare e ad occuparsi della biblioteca; nell'822 divenne abate. Fedele a Ludovico il Pio e a Lotario, nell'842 dovette rinunciare alla dignità abbaziale e si ritirò sul Petersberg presso Fulda, continuando la sua attività letteraria. Ma più tardi si riconciliò con Ludovico il Tedesco, che lo nominò arcivescovo di Magonza, ove R., estraneo alla politica e tutto dedito alla sua opera culturale e pastorale, morì il 4 febbraio 856. Da abate, aveva fatto revocare la decisione che esentava Gotescalco (v.) dalla vita monastica; come arcivescovo, ne combatté le dottrine e lo fece condannare nel concilio di Magonza dell'848.
Tra i suoi numerosi scritti, il Liber de laudibus sanctae crucis, da R. inviato all'imperatore Ludovico il Pio e al papa, si compone di una serie di poesie figurate (nelle quali certi versi, o parti di essi, sono racchiusi in figure), accompagnate da una spiegazione e seguite da un commento. Più importanti i tre libri. De institutione clericorum, in cui R. sostiene che la cultura antica, anche quella filosofica (specialmente i platonici) non va disprezzata; è più che altro una compilazione, sulla base del De doctrina christiana di S. Agostino, dei Moralia di S. Gregorio Magno, degli scritti di Isidoro di Siviglia, di Beda e di passi di altri Padri della Chiesa. E di sulle Etimologie di Isidoro è redatta anche l'opera enciclopedica De rerum naturis, in 22 libri; così come sostanzialmente da Beda dipende il De computo, che rispondendo a domande del monaco irlandese Marcario (Marcharius) o Macario, tratta di numerazione, di astrologia e di cronologia, specialmente in relazione con il computo della Pasqua. Privi, in complesso, di originalità, con forti tracce di dipendenza da Claudio di Torino, ma anche da Isidoro, da Beda, e ai Padri, sono i numerosi e amplissimi commenti a quasi tutti i libri della Bibbia (Pentateuco, libri storici dell'Antico Testamento, ecc.; Matteo, lettere di S. Paolo, ecc.). La Grammatica deriva principalmente da Prisciano, in parte da Beda e da altri. Le numerose poesie, e le omilie, sono pure esercitazioni retoriche assai mediocri. Ma, pur non essendo né un teologo né uno scrittore originale, contentandosi di tramandare in compilazioni il patrimonio culturale ricevuto, R. è appunto perciò figura importante per la storia della cultura. Interessanti sono le sue glosse tedesche e le spiegazioni di nomi tedeschi.
Ediz. e bibl.: Le opere sono in Migne, Patr. Latina, CVII-CXII. Su R., v.: M. Manitius, Geschichte der latein. Literatur des Mittelalters, I, Monaco 1911, pp. 288-302; H. v. Schubert, Geschicte der christlichen Kirche im Frühmittelalter, parte 2ª, Tubinga 1921, p. 731 segg.