RABBIA
(XXVIII, p. 654)
Il problema della rabbia silvestre. - A partire dagli anni Cinquanta, esclusi alcuni paesi che ne sono esenti (Australia, Nuova Zelanda, le isole dell'Oceania e, da molti anni, il Regno Unito) grazie a misure di controllo del randagismo e all'efficacia e maneggevolezza dei vaccini a disposizione, si è verificato un progressivo decremento della letalità della r., che è ormai praticamente scomparsa nell'Europa occidentale, negli Stati Uniti e nel Canada senza, però, che tale evento, così come è avvenuto per il vaiolo, ne faccia ritenere più o meno prossima una completa eradicazione.
In effetti le statistiche dell'OMS fanno ancora ascendere, per l'intero globo, i casi di morte per r. a 25.000 l'anno, cifra che trova la sua attuale giustificazione negli ostacoli di vario ordine che si oppongono a un razionale sfruttamento dell'efficacia dei suddetti vaccini: la mancanza in vaste zone del globo di idonee strutture igienico-sanitarie e, in secondo luogo, per quanto attiene la lotta sul variegato fronte della r. silvestre, la difficoltà per la loro messa a punto per ciascuna varietà degli agenti ancora attivi. Fra di essi, infatti, oltre ai cani randagi, si annoverano, principalmente: nell'Europa occidentale e nel Canada diverse varietà di volpi selvatiche; negli Stati Uniti le moffette in vaste zone delle regioni centrali e della costa del Pacifico, i procioni nella costa medio-atlantica e in Florida; nelle isole del Mar delle Antille le manguste, fra le quali si è avuta una cospicua epizoozia; nell'America del Sud, specie in Perù, i pipistrelli, che agiscono o direttamente col morso, o indirettamente, col loro cospicuo affollamento in caverne, determinando un inquinamento dell'aria tale da renderne fatalmente pericolosa l'inalazione per chi − come per es. gli speleologi − compia l'imprudenza di trattenervisi.
Metodi basati sulla cattura dell'animale da trattare, con vari tipi di tagliole o di trappole, seguita dalla somministrazione automatica del vaccino, mediante irrorazione a livello delle fauci o iniezione, non hanno dato risultati incoraggianti e sono stati abbandonati. Nettamente positivo, invece, è stato il ricorso, con le volpi, al cosiddetto metodo dell'autovaccinazione per via orale, imperniato sulla disseminazione di grandi quantità di esche appetibili contenenti un vaccino particolarmente ricco di anticorpi, alla cui realizzazione hanno partecipato i Centers Disease Control (CDC) di Atlanta (USA), il Centro per la ricerca sulla rabbia di Tubinga (Germania) e alcune altre organizzazioni con sede in Svizzera. Come momento fondamentale della messa a punto di queste tecniche possono essere ricordati: l'allestimento di un vaccino particolarmente ricco di anticorpi per soddisfare la necessità, messa in luce nel corso dell'esperienza, che la penetrazione del vaccino nell'intimo dell'animale avvenga attraverso le mucose del cavo orale; il passaggio, nell'allestimento di esche appetibili, da esche naturali (teste di pollo, ovviamente in numero forzatamente limitato) a esche artificiali, racchiudenti sempre il vaccino, ma realizzate, per es., con pasta di pesce e producibili con tecniche industriali e quindi in quantità proporzionata all'area d'impiego e, pertanto, limitate esclusivamente dai mezzi finanziari a disposizione; i metodici controlli per escludere la possibilità di un venir meno dell'attenuazione del virus impiegato per l'allestimento del vaccino, con le conseguenze facili da immaginare.
I primi risultati positivi si sono ottenuti in Svizzera nel 1978, in occasione di un'epizoozia sviluppatasi tra volpi, provenienti dalla Polonia e portatesi lungo la costa orientale del lago di Ginevra, che minacciava di estendersi lungo la valle del Rodano: sotto la guida di due esperti svizzeri − F. Steck e A.I. Wandeler − furono sparse a mano 4050 esche su un'area di 335 km2 in una zona opportuna del Cantone Vallese, che funzionò da barriera contro l'estensione dell'epizoozia; il successo spinse il governo svizzero a iniziative analoghe che impedirono eventuali altre infiltrazioni in tutto il paese. Nel 1984, a opera del Wistar Institute di Filadelfia (USA) e della Transgène S. A. (Francia), allo scopo di escludere nel modo più tassativo la ripresa di attività del virus presente nel vaccino, il virus da impiegare è stato sottoposto a un trattamento ricombinante, realizzando una nuova varietà di vaccino, che sta dando in Francia e in Belgio ottimi risultati; per di più, negli Stati Uniti ne è stato esteso con successo il trattamento alle moffette e ai procioni.
Bibl.: M.M. Kaplan, H. Koprowski, La Rabbia, in Le Scienze, 139 (1980), p. 38; B. Brochier e altri, Large-scale of rabies using recombinant vaccinia - rabies vaccine, in Nature, 354 (1991), p. 520; P. Miranda e altri, Outbreak of human rabies in the Peruvian jungle, in The Lancet, 339 (1992), p. 428; W.W. Muller, J. Blancou, Rabies in Europe, in British Medical Journal, 305 (1992), p. 725; J.C. Petricciani, Ongoing tragedy of rabies, in The Lancet, 342 (1993), p. 1067; L.E. Robinson, Rabies, in New England Journal Medical, 329 (1993), p. 1632.