RABAT-I SAFID
Villaggio nel Khorasan (Persia), sulla strada che va da Mashhad a Turbat-i Haidarî, presso il quale si trovano le rovine di un monumento a pianta quadrata, chiamato oggi Qalah-i Dukhtar Bazi Hur. L'edificio è costruito con pietrame grezzo tenuto insieme da una abbondante quantità di calcina. Esso sorge sulla sommità di una dirupata collinetta, nei pressi di un passo montano.
Si tratta di un tempio del fuoco sassanide risalente alla seconda metà del III sec. d. C. Attraverso un ampio portale di ingresso, terminante in un arco parabolico, si accede ad un ambiente centrale a pianta approssimativamente cruciforme. Nella parete di fondo si apre una profonda nicchia ad arco, mentre altre due aperture, identiche a quella di ingresso, formano le braccia laterali della croce ed immettono in due stretti corridoi sviluppantisi lungo i lati S e N dell'edificio. Quattro massicci pilastri angolari sostengono una cupola originariamente emisferica, sotto alla quale bruciava verosimilmente il fuoco sacro. Nelle pareti, all'altezza della cupola, si aprono quattro finestrelle ad arco. Gli sguinci che sorreggono la cupola ai quattro angoli, non appoggiano, come normalmente accade in ogni altro monumento sassanide, su archetti in muratura a loro volta sottendenti una semicupoletta. Essi invece sono sostenuti da un primitivo ponte, formato da una serie di cinque o sei rozze travi, poste diagonalmente tra una parete e l'altra. Gli angusti corridoi laterali erano originariamente divisi in tre piani mediante soppalchi di legno sorretti da travi infisse nei muri.
Attualmente rimangono ancora in piedi l'ambiente centrale ed i due terzi inferiori della cupola, mentre i corridoi sono per gran parte crollati.
Il "tempio del fuoco" di R.-i S., si ricollega, nelle sue linee generali, allo schema tipico degli edifici religiosi sassanidi a pianta quadrata, coperti da cupola, detti oggi Chahār Tāq (= quattro archi), quali, ad esempio, i templi della valle di Girrā, il tempio di Shahristān, i templi di Naisār e Nimvār, ecc. Tuttavia alcune soluzioni architettoniche ancora imperfette, unite all'incertezza compositiva che caratterizza l'insieme, fanno pensare ad un'opera arcaica, precedente alla elevazione dei sopraddetti monumenti. Basterà notare, a questo proposito, le differenti lunghezze dei lati che formano l'ambiente centrale; il diverso spessore delle mura che pure sostengono il medesimo peso; il rozzo sistema usato per raccordare la cupola all'edificio; ed infine i corridoi sviluppati su due lati e mezzo anziché (come accadrà poi comunemente) su tutti e quattro i lati. Esclusa l'ipotesi di un attardamento provinciale, pare certo che nei ruderi di R.-i S. si debba ravvisare una delle primissime opere dell'architettura sassanide; anzi, si può addirittura pensare che essi rappresentino il momento di transizione tra questa e la precedente architettura parthica.
In tal caso il tempio sarebbe stato edificato in epoca immediatamente precedente la conquista del Khorasan compiuta da Ardashir I.
A poca distanza dal tempio vero e proprio, sulla sommità di una ripidissima collinetta, sorgeva un secondo monumento quadrato. Lo stato pietoso delle rovine rimaste non ci permette di precisare né la forma né lo scopo dell'edificio. Possiamo, tutt'al più, supporre che si trattasse di un posto di vedetta militare. Verso S si trovano i ruderi di una lunga e spessa muraglia di mattoni, evidentemente alzata per difendere le porte della regione da improvvisi attacchi provenienti dal meridione.
Bibl.: E. Diez, Persiens Islamische Baukunst in Churasan, Darmstadt 1923, p. 39; E. Herzfeld, Reisebericht, in Zeitschrift der Deutschen Morgenländischen Gesellschaft, 80, 1926, p. 275; id., Archaeological History of Iran, Londra 1936, p. 89; D. N. Wilber-A. U. Pope, A Sassanian Fire Temple, in Bulletin of American Inst. for Iranian Art and Archaeology, V, 1937, p. 136 ss.; A. Godard, Les Monuments du feu, in Athār-e Iran, III, 1938, p. 53-58; O. Reuther, Sasanian Architecture-Histoy, in A Survey of Persian Art, Oxfod 1938, p. 552 ss.; D. N. Wilber, in Antiquity, XII, 1938, pp. 396; 408-9; id., The Ruins at Rabat-i Safid, in Bulletin of the Iranian Inst., VI-VII, p. 22-28 (dicembre 1946); L. Vanden Berghe, Archéologie de l'Iran ancien, Leida 1959, p. 15.