RADICALI LIBERI
(App. II, II, p. 646)
R.l. viene definito, in chimica, un atomo o una molecola contenente uno o più elettroni spaiati. Tale proprietà rende i r.l. estremamente reattivi. Essi sono intermedi in molte reazioni chimiche.
Dal punto di vista storico due esperimenti hanno una particolare rilevanza nella chimica dei radicali. Il primo è dovuto a M. Gomberg (1866-1947), chimico russo naturalizzato americano, che nel 1900 tentò di preparare l'esafeniletano facendo reagire il trifenilclorometano con argento metallico in benzene. In assenza di ossigeno ottenne il radicale trifenilmetilico, in equilibrio, nella soluzione benzenica, con un prodotto di dimerizzazione che egli ritenne essere l'esafeniletano e che solo recentemente è stato dimostrato essere invece un derivato del cicloesadiene:
Il secondo esperimento fu realizzato nel 1929, a Berlino, dal chimico austriaco F.A. Paneth (1887-1958) in collaborazione con W. Hofeditz: decomponendo termicamente il piombo tetrametile (Pb(CH3)4) e convogliando, mediante un gas inerte, i prodotti di decomposizione su un film di Pb metallico, osservarono la scomparsa del film di piombo metallico (Pb) e la formazione del Pb(CH3)4. Sulla base di questi fatti dedussero non solo la formazione di radicali metilici, ma anche il fatto che essi hanno tempi di vita tali da poterli trasportare dal punto di decomposizione al film di Pb:
Pb(CH3)4→Pb+4 CH3·
4 CH3·+Pb→Pb(CH3)4
Caratteristica della maggior parte dei r.l. è quella di avere tempi di vita estremamente brevi, anche se proprietà strutturali, che li rendano stericamente impediti, o la presenza di sistemi aromatici, che permettano la delocalizzazione dell'elettrone spaiato (stabilizzando quindi il radicale) fanno in modo che essi siano meno reattivi e abbiano, pertanto, tempi di vita più lunghi. I r.l. che devono all'ingombro sterico la loro scarsa reattività vengono definiti ''persistenti''. Particolare interesse ha suscitato negli ultimi anni il monossido d'azoto (NO), una molecola diatomica contenente un elettrone spaiato. Tale composto risulta essere presente in numerosi organismi e assolvere funzioni di vario tipo in diversi processi biochimici, quali la neurotrasmissione, la coagulazione del sangue, il controllo della pressione sanguigna e, ancora, di esercitare un ruolo nel sistema immunitario nel processo di difesa dalle cellule tumorali.
Formazione dei radicali. - I radicali vengono prodotti per rottura omolitica di un legame covalente, in cui cioè ogni frammento ritiene uno dei due elettroni di legame. La rottura omolitica di un legame covalente che porta alla formazione di radicali può essere ottenuta termicamente. A temperatura sufficientemente alta, infatti, la maggior parte dei legami chimici si rompe formando radicali; ma solo alcuni tipi di legami si rompono omoliticamente al di sotto dei 200°C; i più comuni sono il legame perossidico e il legame N=N. Alcune sostanze che subiscono facilmente l'omolisi termica − per es. dibenzoilperossido, ter-butilperossido, azoisobutirronitrile (AIBN) − sono, pertanto, utilizzate come iniziatori di processi radicalici.
Radicali possono essere ottenuti anche facendo uso di una radiazione elettromagnetica di opportuna frequenza (fotolisi). L'energia associata ai quanti di luce nella regione del visibile (40÷70 kcal/mole) è sufficiente solo per omolizzare i legami più deboli, mentre quella associata alla radiazione ultravioletta (UV) fino a 200 nm (140 kcal/mole) è sufficiente per rompere la maggior parte dei legami.
A ciò è dovuto il deterioramento, nel corso del tempo, dei cibi, dei prodotti di gomma, ecc., che devono pertanto essere protetti dalla luce. Tale processo è invece utilizzato nel processo d'indurimento all'aria delle vernici. Si ha infatti la formazione di ponti trasversali (cross-linking) di ossigeno tra le posizioni alliliche delle catene idrocarburiche insature delle sostanze indurenti (per es. olio di lino). Le proprietà mutageniche dei raggi UV sono legate proprio alla capacità di produrre radicali. Le radiazioni UV sono assorbite principalmente dalle basi pirimidiniche, timina e citosina (v. ciclici e policiclici, composti, in questa Appendice), presenti nel DNA: se nei due nucleotidi adiacenti sono presenti due unità pirimidiniche si rende possibile la formazione di un legame covalente tra di esse, in seguito alla formazione di radicali generati dalla radiazione UV. Si ha quindi come risultato la formazione di un dimero pirimidinico che, se non riparato, può bloccare la replicazione del DNA e risultare conseguentemente letale. I radicali possono essere inoltre prodotti nell'ambito di processi redox.
Ioni radicali. - Ioni radicali vengono prodotti per bombardamento con un fascio elettronico: l'estrazione da una molecola, o l'addizione a essa, di un eletrone porta alla formazione rispettivamente di cationi e anioni radicali. Tali processi, in particolare il primo, vengono utilizzati nella spettrometria di massa a impatto elettronico.
Anioni radicali vengono comunemente prodotti nel corso della riduzione con metalli disciolti di idrocarburi aromatici e poliolefinici. La protonazione dell'anione radicale, la successiva addizione di un altro elettrone e di un altro protone porta alla riduzione, detta di Birch, del sistema aromatico:
Lo stesso tipo di processo viene utilizzato per la riduzione di composti carbonilici α, β−insaturi.
Ioni radicali si formano anche in sistemi biologici, quando una radiazione ad alta energia (raggi γ o x) colpisce le cellule. Tali radiazioni provocano, infatti, l'estrazione di un elettrone dai livelli esterni delle molecole presenti portando alla formazione di specie cariche positivamente (da qui radiazioni ionizzanti) contenenti un elettrone spaiato. La grande quantità di r.l., per la maggior parte dovuti alla ionizzazione di molecole d'acqua, che viene così a formarsi, ha poi un'azione devastante sul DNA.
Trasformazioni dei radicali. - I radicali, una volta formatisi, possono subire vari processi (sostituzione, addizione, trasposizione, eliminazione e frammentazione). Tali processi producono un nuovo radicale che porta alla formazione di un altro radicale che a sua volta ne produce un altro. Il processo ha fine quando due radicali s'incontrano e si ricombinano o si disproporzionano. La sequenza formazione del radicale, propagazione della reazione con formazione successiva di altre specie radicaliche e, infine, formazione di una specie stabile (terminazione) è definita ''reazione a catena''.
Non tutti i processi radicalici sono a catena. Le reazioni radicaliche a catena possono essere classificate in due tipi: di polimerizzazione e di non-polimerizzazione. Nelle reazioni di polimerizzazione, per es. in quella vinilica (fig. 1) − un processo utilizzato per la preparazione di polimeri ben noti quali il PVC, il plexiglass, ecc. −, un radicale si addiziona inizialmente a un substrato olefinico e dà un nuovo radicale, che a sua volta si addiziona a un'altra molecola di alchene. Nel caso di olefine asimmetriche l'addizione avviene in modo da dare il radicale più stabile. La stabilità dei radicali decresce nell'ordine 3°>2°>1°>CH3.
Un esempio di non-polimerizzazione è la bromurazione dell'isobutano (fig. 2). Il propagarsi della reazione a catena è in questo caso dovuto all'estrazione di un atomo d'idrogeno o di un atomo di bromo da parte del radicale. Tale processo è definito come ''trasferimento a catena''. Il bromuro d'isobutile, l'altro possibile prodotto della reazione, si forma solo in tracce. La regioselettività della reazione è dovuta alla differente energia di attivazione necessaria per l'estrazione di un atomo d'idrogeno che decresce nell'ordine 1°>2°>3°. Minore selettività si riscontra invece nelle alogenazioni con Cl2 e con F2 a causa della loro maggiore reattività.
Una caratteristica dei radicali, che li distingue dai processi eterolitici, è la bassa energia di attivazione del processo di terminazione; infatti mentre è molto facile preparare soluzioni stabili e concentrate di ioni, i radicali possono esistere in soluzione solo a bassissima concentrazione e solo se generati di continuo. Sostanze che riducono o sopprimono i processi radicalici vengono chiamate inibitori. Tra queste va ricordato l'ossigeno. L'inibizione è dovuta alla formazione di radicali meno reattivi. Il tempo durante cui l'inibizione si protrae e dopo il quale il processo radicalico inizia nuovamente viene chiamato ''periodo d'inibizione''.
Metodi per rivelare i radicali. - I r.l., come altre specie caratterizzate dalla presenza di elettroni spaiati, sono paramagnetici, sono attratti cioè da un campo magnetico. Tale proprietà è usata per lo studio dei radicali mediante misure di suscettività magnetica che richiedono però concentrazioni relativamente alte. La presenza di un elettrone spaiato dà luogo inoltre a particolari proprietà spettroscopiche che possono essere studiate mediante la Risonanza Paramagnetica Elettronica (EPR) nota anche come Risonanza di Spin Elettronico (ESR). Questa tecnica è in grado di rilevare le transizioni tra i livelli energetici associati alle due possibili orientazioni, in un campo magnetico, dello spin elettronico. La differenza di energia tra i livelli è molto piccola e per l'eccitazione dell'elettrone vengono utilizzate le microonde. Un segnale EPR è prova della presenza di radicali. La posizione del segnale e la sua molteplicità sono caratteristiche rispettivamente della struttura del radicale e del suo intorno molecolare. Per studi diretti si ha spesso a che fare con concentrazioni molto basse di specie radicaliche, tanto che l'assenza di un segnale EPR non prova l'assenza di un radicale. Per ovviare a situazioni di questo tipo si aggiunge alla reazione una sostanza diamagnetica che possa reagire rapidamente con il radicale per formare un radicale con un tempo di vita più lungo. Tale tecnica è nota con il nome di spin trapping. Un'altra tecnica usata per lo studio dei processi radicalici è quella nota con il nome di CIDNP (Chemical Induced Dinamic Nuclear Polarization): essa è basata sul fatto che, in certi tipi di reazioni radicaliche, si può osservare una forte perturbazione dei segnali NMR (Nuclear Magnetic Resonance) del prodotto allo studio. Tale perturbazione è dovuta alla presenza dell'elettrone spaiato che altera la normale popolazione di stati di spin nucleare. La CIDNP è meno generale della spettroscopia EPR perché non tutti i r.l. danno luogo al fenomeno.
Bibl.: M. Gomberg, in J. Am. Chem. Soc., 22 (1900), p. 757; Id., in Berichte der deutschen chemischen Gesellschaft, 33 (1900), p. 3150; F. Paneth, W. Hofeditz, ibid., 62B. (1929), pp. 1335-47; E.S. Huysen, in Free radicals, in Organic reactive intermediates, a cura di S.P. McManus, New York 1973, pp. 1-59; N.S. Isaacs, Reactive intermediates in organic chemistry, Londra 1974, pp. 294-374; P.H. Raven, G.B. Johnson, Biology, St. Louis 1986, pp. 324-25; T.H. Lowry, K.S. Richardson, Mechanism and theory in organic chemistry, New York 1987, pp. 737-811, App. 1, pp. 812-26; App. 2, pp. 827-37; F.A. Carey, R.J. Sundberg, Advanced organic chemistry, parte A, ivi 19903, cap. 12; J. March, Advanced organic chemistry, ivi 1992, pp. 186-95; P.L. Feldman, O.W. Griffith, D.J. Stuehr, The surprising life of nitric oxide, in Chem. & Eng. News, 71/51 (1993), pp. 26-38; J.E. Leffler, An introduction to free radicals, New York 1993.
Patologia da radicali liberi. - Mentre da diversi decenni è ben definito il ruolo chimico dei r.l., il significato biologico di questi si è venuto chiarendo solamente in quest'ultimo ventennio. Numerosi sono ormai i processi normali e patologici in cui è dimostrato aversi formazione di specie reattive radicaliche. Con riferimento al metabolismo fisiologico basti ricordare come l'azione catalitica di una grande quantità di enzimi cellulari implichi il trasferimento di singoli elettroni con la conseguente produzione di intermedi radicalici. Allo stesso risultato porta l'attività delle catene respiratorie di trasporto elettronico. Data l'ubiquità dell'ossigeno negli organismi aerobi e la sua elevata disponibilità ad accettare singoli elettroni, ne deriva che r.l. centrati sull'ossigeno sono molto frequentemente i protagonisti di reazioni radicaliche cellulari in fisiopatologia. Diverse sono le sorgenti intracellulari di r.l.: plasmamembrane, reticolo endoplasmatico, mitocondri, perossisomi e frazione citoplasmatica solubile.
Una prima importante sorgente di specie radicaliche è rappresentata dal metabolismo dell'acido arachidonico che avviene principalmente a livello della membrana plasmatica di cellule di vario tipo a opera della lipossigenasi e del complesso enzimatico definito prostaglandin-sintetasi. Attraverso l'azione di tali enzimi si generano radicali dell'ossigeno e radicali organici centrati su atomi di carbonio e di ossigeno. Vari eicosanoidi hanno struttura di idroperossido: è opportuno ricordare come anche la demolizione spontanea o metallo-indotta di questi composti di per sé non radicalici porta alla formazione di molecole radicaliche. Oltre a tutto ciò, è stato dimostrato che l'enzima ciclossigenasi è in grado di metabolizzare vari xenobiotici con la formazione di loro derivati intermedi radicalici, tra cui il radicale del paracetamolo, che si ritiene svolga una parte importante nella tossicità dell'analgesico.
A livello del reticolo endoplasmatico liscio risultano importanti siti di produzione di specie reattive dell'ossigeno sia i citocromi b5 e P450, sia le rispettive reduttasi contenenti gruppi flavinici. Tali molecole, infatti, una volta ridotte vanno facilmente incontro a reazioni di autossidazione determinando così la formazione di anione superossido (O−.2) e di acqua ossigenata (H2O2). Inoltre, sempre a livello del reticolo endoplasmatico avviene la trasformazione metabolica di tutta una varietà di xenobiotici. Con lo scopo generico di rendere più idrosolubili e quindi più eliminabili tali composti, si può in effetti avere per donazione di un singolo elettrone l'''attivazione radicalica'' di sostanze di per sé non in grado di esercitare effetto tossico. Esempi di questo tipo sono l'attivazione microsomiale di numerosi alogenoalcani (quali il tetracloruro di carbonio, il triclorobromometano, l'1,2-dibromoetano) e ancora del paracetamolo e di alcuni chemioterapici quali l'isoniazide e l'adriamicina.
Numerosi idrocarburi aromatici policiclici, di cui si è dimostrato o sospettato che posseggano attività cancerogena, vengono a essere trasformati nel corso del loro metabolismo cellulare in intermedi radicalici dal sistema farmaco-metabolico microsomiale, la cui attività è dipendente dagli isoenzimi del citocromo P450. Quindi anche il metabolismo di sostanze chimiche cancerogene, per es. presenti come contaminanti nell'atmosfera e negli alimenti, può contribuire a un incremento della produzione cellulare media di r. liberi.
Un'altra importante fonte cellulare di specie reattive radicaliche è localizzata nei mitocondri a livello della membrana interna. Ubichinone e NADH-deidrogenasi sono tra i componenti più facilmente autossidabili della catena di trasporto elettronico. In condizioni di bassa tensione di ossigeno e conseguentemente di elevato stato ridotto dei componenti della catena respiratoria, è dimostrabile il verificarsi di un'aumentata produzione di intermedi ridotti dell'ossigeno (O−.2, H2O2 e radicale idrossile OH.).
Non solo la diminuzione ma anche l'incremento della tensione di ossigeno intracellulare può rappresentare una condizione che favorisce l'aumento della produzione radicalica. In effetti, numerose sono le ossidasi nella cellula; esse forniscono H2O2 direttamente (ossidasi dei perossisomi) oppure tramite la produzione di O−.2. Un esempio importante di quest'ultima classe di enzimi è fornito dalla xantinossidasi verosimilmente coinvolta nella generazione di r.l. che accompagna la riperfusione di un tessuto precedentemente sottoposto a ipossia di grado e durata vari. Condizioni d'ischemia-riperfusione si verificano nello shock circolatorio, nell'infarto miocardico o in corso di sostituzioni valvolari, by-pass vascolari, trapianti di organo. Sono, inoltre, in grado di modulare la generazione intracellulare di r.l. tutte quelle condizioni tossiche che conducono alla riduzione delle difese antiossidanti tessutali. È dimostrato, per es., che in corso d'intossicazione etilica cronica diminuiscono i livelli epatici di vitamina E e di glutatione. Numerosi farmaci stimolano il versante metabolico delle ossidazioni con conseguente eccessivo ''impegno'' delle barriere antiossidanti: tra questi, diversi antipiretici e chemioterapici.
Infine, con riferimento alla produzione intracellulare di specie radicaliche, è da tenere presente la possibilità che la ''senescenza'' dei tessuti, sia fisiologica che patologicamente accelerata, interferisca in vario modo con il mantenimento di un equilibrio tra produzione e smaltimento di r. liberi. Diverse sono le segnalazioni di una riduzione delle capacità antiossidanti di cellule in corso d'invecchiamento così come delle capacità di metabolizzazione di r.l., più recentemente, di prodotti della lipoperossidazione. Anche il versante della sintesi di radicali può essere alterato nei mitocondri con l'invecchiamento specialmente a livello della citocromossidasi, l'enzima che, catalizzando in condizioni normali, in una singola reazione, il trasferimento di quattro elettroni all'ossigeno con la produzione di H2O, evita la formazione degli intermedi ridotti dell'ossigeno. In altre parole, in seguito a un calo funzionale età-dipendente di tale enzima si avrebbe un maggiore contributo del mitocondrio alla formazione intracellulare di radicali. Anche negli spazi extracellulari si può comunque avere un'aumentata produzione di specie reattive radicaliche soprattutto negli stati infiammatori acuti conseguenti a infezioni o a ustioni e in quelli cronici sostenuti da disordini immunitari tramite l'attivazione del complemento che, a livello del mesangio renale, delle sinovie o di altri distretti, recluta e attiva localmente neutrofili e macrofagi; queste cellule, grazie a una NADPH-ossidasi di membrana, producono un'elevata quantità di O.2 e conseguente formazione di H2O2 che vengono riversati all'esterno delle cellule nel corso del processo di fagocitosi.
Una volta generati, i r.l. instabili tendono a reagire più o meno rapidamente con una varietà di bersagli subcellulari. In particolare sono oggetto di danno radicalico i lipidi a livello degli acidi grassi polinsaturi, le proteine contenenti triptofano, fenilalanina, tirosina, metionina, cisteina, gli acidi nucleici a livello delle basi e dei legami riboso-PO4, i carboidrati complessati a lipidi e proteine.
Senza dubbio il tipo di lesione da r.l. ossidanti sinora più studiato è quello a carico dei lipidi polinsaturi delle membrane biologiche, fenomeno conosciuto come ''perossidazione lipidica'' o ''irrancidimento dei grassi''. Grazie ad approfonditi studi sulla cinetica di tale processo, è stato possibile identificare diversi composti intermedi o terminali e caratterizzarne l'attività. Dei radicali alcossilici (LO2) e soprattutto lipoperossilici (LOO2) è ora conosciuta la reattività con numerose molecole aventi funzione di bersaglio oppure di difesa antiradicalica. Si conosce, infatti, l'effettiva reattività che i principali antiossidanti presentano nei confronti dei lipoperossidi, in altre parole la loro capacità d'inattivarli. Sempre riguardo alla demolizione perossidativa degli acidi grassi polinsaturi di membrana, è stata identificata e caratterizzata biochimicamente un'ampia varietà di aldeidi a corta e media catena. Sono in particolare le aldeidi appartenenti alla classe delle idrossialchenali a esprimere la più elevata attività biologica, e, in generale, a modulare numerose funzioni cellulari tramite un'azione d'inibizione ad alte dosi e di stimolazione invece a concentrazioni molto basse.
Più recentemente ci si è resi conto che per lesione ossidativa non si deve intendere soltanto la demolizione delle molecole lipidiche. Le proteine, per es., rappresentano circa il 60% delle molecole di membrana. Non è possibile immaginare un danno radicalico di membrana senza considerare tra le conseguenze un'alterazione delle proteine pari almeno a quella dei lipidi di membrana. E, infatti, in seguito all'azione di agenti ossidanti vari su membrane biologiche, è evidenziabile la formazione di idroperossidi proteici, di proteine con funzioni carboniliche oppure ancora di proteine a cui sono legate molecole aldeidiche reattive. Di diverso tipo sono poi le possibili lesioni del materiale nucleare a opera di r.l. o di loro prodotti di reazione come le aldeidi idrossialchenali. Particolare interesse, anche dal punto di vista del monitoraggio, riveste l'accumulo di derivati ossidati delle basi del DNA, prima di tutti la 8-idrossiguanosina.
Dall'azione sommatoria o addirittura sinergica dei vari tipi di danno radicalico, risulta nella maggior parte dei casi un'amplificazione del danno ossidativo stesso. In condizioni fisiologiche, nonostante una continua seppur moderata produzione di specie radicaliche molto reattive ed essenzialmente ossidanti, non s'instaura lesione da r.l. in quanto gli organismi aerobi esprimono abbastanza proporzionalmente alla scala evolutiva un versatile e ben distribuito sistema di difesa con attività antiradicalica e antiossidante: azione antiradicalica, quando in grado di prevenire la formazione oppure di catturare e perciò rimuovere molecole radicaliche; azione antiossidante quando capace di limitare o inibire reazioni ossidative già in corso.
Hanno funzione antiradicalica: l'enzima superossido dismutasi, praticamente presente nei mitocondri e nel citosol di tutti i tessuti, che impedisce l'accumulo di radicale superossido; l'enzima catalasi, che impedisce la formazione di radicale idrossile evitando l'accumulo di acqua ossigenata; l'enzima glutatione transferasi che lega vari composti tossici impedendone l'attivazione a r.l.; sostanze che chelano i metalli di transizione riducendo così la demolizione di perossidi e l'entità dei processi di ossidoriduzione. Hanno funzione antiossidante: le glutatione perossidasi selenio dipendente e indipendente, che intervengono nella detossificazione degli idroperossidi organici; le vitamine C, E, in grado di cedere facilmente un elettrone a radicali ossidanti; il beta-carotene, precursore della vitamina A, particolarmente efficace nel deattivare l'ossigeno nello stato eccitato di singoletto (1O2); sostanze di origine vegetale quali i flavonoidi, anch'essi in grado di neutralizzare radicali ossidanti.
In definitiva, perché s'instauri in un tessuto, in uno o più organi, una condizione caratterizzata da un eccesso di reazioni radicaliche, definita genericamente con il termine stress ossidativo, deve avvenire uno sbilanciamento del rapporto tra fattori ossidanti endogeni ed esogeni da un lato e fattori antiossidanti dall'altro. In pratica, una patologia radicalica può essere sostenuta da un'effettiva aumentata produzione di r.l., o da una diminuzione delle difese antiradicaliche, o ancora, con maggior frequenza, da entrambi gli eventi. Dopo anni di approfondite indagini su cellule isolate o su animali, stanno ora rapidamente aumentando le evidenze di reazioni radicaliche in patologia umana. La dimostrazione di un'eccessiva concentrazione di r.l. non prova necessariamente un loro coinvolgimento causale in una determinata lesione. Occorrono altre evidenze come la precedenza cronologica dello stress ossidativo rispetto alla patologia e soprattutto la reversibilità della lesione in seguito all'impiego di antiossidanti.
Allo stato attuale delle conoscenze, le patologie in cui le reazioni mediate da r.l. appaiono essere uno dei sicuri meccanismi di lesione sono: la formazione della placca aterosclerotica, il danno da etanolo e altri tossici, la lesione da radiazioni, e infine il danno tessutale da ischemia-riperfusione. Numerosi protocolli d'intervento farmacologico con antiossidanti sono in corso o in via di attivazione, per cui è possibile prevedere che a breve termine l'effettivo ruolo patogenetico di reazioni radicaliche nelle patologie umane descritte e in eventuali altre ancora verrà definitivamente chiarito.
Bibl.: G. Poli, Liver damage due to free radicals, in Brit. Med. Bull., 49, 3 (1993), pp. 604-20; Free radicals: from basic science to medicine, a cura di G. Poli, E. Albano, M.U. Dianzani, Basilea 1993, pp. 1-528; V. Quaresima, M. Ferrari, s.v. Radicali liberi, Patologia da, in Enciclopedia Medica, Aggiornamento, Firenze 1993, coll. 6256-72.