rabbia
Malattia infettiva provocata da un virus neurotropo che determina un’encefalite a esito letale. Viene trasmessa all’uomo da animali infetti: fra quelli domestici, particolarmente pericolosi sono i cani; fra quelli selvatici, i lupi e le volpi.
Il virus rabbico appartiene al genere Lyssavirus, famiglia Rhabdoviridae. Al microscopio elettronico si presenta con una caratteristica e inconfondibile forma a pallottola ed è costituito da un involucro piuttosto complesso (glicolipoproteico), che racchiude un acido nucleico a RNA. Esso è presente nella saliva di animali infetti e si trasmette per lo più con il morso oppure per lambitura di una ferita aperta. La trasmissione uomo-uomo, sebbene possibile, è considerata improbabile a causa dell’isolamento cui sono sottoposti tutti i malati. Una volta penetrato nell’organismo, il virus rimane localizzato nella sede dell’inoculazione per gran parte del suo periodo di incubazione, replicandosi nei tessuti muscolari prima di arrivare ai nervi periferici tramite le giunzioni neuromuscolari. Dal momento in cui vengono colpiti i nervi periferici, l’infezione decorre piuttosto rapidamente e, attraverso i gangli spinali, arriva al cordone spinale e da qui, tramite passaggio cellula-cellula, al sistema nervoso centrale. Raggiunto il cervello, inizia la sua diffusione agli organi periferici. A questo punto si verifica l’esordio della sintomatologia nervosa che coincide con la malattia conclamata, alla quale segue l’inevitabile morte del soggetto colpito.
Durante la fase prodromica della malattia i sintomi sono piuttosto generici (malessere, febbre, sensazione di fatica) e possono coinvolgere il tratto respiratorio (tosse, dispnea), gastrointestinale (anoressia, disfagia, nausea, vomito, diarrea, dolori addominali) o il sistema nervoso centrale (mal di testa, vertigini, ansietà, nervosismo, irritabilità, apprensione). Successivamente i sintomi a carico del sistema nervoso centrale divengono più specifici: agitazione, fotofobia, insonnia, incubi, disturbi psichici. Nella sede del morso si verificano bruciori, indolenzimento, prurito. Contemporaneamente i sintomi neurologici progrediscono e si può manifestare la r. furiosa o quella paralitica. La r. furiosa si sviluppa nell’80% dei casi e si accompagna ad ansietà marcata, agitazione, allucinazioni, tendenza a mordere e idrofobia. A questo stadio il soggetto va incontro a morte improvvisa o a una forma di paralisi e coma, che inevitabilmente porta alla morte dopo 2÷7 giorni. Nella r. paralitica (20% dei casi) si possono avere quattro forme distinte. La prima, caratterizzata da dolori generici, intorpidimento e paralisi flaccida degli arti morsi, evolve progressivamente verso forme di paraplegia; nella seconda, la paralisi si sviluppa contemporaneamente nei quattro arti (tetraplegia); nella terza, si ha una mielite che interessa l’apparato motore e i sensi; infine la quarta è contraddistinta da una paralisi simmetrica. I pazienti con r. paralitica sopravvivono più a lungo (sino a 30 giorni), ma anche in questo caso l’esito è fatale.
Nell’uomo, una volta che il virus rabbico ha raggiunto il sistema nervoso centrale, l’infezione evolve verso un esito letale. La mortalità può essere ridotta prevenendo la circolazione del virus mediante la vaccinazione di animali sia selvatici sia domestici, oppure effettuando un’adeguata pre- o postprofilassi dei soggetti umani. La profilassi antirabbica precontagio è attuata solo per soggetti a forte rischio (veterinari, cacciatori, forestali, laboratoristi ecc.). Nel caso di postesposizione al virus rabbico, la combinazione siero iperimmune (sieri di origine sia animale sia umana a elevato titolo anticorpale verso il virus) e vaccinazione previene, salvo rarissime eccezioni, la malattia.