RADICATI, Alberto, conte di Passerano e Cocconato
Nacque a Torino nel 1698. Nel 1707 entrò nella vita di corte a Torino. Ancora giovanissimo abbandonò la fede cattolica per il credo calvinista: fatto fondamentale, che segnò la caratteristica di tutta la vita e del pensiero del R. Mortagli la prima moglie dopo tre anni di matrimonio, si recò in Francia, ove sposò (1721) Angelica Teresa de Manin de la Villardière. Poco dopo ritornò in Italia, sempre perseguitato da accuse di eresia e di malvagità familiare. Ma ebbe la fiducia di Vittorio Amedeo II, che si consigliava con lui nelle questioni di politica ecclesiastica, ed è innegabile l'influenza esercitata dal R. sulla legislazione piemontese preconcordataria. Sennonché, migliorati i rapporti tra le corti di Torino e di Roma, il R. si sentì isolato e scelse la via dell'esilio. Rifugiatosi a Londra (1726), proseguì in quegli studî e in quei lavori che avevano caratterizzato la sua attività in Piemonte. Ma in lui urtavano il desiderio di ritornare in patria per indurre il sovrano ad accogliere i suoi radicali progetti di riforma ecclesiastica, e il timore di essere perseguitato e colpito come eretico. Tale condotta del R. fece fallire le trattative per un suo rimpatrio, e una lettera di Vittorio Amedeo II (20 ottobre 1728) lo bandiva definitivamente dagli stati sabaudi. Vana riuscì una nuova supplica del R. nel 1730, e analogo risultato ebbe l'ingenuo tentativo da lui compiuto di cattivarsi la benevolenza di Carlo Emanuele III pubblicando una History of the abdication of Victor Amédée II (Londra 1732). Nel dicembre del 1732 per la pubblicazione dell'opera A philosophical dissertation upon Death, il R. fu tratto in arresto a Londra, e rilasciato poi in seguito a cauzione. L'anno seguente il R. si trasferì in Olanda dove pubblicò un Recueil de pièces curieuses sur les matières les plus interessantes (Rotterdam 1736) contenente, tra l'altro, i Douze discours moraux, historiques et politiques, già apparsi, nella versione inglese del deista Thomas Morgan, a Londra nel 1734 e forse anche nel 1733. Il R. morì a L'Aia il 24 ottobre 1737, in estrema miseria, sotto il nome di Albert Barin.
Insofferente d'ogni costrizione nella vita pratica e spirituale, autodidatta, provveduto d'una cultura vasta ma disordinata, il R. appare soprattutto come un ribelle alla tradizione e allo spirito del suo tempo. Ai privilegi di casta egli, nobile, contrappone i diritti umani, alla dottrina della Chiesa cattolica l'insegnamento di Cristo, agli abusi del clero l'originaria uguaglianza e povertà dei primi fedeli. Tutta l'opera del R. si risolve in una battaglia contro la tradizione, in nome dell'uomo concepito come essere razionale, come forza prima e autonoma della vita sociale, creato libero, scaduto in conseguenza del peccato, ma da Cristo restituito alla primitiva libertà naturale. Un governo è necessario e la forma migliore è la democratica (intesa come uguaglianza assoluta, abolizione della famiglia, comunione dei beni), perché rispondente alle esigenze morali e naturali dell'uomo. Se poi il governo è monarchico, il sovrano deve impedire che esista anche un solo suddito il quale goda di privilegi non comuni alla totalità. Di qui l'estrema conseguenza cui giunge il pensiero giurisdizionalista del R., che poi nella prassi si concreta in una lotta a fondo contro le immunità ecclesiastiche e in un complesso di riforme proposte a Vittorio Amedeo II (cfr. Recueil, ecc., Discours XII) che vanno dalla confisca dei beni alla limitazione del numero dei religiosi, dall'abolizione dell'Inquisizione e del diritto d'asilo al divieto d'educare la gioventù. Sul pensiero religioso del R. esercitarono un'influenza notevole il Bayle e la corrente dell'indipendentismo inglese. Fedele al principio del libero esame, il R. fu alieno da ogni insegnamento dogmatico e da ogni sistemazione teologica. Vivo è in lui il concetto di tolleranza, inteso come norma morale voluta dalla ragione, in cui si attua la libertà di coscienza, diritto insopprimibile ed esigenza immanente nell'uomo.
Bibl.: P. Gobetti, Risorgimento senza eroi, Torino 1926 (Il G. mostra nel R. un precursore del movimento riformatore italiano del sec. XVIII); A. Alberti, A. R. di Passerano, Torino 1931.