RACOVIŢÀ
. Famiglia principesca romena. Mihail (Michele), primo membro della famiglia assurto al principato, era un semplice boiardo moldavo, figlio di un Ioan R. Aveva però sposato in prime nozze una figlia di Costantino Cantemir ed era divenuto stolnic e da ultimo spătar. Nel 1703 Mihail (generalmente conosciuto col diminutivo Mihălachi) fu proclamato "voda" di Moldavia dai boiardi che erano riusciti a fare allontanare Costantin Duca; ma il suo principato durò poco, perché nel 1705 la Porta nominò principe di Moldavia Antioh Cantemir. Mihail dovette quindi ritirarsi a Costantinopoli, ma nel 1707, deposto Antioh Cantemir, la Sublime Porta gli concesse ancora, dietro un'ingente somma di denaro, il principato di Moldavia. Tornato a Iaşi, Mihail non mancò di vendicarsi dei boiardi ch'erano passati dalla parte di Antioh Cantemir e, per pagarsi delle somme che aveva dovuto sborsare alla Porta, impose gravissime e numerose tasse. Non seguì neppure una politica di lealtà verso il sultano, giacché si avvicinò tacitamente alla Russia e promise segretamente allo zar Pietro il Grande di catturare il re di Svezia Carlo XII che, dopo la sconfitta di Poltava, si era ritirato in Moldavia. Denunciato dai suoi nemici alla Porta come traditore, egli stava già per rifugiarsi in Russia nel 1709, quando fu fatto prigioniero e portato a Costantinopoli, dove fu rinchiuso in carcere. Con raggiri, promesse e doni riuscì a rientrare nelle grazie della Porta e nel 1715 gli fu affidato il trono di Moldavia per la terza volta. Questo suo principato fu più lungo dei due precedenti, essendo durato quasi undici anni (1715-1726). Pur accolto abbastanza volentieri dal popolo perché, alla fin fine, era moldavo e perché veniva dopo un periodo piuttosto lungo di principato di un greco (Nicola Maurocordato), anche in questo suo terzo periodo di potere governò duramente e impose tasse eccessive. Messosi in urto con Nicola Maurocordato, che fra il 1719 e il 1730 era, per la seconda volta, principe di Valacchia, circa la restituzione di alcuni boiardi valacchi profughi in Moldavia, fu, per gl'intrighi di quest'ultimo presso la Porta, deposto nel settembre 1726. Nel 1730 però riuscì ad avere la rivincita sul Maurocordato e a sostituirlo sul trono valacco, ma per breve tempo, perché, caduto in sospetto dalla corte di Costantinopoli, fu deposto ed esiliato nell'isola di Mitilene. Nel 1741 poté conquistare ancora una volta il trono valacco e lo tenne poi per tre anni; ma neppure in Valacchia riuscì ad essere amato dai suoi sudditi. I cronisti ce ne fanno ritratti piuttosto foschi. Costantino Cehan, figlio di Michele, fu per la prima volta principe di Moldavia nel 1749; fu nominato per influenza dei Greci, e specialmente dello spataro Iordache Stavarachi. Nel 1753, lasciato il trono moldavo, passò a quello valacco dove rimase fino al 1756, anno in cui ritornò principe di Moldavia fino al 1757. Infine fu ancora principe di Valacchia dal 1763 al 1764, anno della sua morte. Per quanto anche Costantino abbia imposto molte tasse, durante il suo secondo principato di Moldavia liberò il paese da una delle imposte più gravose detta văcăritul, e il suo governo parve umano di fronte al ricordo di quello del padre. Stefano, figlio di Costantino, fu solo per breve tempo principe di Valacchia; fu eletto subito dopo la morte del padre (1764) per opera di Stavarachi, ma non si poté reggere che un anno, perché lo Stavarachi fu, nel frattempo (12 agosto 1765), ucciso. Nello stesso 1765 anche Stefano dovette lasciare il trono.
Bibl.: Le fonti per la storia dei principati dei membri della famiglia Racovita sono, naturalmente, le cronache rumene. Per Mihail, cfr. Nicolae Costin e Neculea: per Costantino, cfr. Ioan Canta e Enachi Kogălniceanu (tutti in Cronicele României său Letopiseţele Moldaviei ṣi Valahiei de M. Kogălniceanu, 2ª ed., Bucarest 1872 segg.). Cfr. anche N. Iorga, Lupta lui Mihai Racoviţă cu boierii rebeli după un act nou, nella Revista istorică, VII (1921), pp. 62-67. Per la parte avuta dallo Stavarachi, cfr. G. Giurescu, Istoria lui Iordache Stavracoglu, in Omagiu lui Ioan Bianu, Bucarest 1927, p. 201 segg.