Radicali liberi: biologia e patologia
Radicale libero è una qualsiasi specie chimica, atomo o molecola, di natura organica o inorganica, che, avendo elettroni spaiati nei suoi orbitali, tende ad accoppiarli, nelle reazioni con altre specie, cedendone o acquistandone per eliminare la situazione di disaccoppiamento. Per questo si dice generalmente che i radicali liberi sono specie chimiche estremamente reattive. Ciò è sempre vero dal punto di vista termodinamico, che esprime la tendenza della specie ad acquisire o a perdere elettroni. Dal punto di vista cinetico, che esprime la velocità con cui tale tendenza si realizza, ciò può non essere vero, cosicché ci sono radicali liberi estremamente stabili, a causa della loro struttura molecolare. Uno di questi radicali stabili è l'ossigeno, che reagisce solo in condizioni di opportuna catalisi.
L'ossigeno costituisce circa il 20% dell'atmosfera della Terra ed è utilizzato dalle forme di vita aerobia (cioè che necessitano di questo elemento per vivere) per produrre energia a livello di strutture specializzate di membrana che sono localizzate, negli organismi eucarioti, nei mitocondri. In queste strutture l'ossigeno è attivato da specifici enzimi, che gli fanno accettare rapidamente gli elettroni necessari perché si trasformi nella sua molecola più stabile di riduzione, cioè l'acqua. In questo processo l'ossigeno passa attraverso tappe di riduzione intermedie che, in condizioni fisiologiche, sono liberate al di fuori della catena respiratoria solo in minima parte. Tali stati intermedi prendono il nome di 'forme reattive dell'ossigeno' per la loro natura per lo più radicalica e, se la loro quantità aumenta in condizioni patologiche, possono risultare molto dannosi per strutture molecolari essenziali alla vita della cellula (danno ossidativo).
Negli ultimi anni, il significato di radicale libero si è ampliato, diventando uno dei concetti chiave per la comprensione di tutte le funzioni degli organismi che utilizzano l'ossigeno molecolare per la produzione di energia. Mentre il danno ossidativo da radicali liberi implica modifiche chimiche irreversibili del bersaglio molecolare colpito e indiscriminate rispetto al tipo di molecola e di gruppo chimico coinvolti, sono stati scoperti altri effetti di natura fisiologica che si esplicano attraverso alterazioni chimiche reversibili e selettive e, pertanto, potenzialmente soggette a regolazione metabolica.
L''invecchiamento da radicali liberi', cioè l'ipotesi semplicistica che la senescenza sia data dall'accumulo di danni cellulari causati dai ROS prodotti durante il metabolismo dell'ossigeno, è divenuta quasi un luogo comune da quando, nel 1956, D. Hartman la propose per primo, indicandola, nel contesto delle conoscenze del tempo, come 'una teoria basata sulla chimica dei radicali liberi e delle radiazioni'. Ora, però, disponiamo di dati meno descrittivi e fenomenologici, fondati sulla genetica. Sono stati ottenuti animali o cellule transgenici, nei quali l'alterazione dell'espressione genica di un enzima antiossidante modifica la lunghezza della vita del sistema biologico trasformato. Per quanto riguarda il meccanismo alla base di questi effetti, i dati più recenti si sono focalizzati sul mitocondrio come sede principale della connessione fra radicali liberi e invecchiamento, non solo come sito principale di produzione di ROS nella cellula, ma anche come bersaglio di scelta, da parte dei radicali liberi, nei processi di senescenza.
Si è visto che la morte cellulare programmata o apoptosi, processo molto importante nella senescenza dei tessuti, è in gran parte connessa con la liberazione nel citoplasma di fattori mitocondriali, a sua volta resa possibile dalla perdita d'integrità della membrana dell'organello dovuta all'azione dei radicali liberi. I ROS possono essere prodotti in eccesso dal mitocondrio stesso non solo in relazione a situazioni patologiche, ma anche in seguito all'azione di molecole che segnalano la scadenza, programmata geneticamente, del tempo assegnato alla vita di un determinato sistema biologico. Un locus genico implicato in segnali di questo tipo è stato individuato mediante mutazioni mirate del gene shc: la soppressione della sintesi di un suo prodotto proteico, denominato p66 dal suo peso molecolare, ha conferito ai topi trattati minore incidenza di malattie collegate all'invecchiamento, come l'aterosclerosi, e un significativo prolungamento di vita. È stato quindi scoperto che p66 è un enzima ossido-riduttivo che, una volta attivato da segnali pro-apoptotici di tipo ossidativo che modulano il suo grado di fosforilazione, è capace di deviare elettroni dal loro flusso normale nella membrana mitocondriale verso la produzione di perossido d'idrogeno, con conseguente stress ossidativo, senescenza e morte del sistema interessato.
La malattia di Alzheimer e la malattia di Parkinson insorgono in tarda età in zone specifiche del cervello che, ai rilievi autoptici, mostrano segni di danno ossidativo e appaiono come casi locali di invecchiamento in un tessuto, come quello nervoso, particolarmente suscettibile al danno ossidativo per via dell'intenso metabolismo aerobio e della relativa carenza di difese antiossidanti. Nell'Alzheimer, il legame improprio di alcuni ioni metallici a una determinata proteina neuronale potrebbe dar luogo a reazioni monovalenti con l'ossigeno (auto-ossidazione), che innescano la catena radicalica dei ROS. Nel Parkinson, l'auto-ossidazione riguarda i metaboliti della dopammina, neurotrasmettitore che si libera in alte concentrazioni proprio nelle aree cerebrali interessate dalla malattia.
Ma è nello studio della sclerosi laterale amiotrofica (SLA) che la medicina molecolare dei fenomeni ossido-riduttivi ha fornito gli spunti più interessanti, e ancora una volta i progressi sono avvenuti grazie al contributo della genetica. La SLA è una paralisi progressiva che insorge in genere in età matura e che porta inesorabilmente alla morte, in pochi anni, per degenerazione specifica delle cellule nervose che mandano gli impulsi per la contrazione muscolare (neuroni motori o motoneuroni). Si è visto che in una frazione molto ridotta di casi di SLA, con incidenza familiare ben definita, sono presenti mutazioni del gene della SOD 1, che alterano la funzione dell'enzima diminuendola o affiancandola a una nuova attività che, invece di essere antiossidante, è di tipo perossidasico e perciò pro-ossidante. In ogni caso si ha un aumento di ROS che porta alla morte dei motoneuroni. I casi, molto più numerosi, di SLA privi di questa mutazione ('forma sporadica') sono indistinguibili dalle forme familiari per sintomi, decorso e reperti autoptici. Si può ipotizzare che in questi ultimi casi intervenga un altro fattore che comunque aumenti il flusso dei ROS nei motoneuroni. La comparsa di questa malattia, tipica dell'età intorno ai 50 anni, in giovani che esercitano attività sportive di tipo agonistico, spesso accompagnate da abuso di farmaci, è in linea con tale ipotesi. In Italia, un numero significativo di casi è stato diagnosticato in calciatori a fine carriera.
Negli stati trattati precedentemente è evidente che la bilancia ossido-riduttiva è spostata verso condizioni pro-ossidanti che favoriscono la degenerazione e la morte cellulare. La crescita di un tumore è invece marcata da una tendenza incontrollata alla proliferazione di determinate cellule. In realtà nel cancro i radicali liberi hanno un ruolo differente a seconda delle diverse fasi del processo tumorale: la carcinogenesi (fase di trasformazione), lo sviluppo del tumore (fase di progressione) o la terapia. Mentre nella prima fase domina il ruolo mutageno dei ROS (è assodato il rapporto fra cancro e presenza nell'ambiente di condizioni note per la loro capacità di produrre radicali, come l'inquinamento chimico o quello radioattivo), per lo sviluppo del cancro sono più favorevoli condizioni locali che promuovono la proliferazione cellulare, cioè, in genere, uno stato ridotto degli antiossidanti tessutali. Al momento della terapia si cerca invece di produrre flussi radicalici imponenti a livello della neoplasia, con trattamenti radio- o chemioterapici, sfruttando la più alta sensibilità delle cellule tumorali ai radicali liberi per via del maggiore ritmo riproduttivo e della minore presenza di antiossidanti tipici delle cellule poco differenziate.
Gran parte delle calorie introdotte con gli alimenti vanno a costituire il potenziale di riduzione dell'ossigeno nel mitocondrio, al fine di produrre energia sotto forma di ATP. Il 2-5% dell'ossigeno consumato in questo processo dà origine in condizioni fisiologiche a superossido e agli altri ROS. Quindi, quanto maggiore è il contenuto calorico di una dieta, tanto più elevato è il flusso di ROS dai mitocondri. Poiché si è visto che la produzione mitocondriale di ROS è correlata ai processi di invecchiamento, ci si è chiesto se la riduzione delle calorie assunte durante la vita di un individuo (restrizione calorica) possa portare all'allungamento della vita stessa. Le ricerche su animali da esperimento hanno dimostrato che questa relazione esiste ed è associata a ridotto danno ossidativo degli enzimi mitocondriali coinvolti nella riduzione dell'ossigeno da parte dei derivati metabolici di componenti alimentari ricchi di energia.
Oltre a questa rilevanza dei ROS nella quantità globale di apporto alimentare, sono oggetto di studi molto approfonditi le specifiche attività pro- o anti-ROS dei vari componenti della dieta, sia naturali sia aggiunti (additivi e integratori alimentari). Molte vitamine (soprattutto A, C ed E) neutralizzano direttamente i ROS, mentre alcuni ioni minerali (rame e ferro in particolare) sono coenzimi essenziali di enzimi che neutralizzano i ROS, come la superossidodismutasi e la catalasi. Oltre che di questi nutrienti indispensabili, i vegetali sono ricchi di sostanze che, pur non essendo necessarie al nostro metabolismo, hanno ugualmente un'azione positiva sulla prevenzione delle malattie collegate ai radicali liberi, proprio per la loro elevata capacità antiossidante: si tratta dei polifenoli, composti che conferiscono ai vegetali colori molto intensi e sono molto abbondanti soprattutto in bevande come il tè e il vino rosso.
La necessità di preservare le proprietà antiossidanti degli alimenti, nelle condizioni di distribuzione dilatata nel tempo e nello spazio tipiche delle società moderne, ha fatto diffondere l'uso di additivi chimici ad azione antiradicalica. È inoltre sempre più diffusa l'abitudine di surrogare la capacità antiossidante di un'alimentazione naturale varia e bilanciata con l'assunzione di vitamine e minerali in pillole o in estratti concentrati. Si deve però tener presente che un antiossidante è tale in quanto dotato di capacità riducenti, e quindi la sua assunzione al di fuori delle sinergie e delle compensazioni presenti in un alimento o in una dieta può portare a interferenze con le azioni fisiologiche dei radicali liberi, o a effetti pro-ossidanti solo apparentemente paradossali, perché un riducente in concentrazioni eccessive tende ad auto-ossidarsi in presenza di ossigeno, innescando a sua volta la produzione di ROS.
L'esercizio fisico è collegato all'alimentazione, in quanto consuma nel muscolo l'ATP derivato dalle calorie alimentari. In questo senso ha un'azione protettiva analoga alla restrizione calorica. Sforzi eccessivi portano però a una maggiore produzione di ROS, sia a causa dell'aumento del consumo di ossigeno, sia per i ripetuti cicli di ipossia/riossigenazione che si hanno soprattutto negli sport anaerobi e che riproducono una situazione, a livello di tutto l'organismo, paragonabile a quella che si crea localmente nell'infarto cardiaco. Queste complicazioni sono prevenute dall'allenamento che ha, fra i suoi molti effetti, quello di indurre l'espressione dei geni degli enzimi antiossidanti. Un particolare tipo di esercizio fisico è quello che si effettua in alta montagna, come sulla vetta del monte Everest dove la pressione parziale di ossigeno diminuisce fino ad arrivare a un terzo di quella presente a bassa quota. È stato dimostrato che, in condizioni estreme, il consumo di ossigeno produce per il 50% radicali liberi (contro il 25% fisiologico), a causa della drastica riduzione e inefficienza del metabolismo dei mitocondri e dell'alternanza di fasi ipossiche durante lo sforzo e di riossigenazione durante il riposo. Gli adattamenti molecolari delle popolazioni acclimatate all'altitudine comprendono una maggiore espressione genica degli enzimi antiossidanti, e questo si riscontra anche negli individui che vivono a quote inferiori ma che si sono sottoposti a un congruo periodo di allenamento in altura.
bibliografia
Dröge 2002: Dröge, Wulf, Free radicals in the physiological control of cell functions, "Physiological reviews", 82, 2002, pp. 47-95.
Filomeni 2002: Filomeni, Giuseppe - Rotilio, Giuseppe - Ciriolo, Maria Rosa, Cell signalling and the glutathione redox system, "Biochemical pharmacology", 64, 2002, pp. 1057-1064.
Filomeni 2005: Filomeni, Giuseppe - Rotilio, Giuseppe - Ciriolo, Maria Rosa, Disulfide relays and phosphorylative cascades: partners in redox-mediated signaling pathways, "Cell death and differentiation", 12, 2005, pp. 1555-1563.