raccomandare
Il senso di " affidare alle cure " di qualcuno è comune a quasi tutte le occorrenze del verbo (anche nella forma pronominale), ma acquista particolare evidenza in alcuni casi, con riferimento a persone o a cose: per esempio, nelle parole della Vergine a Lucia (nell'ambito del figurato: Or ha bisogno il tuo fedele / di te, e io a te lo raccomando, If II 99; e così nel caso di s. Francesco, che a' frati suoi... / raccomandò la donna sua più cara, la Povertà: Pd XI 113), o in quelle di Brunetto a D.: Sieti raccomandato il mio Tesoro (If XV 119; cfr. pure Pd XXXII 126 e, ancora detto di persona, Cv IV XXVI 11 [al participio] e 13, nella forma pronominale: Miseno... s'era raccomandato a lui, Enea). Si aggiunga Fiore CXLII 7, ancora pronominale, e CXXXVIII 13 Ciascun di noi per sé lui raccomanda, raccomanda il valletto per r. sé stesso.
Più di una volta r. ricorre nel congedo delle rime, assumendo con ciò stesso una sfumatura di valore figurato: Tu [canzone] troverai Amor con esso lei: / raccomandami a lui come tu dei, Vn XIX 14 70; Madonna, la venuta nostra / è per raccomandarvi un che si dole, Rime LXXXV 13; ne lo meo gire e addimorando, / gentil mia donna, a voi mi raccomando (XLIX 14; nell'occorrenza del v. 2 Lo meo servente core / vi raccomandi Amor, [che] vi l'ha dato - dove " il Casini legge vi raccomand'i', ch'Amor vi l'ha dato; ma il riscontro dei versi che seguono... fanno parer preferibile leggere vi raccomandi Amor ": così Barbi Maggini, che ricordano una situazione analoga in Cino - il verbo sembra postulare il senso, ovviamente figurato, di " mettere nelle mani " di qualcuno, accompagnando il gesto con parole di raccomandazione). Si veda ancora il congedo di Rime LXVII (Io ho parlato a voi, giovani donne / ... perché raccomandati / vi sian li detti miei, v. 88) e quello di Ballata, i' voi che tu ritrovi Amore (Vn XII 10 ss.), dove D. (lo spiega nella ‛ ragione ': cfr. § 16) ‛ licenzia ' la sua ballata del gire quando vuole, raccomandando lo suo movimento ne le braccia de la fortuna.
Un altro sonetto, invece, prende l'avvio proprio dal gesto del poeta che si rimette completamente alla donna amata, pregandola di non esser cara [" avara ", Contini] agli occhi suoi (Rime LXVI 14): Ne le man vostre, gentil donna mia, / raccomando lo spirito che more (v. 2). In Rime CXVI 44 Allor mi volgo per veder a cui / mi raccomandi, il contesto suggerisce piuttosto l'accezione di " chiedere aiuto ".