RABAT
(arabo classico Ribāṭ al-Fatḥ)
Città capitale del Marocco, situata sulla costa atlantica, alla foce e sulla riva sinistra del wādī Abū Raqrāq (Bou Regreg), sulla cui riva destra si stende invece l'agglomerato di Salé.Il centro urbano si sviluppò in epoca almohade (seconda metà del sec. 12°; v. Almohadi) e deve probabilmente la sua origine alla presenza di un campo fortificato o di una fortezza (ribāṭ). La zona in cui sorse aveva già conosciuto in precedenza un insediamento: la Sala punica, poi romana, situata leggermente a monte, dove in seguito (sec. 14°) sorse la necropoli merinide di Chella.Il fondatore della dinastia almohade, ῾Abd al-Mu'min, intorno al 1150 scelse questo luogo come punto di raccolta delle truppe destinate a imbarcarsi alla volta della penisola iberica per la guerra santa contro i re cristiani; in seguito, il luogo dell'accampamento divenne gradualmente un campo permanente, dotato di un acquedotto, con una moschea e una residenza per i sovrani. Fu in occasione della vittoria ottenuta contro Alfonso VIII di Castiglia ad Alarcos (1195) - ovvero come augurio per tale vittoria - che il centro assunse il nome di Ribāṭ al-Fatḥ ('fortezza della vittoria'); in seguito, durante il regno di Abū Yūsuf Ya῾qūb al-Manṣūr (1184-1199), la città fu racchiusa da una cinta fortificata lunga oltre km 5.Delle mura almohadi, ancora in gran parte conservate, sono notevoli due porte monumentali: Bāb al-Ruwāḥ ('porta dei venti') e la porta di accesso al quartiere posto sul punto più elevato della città, oggi noto come la Qasba degli Ūdāya. Quest'area, divenuta successivamente il luogo di acquartieramento della tribù makhzan degli Ūdāya, era in origine la dimora dei sovrani almohadi: la sua porta, con un ricco apparato di archi polilobati e intrecciati, palmette, conchiglie e volute, sembra avere avuto una funzione decorativa (come porta di palazzo) più che difensiva. I diversi spazi che compongono il percorso d'ingresso potrebbero essere stati usati come sale di ricevimento o di tribunale. Ugualmente decorata sulla sua facciata esterna è Bāb al-Ruwāḥ, che tuttavia nel suo dispositivo di passaggio a doppia baionetta mostra una concezione più direttamente dettata da ragioni di difesa.La moschea principale della città almohade, sulla cui data di inizio le fonti non concordano (1196 secondo il Rawḍ al-qirṭās di Ibn Abī Zar῾; durante il regno del califfo Abū Ya῾qūb Yūsuf I, 1163-1184, secondo il Kitāb al-Istibṣār), porta oggi il nome di moschea di Ḥasan. Si tratta di uno dei più vasti edifici religiosi del mondo islamico (m 139 di larghezza183 di lunghezza), anche se la sua costruzione non fu mai portata a termine: si suppone che essa sia stata interrotta alla morte di al-Manṣūr. Ne rimangono il minareto (anch'esso incompleto), alcuni tratti del muro esterno e un gran numero di colonne che sono state in parte risollevate dopo campagne di restauro. Secondo alcune delle ricostruzioni proposte, la moschea doveva essere formata da una sala di preghiera suddivisa in ventuno navate perpendicolari al muro della qibla, posto a S; la navata centrale (alle cui opposte estremità si trovavano, in asse, il miḥrāb e il minareto) e le due estreme erano leggermente più larghe delle altre. Secondo un'altra ricostruzione, le navate sarebbero state diciannove, mentre due riwāq (portici) avrebbero separato la sala di preghiera dai muri perimetrali a E e a O. Lo spazio terminale verso il muro della qibla era costituito da tre navate disposte parallelamente al muro stesso, formando una sorta di 'triplice transetto' (Marçais, 1954). La selva di colonne e pilastri che doveva costituire lo spazio coperto era interrotta da tre spazi aperti, sorta di cortili rettangolari, destinati a dare luce e aria alla sala. Il cortile principale, posto non lontano dalla base del minareto e circondato da portici su colonne, copriva con il suo pavimento una serie di cisterne destinate a raccogliere l'acqua per le abluzioni.Il minareto (c.d. torre di Ḥasan), a pianta quadrata con il lato di m 16 ca., costruito con blocchi di pietra, misura m 44 di altezza ed è provvisto di una rampa larga m 2 che gira intorno a un nucleo centrale costituito da sale quadrangolari sovrapposte; se fosse stato completato, avrebbe probabilmente superato m 60 e sarebbe stato il più grande minareto mai costruito nel Maghreb.Le dimensioni colossali della moschea sono in genere giustificate con il fatto che essa doveva poter contenere durante la preghiera del venerdì gli eserciti che periodicamente soggiornavano a R.: Golvin (1979) ha tuttavia ipotizzato che essa facesse parte di un programma edilizio destinato a creare una nuova capitale dell'impero almohade, in sostituzione della troppo periferica Marrakech.In epoca merinide (a partire dal 1248), la città fu una piazzaforte militare di media importanza, mentre la vicina Salé si andava trasformando, grazie al suo porto, in uno dei più importanti centri di commercio della costa marocchina. Al sultano merinide Abū Fāris ῾Abd al-῾Azīz (1366-1372) si deve la costruzione di una fontana, di cui alcuni elementi sono ancora esistenti in situ, e probabilmente di una grande moschea, trasformata in modo sostanziale nel corso di una ricostruzione degli ultimi decenni del secolo scorso; sempre all'epoca merinide appartiene un ḥammām costruito verso il 1355 (Terrasse, 1950).L'intervento più importante di questo periodo fu tuttavia la creazione della necropoli della famiglia regnante, che incluse, oltre alle tombe, edifici religiosi, giardini e fontane; il luogo prescelto si trovava a poca distanza dal muro meridionale della cinta almohade, sul sito dell'antica Sala. Tra il 1310 e il 1319 l'insieme degli edifici della necropoli fu circondato da un'alta muraglia, divenendo esso stesso un ribāṭ: oggi rimangono solo un oratorio (khalwa) e la necropoli, la cui cronologia è peraltro controversa (Basset, Lévi-Provençal, 1923; Lévi-Provençal, 1995).Il lento declino della città continuò fino agli inizi del sec. 17° quando, con l'arrivo dei moriscos cacciati dalla Spagna, R. e soprattutto Salé videro rinnovarsi e aumentare la loro popolazione.
Bibl.:
Fonti. - Ibn Abī Zar῾ al-Fāsī, Rawḍ al-qirṭās, a cura di C.J. Tornberg, in Annales Regum Mauritaniae a condito Idrissarum imperio ad annum fugae 726, 2 voll., Uppsala 1843-1846: II, p. 179; Kitāb al-Istibṣār, a cura di E. Fagnan, Recueil des notices et mémoires de la Société archéologique de Constantine 33, 1899; Leone Africano, Descrizione dell'Africa e delle cose notabili che quivi sono, in G.B. Ramusio, Delle navigationi et viaggi, I, Venezia 1550, pp. 1-103 (rist. Venezia 1837, p. 59).
Letteratura critica. - H. Basset, E. Lévi-Provençal, Chella, une nécropole mérinide, Paris 1923; J. Caillé, La ville de Rabat jusqu'au Protectorat français. Histoire et archéologie, 3 voll., Paris 1949; H. Terrasse, Trois bains mérinides du Maroc, in Mélanges W. Marçais, Paris 1950, pp. 311-320; H. Terrasse, J. Caillé, Le plan de la mosquée de Hassan, CRAI 1951, pp. 25-29; C.A. Julien, Histoire de l'Afrique du Nord de la conquête arabe à 1830, Paris 1952, pp. 111-115, 122-127; J. Caillé, La mosquée de Hassan à Rabat, 2 voll., Paris 1954; G. Marçais, L'architecture musulmane d'Occident. Tunisie, Algérie, Maroc, Espagne, Sicile, Paris 1954, pp. 207-224, 244-254, 281-284, 315-317; J.D. Hoag, Architettura islamica, Milano 1975, pp. 51-53; A. Laroui, L'histoire du Maghreb. Un essai de synthèse, 2 voll., Paris 1975: I, pp. 159-206; L. Golvin, Essai sur l'architecture religieuse musulmane, IV, L'art hispano-musulman, Paris 1979, pp. 257-260, 276-292; P. Cuneo, Storia dell'urbanistica. Il mondo islamico, Roma-Bari 1986, pp. 207-216; E. Lévi-Provençal, J.F. Troin, s.v. Ribāṭ al-Fatḥ, in Enc. Islam2, VIII, 1995, pp. 524-526.F. Cresti