radere [cong. pres. II singol. rade, in rima]
Nel senso proprio di " togliere, eliminare sfiorando o raschiando ", nelle parole di frate Alberigo che cerca di accattivarsi la benevolenza di D.: E perché tu più volontier mi rade / le 'nvetriate lagrime dal volto, / sappie che... (If XXXIII 127).
Due volte, nel Purgatorio, il verbo indica il gesto dell'angelo che con un colpo d'ala cancella le P impresse sulla fronte di D.: Quando i P che son rimasi / ancor nel volto tuo... / saranno, com'è l'un, del tutto rasi, ecc. (XII 123; così anche XXII 3). In senso figurato è detto di Virgilio, che dopo la contesa con i demoni alle porte di Dite si presenta con li occhi a la terra e le ciglia... rase / d'ogne baldanza, " idest faciem privatam omni alacritate " (Benvenuto, a If VIII 118).
In un'altra occorrenza, mancando l'idea del ‛ togliere ', il verbo vale in definitiva " sfiorare ": la scala che conduce alla seconda cornice del Purgatorio è talmente stretta, che quinci e quindi l'alta pietra rade, " chi sale la rasenta; e dinota che la via della virtù è strecta " (Landino, a Pg XII 108).