RABDOMANZIA (fr. rabdomancie; sp. rabdomancía; ted. Rhabdomantie; ingl. dowsing)
Secondo l'etimo (dal gr. ῥάβδος "verga" e μαντεία "divinazione"), la parola rabdomanzia indica la divinazione compiuta a mezzo di un bastoncello, nella forma cioè tradizionale e antichissima che trae la sua origine dai culti arcaici degli alberi e delle piante (v. bacchetta magica; divinazione). In tempi più vicini a noi, il vocabolo (talora sostituito da quelli di radiomanzia, radioestesia e simili) è stato assunto a indicare la ricerca e il ritrovamento di cose nascoste nel sottosuolo (per to più acqua o metalli), da parte di persone specialmente sensibili (rabdomanti), che adoperano spesso bacchette speciali, o loro equivalenti.
Gli antecedenti storici della rabdomanzia, intesa in questo più preciso significato, non pare si possano considerare come molto lontani dall'epoca nostra. Non si potrebbe infatti ricondurre sotto l'anzidetta definizione il noto episodio biblico di Mosè che fa sgorgare l'acqua dalla roccia di Ḥoreb, percuotendola con la verga (Esodo, XVII, 3 segg.); e tanto meno altri episodî di divinazione a mezzo di verghe, tanto biblici (Ezech., XXI, 21; Osea, IV, 22), quanto di scrittori dell'epoca classica (Cicerone, De divin., I, 17; Livio, I, 18). Sappiamo invece con certezza che in Germania, nel sec. XVI, la bacchetta divinatoria (Schlagruthe, più modernamente Wünschelrute) era usata largamente nelle miniere, per trovare filoni di carbone o falde metalliche. I mercanti inglesi girovaghi dell'epoca elisabettiana introdussero queste pratiche nelle miniere della Cornovaglia, e tanto nella Gran Bretagna quanto in Francia la rabdomanzia venne applicata alla ricerca dell'acqua sino dal sec. XVII. Gli studî moderni intorno al fenomeno s'iniziano peraltro solo con la pubblicazione, rimasta classica, dell'abate L. di Vallemont, La physique occulte ou Traité de la baguette divinatoire (Parigi 1693). Contro la tesi, sostenuta da varie autorità dell'epoca, secondo cui il fenomeno della rabdomanzia si doveva ricondurre a influenza diabolica, il Vallemont sostenne ch'esso si doveva attribuire a cause prettamente naturali, e ne descrisse minuziosamente le varie modalità.
Tradizionalmente, il rabdomante opera come segue: si munisce di una bacchetta foggiata per lo più a Y rovesciato, la impugna con le due mani, lasciando in avanti la parte terminale, parallela o lievemente obliqua rispetto al suolo, e procede sul terreno da esplorare: in prossimità di falde acquee o di filoni metallici, la bacchetta, guidata da moti muscolari automatici, si alza, si abbassa, gira, indicando il luogo dove occorre scavare.
La forma della bacchetta varia alquanto nelle diverse epoche e secondo le singole abitudini dei rabdomanti, e viene talvolta sostituita da pendoli o da altri apparecchi, tal'altra manca del tutto. Quasi ogni rabdomante ha le sue abitudini e le sue concezioni intorno al significato dei moti della bacchetta o del pendolo, e alla relativa profondità ed estensione dell'acqua o del minerale cercati.
Dopo il Vallemont, gli studiosi che si sono occupati di rabdomanzia hanno seguito due vie divergenti: dagli uni si tende a considerarla come un fenomeno di ordine fisico, ammettendosi cioè che dall'acqua o dai metalli o dagli oggetti imprigionati nel suolo partano speciali radiazioni capaci di svegliare la specifica sensibilità dell'apparato neurovegetativo dei rabdomanti, e di provocare in essi scariche motorie; dagli altri si tende a fare della rabdomanzia un caso particolare di quella facoltà di conoscenza extranormale che Ch. Richet ha definito col termine generico di criptestesia, e a considerare il fenomeno come propriamente e squisitamente "metapsichico" (v. psichica, ricerca). Molteplici argomenti sono stati arrecati a sostegno dell'una come dell'altra tesi; il fatto che alcuni rabdomanti sembrano poter esercitare la loro facoltà anche valendosi di carte topografiche e di piani catastali starebbe peraltro a per lo meno dimostrare che, a un certo punto, è necessario abbandonare la prima a favore della seconda.
Le ricerche intorno al meccanismo del fenomeno rabdomantico (che come tale è ormai fuori discussione) proseguono anche attualmente e con grande alacrità in ogni paese: congressi, esperienze compiute su larga scala, applicazione alle manifestazioni dei più sottili metodi d'investigazione, anche strumentale, pemettono di considerare non lontano il giorno in cui la rabdomanzia sarà definitivamente strappata alla superstizione, e acquisita alla scienza.
Bibl.: C. v. Klinckowstroem, Bibliographie der Wünschelrute, Monaco 1911, e supplementi in Schriften des Verbandes zur Klärung der Wünschelrutenfrage, III e VII (1913, 1916). Classici, oltre al citato libro del Vallemont: C. Amoretti, Della rabdomanzia o elettrometria animale, Milano 1809, e specialmente E. Chevreul, De la baguette divinatoire, Parigi 1854 (in cui si espone per la prima volta il meccanismo dei moti muscolari automatici). V. inoltre, tra le opere più recenti: P. Landesque, Hydrologie et hydroscopie, Parigi 1920; W. Barrett e Th. Besterman, The divining rod, Londra 1926; H. de France, Le sourcier moderne, Parigi 1928; B. Padey, Traité complet des secrets de la baguette et du pendule des sourciers, voll. 2, ivi 1927 e 1929; H. Mager, Les sourciers et leurs procédés, n. ed., ivi 1930; C. v. Klinckowstroem e R. Maltzahn, Handbuch der Wünschelrute, Berlino 1931; F. Cazzamalli, La personalità psicofisiologica dei rabdomanti, in Rivista di psicologia, 1931; id., Rabdomanzia, in Giorn. di psichiatria e di neuropat., 1932; M. La Stella, Rabdomanzia, Milano 1933.